Corte Di Cassazione Penale Sez. I, 14 Ottobre 2015, N. 41312 (C.C. 18 Giugno 2015)

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giur
1/2016 Arch. nuova proc. pen.
LEGITTIMITÀ
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. I, 14 OTTOBRE 2015, N. 41312
(C.C. 18 GIUGNO 2015)
PRES. CORTESE – EST. BONI – P.M. CEDRANGOLO (CONF.) – RIC. GENCO
Esecuzione in materia penale y Disciplina del
concorso formale e del reato continuato y Sentenze
di applicazione della pena su richiesta delle parti y
Nei confronti della stessa persona y Ridetermina-
zione della pena y In misura differente dal computo
stabilito tra le parti y Facoltà del giudice y Esclu-
sione y Valutazione della sussistenza o meno del di-
segno criminoso y Potere del giudice y Sussistenza.
. In tema di applicazione, in sede esecutiva, ai sensi
dell’art. 188 disp. att. c.p.p., della disciplina del con-
corso formale o della continuazione relativamente ai
fatti per i quali siano intervenute più sentenze di ap-
plicazione della pena su richiesta nei confronti della
stessa persona, mentre deve escludersi la possibilità,
per il giudice dell’esecuzione, di rideterminare la pena
in misura diversa da quella risultante dall’accordo rag-
giunto fra le parti, deve invece ritenersi che spetti al
medesimo giudice il potere di valutare la sussistenza o
meno dell’identità del disegno criminoso e di respinge-
re, quindi, la richiesta ove venga riscontrata la carenza
di tale condizione. (Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 188) (1)
(1) Nello stesso senso, sulla prima parte della massima, si vedano
Cass. pen., sez. I, 30 aprile 2014, n. 18233, in Ius&Lex dvd n. 1/2016,
ed. La Tribuna; Cass. pen., sez. I, 29 aprile 2013, n. 18794, ibidem
e Cass. pen., sez. I, 4 aprile 2005, n. 12461, in questa Rivista 2006,
213. In senso difforme si veda Cass. pen., sez. V, 16 luglio 2012, n.
28532, in Ius&Lex dvd n. 1/2016, ed. La Tribuna, in quanto riconosce,
per l’ipotesi considerata, il potere del giudice di determinare la pena
complessiva, una volta ravvisata l’identità del disegno criminoso fra i
vari addebiti, a prescindere dal computo indicato dalla parte e anche
qualora non vi sia il consenso del P.M., ravvisando quale unico limite,
il dovere di non superare il limite massimo di cinque anni di pena de-
tentiva, ai sensi dell’art. 444, comma primo, c.p.p., come modif‌icato
dalla legge n. 134 del 2003 e 188 disp. att. c.p.p., a sua volta novellato
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ordinanza in data 11 marzo 2014 il Tribunale di
Marsala, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, ri-
gettava l’istanza avanzata dal condannato Giuseppe Genco
e volta ad ottenere l’applicazione in sede esecutiva della
disciplina della continuazione tra i reati giudicati con
le sentenze indicate nella richiesta. A fondamento della
decisione rilevava che la distanza temporale e la diversa
tipologia dei fatti illeciti impedivano di ravvisare l’unicità
del disegno criminoso.
2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’in-
teressato a mezzo del difensore, il quale ne ha chiesto l’an-
nullamento per inosservanza o erronea applicazione della
legge penale in riferimento al disposto dell’art. 188 disp. att.
c.p.p.. Il Tribunale ha esaminato e deciso la richiesta alla
stregua dei criteri indicati dall’art. 671 c.p.p. senza tener
conto che le parti avevano concordato la domanda secon-
do lo schema procedurale di cui all’art. 188 disp. att. c.p.p.;
pertanto, non avrebbe potuto determinare in via autonoma
la pena, ma valutare l’accordo tra le parti oppure, in caso di
ritenuta incongruità della pena, respingere l’istanza.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale
presso la Corte di Cassazione, dr. Oscar Cedrangolo, ha
concordato con il ricorrente e chiesto l’annullamento
dell’ordinanza impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e merita dunque accoglimento.
1. La norma di cui all’art. 188 disp. att. c.p.p. introduce
un’autonoma disciplina dell’istituto della continuazione
quando ne sia chiesta l’applicazione in sede esecutiva in
riferimento a reati giudicati con più sentenze di applica-
zione della pena a richiesta delle parti; prevede quindi che
il condannato ed il pubblico ministero possano chiedere al
giudice dell’esecuzione l’unif‌icazione dei reati per effetto
della disciplina del concorso formale o del reato continua-
to, quando abbiano raggiunto un accordo sull’entità della
sanzione sostitutiva o della pena, da rideterminare comun-
que in misura non superiore a complessivi cinque anni di
pena detentiva - limite previsto dalla legge per i casi di pat-
teggiamento e deducibile dall’art. 444 c.p.p., comma 1, nel
testo modif‌icato dalla L. 12 giugno 2003, n. 134 e dall’art.
188 disp. att. c.p.p., a sua volta novellato dalla L. 2 agosto
2004, n. 205 che ha introdotto l’istituto del patteggiamento
allargato plurimo - ovvero a due anni di reclusione o di ar-
resto, soli o congiunti a pena pecuniaria, secondo quanto
previsto dal comma 1-bis dell’art. 444 c.p.p.. Nel caso di
disaccordo del pubblico ministero il giudice, se lo ritiene
ingiustif‌icato, può accogliere egualmente la richiesta.
1.1 L’ordinamento quindi stabilisce per la fase dell’ese-
cuzione un meccanismo pattizio, analogo a quello discipli-
nato dalla norma di cui all’art. 444 c.p.p. per il giudizio di
cognizione, caratterizzato dalla determinazione negoziale
tra le parti della pena da applicare a titolo di concorso
formale o continuazione, implicante l’adesione della parte
pubblica e per il giudice le facoltà alternative di recepire
l’accordo delle parti, oppure di procedere egualmente alla
unif‌icazione dei reati nei termini indicati dall’interessa-
to a fronte di un dissenso del P.M. ritenuto ingiustif‌icato,
ovvero, se il dissenso venga considerato giustif‌icato, di re-
spingere la richiesta.
Il tema che pone l’impugnazione verte proprio sulle
facoltà riconosciute al giudice dell’esecuzione, cui venga
rivolta istanza ai sensi dell’art. 188 disp. att. citato.
1.1 Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte ha
già da tempo evidenziato come per l’applicazione dell’art.
188 disp. att. c.p.p. non sia suff‌iciente allegare e dimostra-
re la sussistenza del solo presupposto della riconducibilità
dei fatti criminosi ad un disegno criminoso unitario secon-
do la previsione generale dell’art. 671 c.p.p., ma è preteso:
a) che l’applicazione della relativa disciplina sia oggetto
di concorde richiesta dall’interessato e del P.M.; b) che, in
assenza del precedente requisito, il disaccordo del P.M. sia
ritenuto ingiustif‌icato dal giudice dell’esecuzione; c) che
la pena complessiva stabilita non superi i limiti dell’art.

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