Corte di cassazione penale sez. III, 21 maggio 2014, n. 20682 (ud. 6 maggio 2014)

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giur
Rivista penale 7-8/2015
LEGITTIMITÀ
delle due pronunce, ma anche, ed è questo in questa sede
a rilevare, il luogo di commissione dello stesso, nel luogo
del tribunale che ha emesso la prima pronuncia.
La bancarotta prefallimentare è reato istantaneo che si
consuma con la dichiarazione di fallimento: sono dunque
irrilevanti rispetto alla consumazione del reato penale le
vicende successive della procedura fallimentare sul punto
della competenza per territorio.
Al riguardo la Corte così argomenta “né la statuita
competenza civile del Tribunale di Velletri, affermata da
questa Corte in sede civile, determina lo spostamento di
competenza in sede penale, in una sorta di connessione
non prevista dalla legge”.
In sede penale, ricorda la Corte, la competenza per terri-
torio è determinata dal luogo in cui si è avuta la consumazio-
ne del reato, luogo che coinciderà con quello del Tribunale
che per primo ha dichiarato il fallimento della società.
corte dI cassazIone penale
sez. III, 21 MaggIo 2014, n. 20682
(ud. 6 MaggIo 2014)
pres. squassonI – est. MarInI – p.M. fratIcellI (dIff.) – rIc. galIMbertI
Prevenzione infortuni y Destinatari delle norme
y Datore di lavoro y Designazione di persona priva
dei requisiti normativamente previsti, quale re-
sponsabile del servizio di prevenzione.
. La nuova disciplina contenuta negli artt. 55 e 17 D.L.vo
9 aprile 2008, n. 81, pur presentando una formulazione
diversa da quella contenuta negli artt. 4, 8, 8 bis e 89
del D.L.vo 19 settembre 1994, n. 626, precedentemente
vigenti, non ha fatto venire meno la rilevanza penale
della condotta del datore di lavoro che designa, quale
responsabile del servizio di prevenzione, una persona
priva dei requisiti indicati dall’art. 32 del medesimo
D.L.vo n. 81 del 2008. (d.l.vo 19 settembre 1994, n. 626,
art. 8; d.l.vo 9 aprile 2008, n. 81, art. 17; d.l.vo 9 aprile
2008, n. 81, art. 32; d.l.vo 9 aprile 2008, n. 81, art. 55)
svolgIMento del processo
1. Il Sig. G., quale legale rappresentante della “(Omis-
sis) S.r.l.”, è stato tratto a giudizio in ordine alle seguenti
violazioni, accertate in data 8 giugno 2009:
a) Art. 17, comma l, lett. b). per avere designato quale
responsabile del servizio di prevenzione e protezione una
persona priva dei requisiti richiesti dall’art. 32 della me-
desima legge;
b) Art. 45, comma l, per avere omesso di classif‌icare
l’azienda e di avviare alla specif‌ica formazione i lavoratori
designati a compiti di primo soccorso;
c) Art. 71, comma 1, per avere messo a disposizione un
macchinario non conforme al requisiti di sicurezza perchè
privo di griglia di protezione.
2. Con sentenza del 24 giugno 2013 il Tribunale di Mi-
lano ha mandato assolto il sig. G. dall’ipotesi contestata
al capo c) e lo ha condanno per le restanti violazioni alla
pena di 5.000,00 euro di ammenda.
3. Avverso tale decisione il sig. G. propone ricorso in
sintesi lamentando:
a. Errata applicazione di legge ex art. 606, lett. b) c.p.p.
con riferimento all’art. 55 del D.L.vo 9 aprile 2008, n. 81,
fattispecie che punisce la mancata individuazione del re-
sponsabile del servizio e non la individuazione di persona
priva del requisiti previsti dall’art. 32 della medesima leg-
ge. L’art. 4, lett. b), del D.L.vo n. 626 del 1994, che indicava
fra gli obblighi del datore di lavoro la individuazione di un
responsabile “ secondo le regole di cui all’art. 8”, e f‌issava
così una regola soggetta a sanzione ex art. 89 in caso d’inos-
servanza. Tale impostazione, che veniva rafforzata dalla
previsione dell’art. 8 bis, introdotto dal D.L.vo n. 195 del
2003, è stata invece abbandonata dal D.L.vo 9 aprile 2008,
n. 81, espressamente rinunciando a introdurre nell’art. 55
il richiamo all’art. 32, che f‌issa i requisiti del responsabile,
e limitando il rinvio al solo art.17;
b. Vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, lett. e)
c.p.p. con riferimento al capo b) della rubrica per avere il
Tribunale immotivatamente ritenuto non adeguati i corsi
di formazione frequentati dai due lavoratori individuati
come responsabili del primo soccorso.
MotIvI della decIsIone
1. La Corte ritiene necessario muovere dall’esame del
primo motivo di ricorso, che pone una questione interpre-
tativa delle norme che fondano la contestazione e risulta
potenzialmente decisiva.
2. La censura avanzata dal ricorrente con argomentazio-
ni articolate e meritevoli di attenzione risulta infondata.
È ben vero che la disciplina introdotta con il decreto
legislativo n. 81 del 2008 agli artt. 55 e 17 presenta una for-
mulazione diversa rispetto a quella contenuta nel decreto
legislativo n. 686 del 1994 e tale differenza viene invocata
dal ricorrente per escludere che la condotta di cui al capo
a) conservi natura di illecito penale; tuttavia, l’esame si-
stematico della disciplina in vigore impone di giungere a
un risultato diverso.
3. L’esame della fattispecie di reato che ha ad oggetto
la mancata (o, come si dirà, del tutto ineff‌icace) nomina
del responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi può prendere le mosse dalla circostanza che il
testo contenuto nell’art. 8, comma 3, del D.L.vo 626/1994,
prevedendo condizioni soggettive assolutamente generali,
si poneva in contrasto con gli obblighi di specif‌icità del
requisiti della persona incaricata contenuti nel paragrafo
8 dell’art. 7 della Direttiva 12 giugno 1989 n. 89/391/CEE;
tale norma, infatti, invitava gli Stati membri a precisare
le capacità e le attitudini della persona incaricata della
sicurezza e fu seguita dalla decisione con cui la Corte di
Giustizia CE (sentenza 15 novembre 2001, causa C-49/00)
condannò lo Stato italiano per essere inadempiente. Con
il D.L.vo 23 giugno 2003, n.195, venne introdotto nel D.L.vo
n. 626 del 1994 l’art. 8 bis, richiamato dal ricorrente, che
poneva rimedio al def‌icit normativa sanzionato dalla Corte
di Giustizia.

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