Corte di cassazione penale sez. II, 6 marzo 2015, n. 9759 (ud. 10 febbraio 2015)

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giur
5/2015 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
per l’installazione nei loro locali apparecchi per video
giochi. (Fattispecie in tema di illecita concorrenza rea-
lizzata per impedire ai titolari di alcuni servizi pubblici
di rivolgersi a determinati fornitori per l’installazione
di apparecchi videopoker nei propri locali). (Mass.
Redaz.) (c.p., art. 513 bis) (1)
(1) Nello stesso senso della sentenza in epigrafe si vedano Cass.
pen., sez. III, 27 novembre 2008, n. 44169, in questa Rivista 2009,
1025 e Cass. pen., sez. III, 24 marzo 1995, n. 450, in Ius&Lex dvd n.
1/2015, ed. La Tribuna.
svoLgimento deL processo e motivi deLLa decisione
(Omissis)
3.3. Passando all’esame del secondo motivo di ricorso
proposto da De Stefano Francesco (2.3.), dall’esame della
sentenza impugnata emerge che si è ritenuto integrato il
reato di illecita concorrenza con minaccia e violenza di cui
all’art. 513 bis c.p. così come contestato ai capi 23) e 26)
della richiesta di rinvio a giudizio, giudicando le relative
contestazioni perfettamente sovrapponibili, nella condotta
ascritta al ricorrente, quale risultante dagli atti d’indagine
costituiti dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiara-
zioni rese dai collaboratori di giustizia; segnatamente ve-
niva dato atto che il De Stefano “...imponeva, mediante atti
illeciti di concorrenza, grazie all’appoggio degli uomini di
vertice della criminalità organizzata locale (in particolare
Vitucci e Favella), l’istallazione di videogiochi in noleggio
ai titolari degli esercizi pubblici nella zona di inf‌luenza del
clan Moccia”. E la soluzione adottata dai giudici di merito
risulta conforme ai principi di diritto costantemente affer-
mati da questa Corte di legittimità e condivisi dal Collegio,
essendo emerso che i titolari degli esercizi pubblici che
entravano in contatto con il De Stefano erano costretti a
consentire l’installazione degli apparecchi forniti dal De
Stefano, il quale poteva contare sull’appoggio e sulla forza
intimidatrice derivante dalla sua appartenenza all’orga-
nizzazione criminale ed ai suoi contatti con esponenti di
vertice della stessa, restando loro preclusa la possibilità
di ricorrere ad altri fornitori. Le condotte poste in essere
dall’imputato, per come ricostruite dai giudici di merito,
venivano propriamente a colpire l’interesse tutelato dalla
norma incriminatrice, introdotta dall’art. 8 della legge 13
settembre 1982, n. 646, che è costituito dall’ordine eco-
nomico, inteso come buon funzionamento dell’economia,
che, nel caso di specie, è stato violato attraverso l’elimina-
zione della possibilità di concorrenza nella fornitura agli
esercizi commerciali esistenti nella zona di operatività
del clan degli apparecchi videogiochi con la conseguente
creazione di una posizione di predominio del mercato in
favore dell’attuale ricorrente. Ricorrono, quindi, nel caso
di specie, quelle condotte illecite tipicamente concorren-
ziali realizzate con atti di coartazione, attraverso le quali
è stata inibita la normale dinamica imprenditoriale, non
potendosi considerare i fatti accertati a carico del De Ste-
fano come semplici atti intimidatori (sez. III n. 16195 del
6 marzo 2013, Rv. 255398; sez. II n. 29009 del 27 maggio
2014, Rv. 260039).
La doglianza è, pertanto, infondata. (Omissis)
corte di cassazione penaLe
sez. ii, 6 marzo 2015, n. 9759
(ud. 10 febbraio 2015)
pres. gentiLe – est. gaLLo – p.m. stabiLe (diff.) – ric. gargiuoLo
Estorsione y Elemento oggettivo y Minaccia y Ido-
neità y Alla coartazione dell’altrui volontà y Indi-
viduazione y Assunzione dei caratteri dell’ingiusti-
zia y Integrazione del reato di estorsione e non di
quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni y
Fattispecie in tema di tentata estorsione realizzata
dall’agente che, per ottenere il soddisfacimento del
proprio credito nei confronti del debitore fallito, si
era avvalso dell’opera di due pregiudicati.
. Sussiste il reato di estorsione e non quello di esercizio
arbitrario delle proprie ragioni quando, pur in presen-
za di un diritto di cui l’agente sia o ragionevolmente
ritenga di essere titolare nei confronti della persona
offesa, la condotta minacciosa esprima una tale forza
intimidatoria da andare al di là di là di ogni ragionevole
intento di far valere quel diritto, tanto da far assumere
“ex se” alla coartazione dell’altrui volontà i caratteri
dell’ingiustizia. (Nella specie, in applicazione di tale
principio, la Corte ha ritenuto che bene fosse stata af-
fermata la sussistenza del reato di tentata estorsione in
un caso in cui l’agente, per ottenere il soddisfacimento
del proprio credito – peraltro non più azionabile nei
confronti del debitore, essendo stato questi dichiarato
fallito – si era avvalso dell’opera di due pregiudicati, i
quali avevano minacciato la persona offesa di dare alle
f‌iamme il suo locale e di cagionare anche gravi danni f‌i-
sici, ivi compresa la morte, alla sua persona ed a quella
dei suoi familiari). (Mass. Redaz.) (c.p., art. 393) (1)
(1) Questione controversa. In senso conforme alla pronuncia in
commento si vedano: Cass. pen., sez. I, 23 luglio 2014, n. 32795 in
Ius&Lex dvd n. 1/2015, ed. La Tribuna; Cass. pen., sez. V, 3 maggio
2013, n. 19230, in questa Rivista 2014, 433; Cass. pen., sez. VI, 23
novembre 2010, n. 41365, ivi 2011, 1312 e Cass. pen., sez. V, 20 luglio
2010, n. 28539, ivi 2011, 948. In senso contrario si esprime Cass. pen.,
sez. II, 14 ottobre 2014, n. 42940, ivi 2015, 375, che pone l’accento del
discrimine tra le due f‌igure di reato non sulla materialità del fatto
o sulle modalità attuative dei delitti considerati, che nella pratica
possono dirsi molto simili, quanto sull’elemento intenzionale, che
integra la fattispecie estorsiva soltanto qualora miri all’attuazione
di una pretesa non tutelabile davanti all’autorità giudiziaria, come
viene considerato il caso di specie.
svoLgimento deL processo e motivi deLLa decisione
1. Gargiuolo Roberto ricorre per cassazione - a mezzo
del suo difensore - avverso la sentenza della Corte di
Appello di Lecce (Sezione distaccata di Taranto) del 13
novembre 2012, che, in parziale riforma della sentenza
del locale Tribunale con la quale è stato condannato per il
reato di tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni,
ha riqualif‌icato il fatto nel delitto di tentata estorsione,
riducendo la pena.
2. Propone diversi motivi di ricorso.

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