Corte di cassazione penale sez. VI, 28 agosto 2014, n. 36396 (c.c. 10 luglio 2014)

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giur
2/2015 Arch. giur. circ. e sin. strad.
LEGITTIMITÀ
Discendono da tale ricostruzione alcune conseguenze.
L’INPS, nel momento in cui ha erogato l’assegno alla
danneggiata Simonetti, non ha informato la società di as-
sicurazione circa tale pagamento. Tuttavia è evidente che
detta omissione non avrebbe portato ad alcuna conseguen-
za se la Simonetti, rispettando il dettato dell’art. 28 cit.,
non avesse reso alle Assicurazioni generali una dichiara-
zione liberatoria che non rispondeva al vero; in tal modo
ella ha fuorviato la società di assicurazione, impedendole
di accantonare la somma destinata all’INPS prima di pro-
cedere al risarcimento in suo favore. Tale comportamento
ha pregiudicato di certo le ragioni dell’ente previdenziale,
che non è stato messo in condizione di surrogarsi alla dan-
neggiata al f‌ine di ottenere il rimborso di quanto erogato,
secondo lo schema previsto dall’art. 28 sopra ricordato. Da
un lato, quindi, l’INPS non ha potuto surrogarsi alla Simo-
netti; da un altro lato, costei ha percepito, evidentemente,
due risarcimenti per il medesimo fatto dannoso.
4.4. A questo punto, è evidente l’errore in cui è incorsa
la Corte d’appello di Ancona.
Essa, infatti, ha confuso i rapporti tra l’INPS e la parte
danneggiata con quelli tra l’INPS e le Assicurazioni Gene-
rali (sul punto, v. la sentenza 18 gennaio 2011, n. 1083, che
spiega con cristallina chiarezza la differenza esistente tra
rapporto assicurativo e rapporto previdenziale in relazione
all’art. 28 in esame). Nell’odierno giudizio, l’INPS non ha
agito per recuperare il proprio diritto di surroga nei con-
fronti dell’assicuratore, bensì per ottenere dalla Simonetti
(assicurata e danneggiata dal sinistro) il risarcimento del
danno conseguente al fatto che il suo comportamento aveva
recato pregiudizio all’azione di surrogazione (art. 28, ulti-
mo comma). Sicché l’affermazione della Corte territoriale
secondo cui «nessuna preclusione si era verif‌icata in danno
dell’INPS, la cui facoltà di rivalsa restava impregiudicata» è
evidentemente errata. Se fosse esatto il ragionamento della
Corte di merito, infatti, si perverrebbe al risultato certa-
mente contra legem per cui l’assicuratore del responsabile
civile, in questo caso le Assicurazioni Generali s.p.a., do-
vrebbero pagare due volte lo stesso risarcimento: una prima
volta in favore della danneggiata Simonetti, ed una seconda
volta per rimborsare all’INPS quanto da questo pagato alla
stessa danneggiata; con l’ulteriore assurdo risultato per cui
quest’ultima conseguirebbe un arricchimento indebito.
Il ragionamento svolto dalla Corte d’appello sarebbe
stato condivisibile in un solo caso, e cioè che essa aves-
se dato conto che dagli atti processuali emergeva senza
possibilità di dubbio che la società di assicurazione del
responsabile civile aveva risarcito alla Simonetti il solo
danno biologico, ossia un danno che non rientra nella
prestazione previdenziale erogata dall’INPS (che copre
il danno patrimoniale). In un’ipotesi del genere, infatti, è
pacif‌ico che l’INPS non può agire in surroga, nei confronti
dell’assicuratore del responsabile, per un danno diverso
da quello che esso INPS ha effettivamente risarcito, poi-
ché la surroga presuppone l’identità delle poste di danno.
Ma nulla di tutto ciò risulta dalla sentenza in esame, né il
prof‌ilo è stato mai neppure adombrato dalle controparti
(che in questa sede non si sono neppure costituite).
5. Sussiste, quindi, la violazione dell’art. 28 della legge
n. 990 del 1969 da parte della Corte d’appello, con conse-
guente fondatezza del primo e del terzo motivo di ricorso;
dal che deriva l’assorbimento del secondo e di tutte le
altre censure.
La sentenza impugnata è perciò cassata e il giudizio
rinviato alla medesima Corte d’appello, in diversa com-
posizione personale, la quale deciderà, alla luce di tutto
quanto detto in precedenza, in conformità al seguente
principio di diritto:
«Ai sensi dell’art. 28 della legge 24 dicembre 1969, n.
990, il danneggiato che renda una dichiarazione non ve-
ritiera all’assicuratore del responsabile civile, affermando
di non aver diritto a prestazioni da parte degli istituti che
gestiscono assicurazioni sociali - prestazioni che ha invece
percepito o ha comunque diritto a percepire - pregiudica
in tal modo l’esercizio dell’azione di surrogazione dell’as-
sicuratore sociale previsto dalla norma citata, ed è pertan-
to tenuto a restituire all’ente previdenziale le somme delle
quali il medesimo non abbia potuto ottenere il rimborso
dall’assicuratore in considerazione del comportamento
del danneggiato».
Al giudice di rinvio è demandata anche la liquidazione
delle spese del presente giudizio di cassazione. (Omissis)
coRte di cassazione penale
sez. vi, 28 agosto 2014, n. 36396
(c.c. 10 luglio 2014)
pRes. agRo’ – est. petRuzzellis – p.m. scaRdaccione – Ric. faRinelli
Patente y Revoca e sospensione y Revoca della pa-
tente in sede amministrativa e sospensione della
patente quale sanzione accessoria disposta dal giu-
dice penale y Autonomia dei provvedimenti y Sus-
sistenza y Interesse a ricorrere avverso la sospen-
sione da parte del destinatario del provvedimento
di revoca y Esclusione.
. La sospensione della patente di guida, quale sanzione
amministrativa accessoria connessa alla violazione di
norme del codice della strada costituenti reato (nella
specie: guida in stato di ebbrezza), è provvedimento
pienamente compatibile con quello, del tutto autono-
mo, di revoca della patente adottato dall’autorità am-
ministrativa, nel senso che il giudice non può esimersi
dal disporre detta sospensione sul presupposto che la
patente sia stata revocata dall’autorità amministrativa.
(In motivazione, la S.C. ha anche evidenziato il difetto
di interesse al ricorso avverso la sospensione della
patente da parte di soggetto comunque privo del titolo
abilitativo). (nuovo c.s., art. 186; nuovo c.s., art. 223)
(1)
(1) Nel senso che l’avvenuta applicazione in via amministrativa della
sospensione della patente di guida quale sanzione amministrativa
accessoria connessa alla violazione di norme del codice della strada
costituenti reato, non preclude l’irrogazione della stessa sanzione da
parte del giudice penale, v. Cass. pen., sez. I, 30 aprile 2013, n. 18920,

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