Corte di cassazione penale sez. I, 14 maggio 2014, n. 19927 (ud. 9 aprile 2014)

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giur
Rivista penale 9/2014
LEGITTIMITÀ
particolare ipotesi del mantenimento del divieto di cui
all’articolo 445, comma l, c.p.p.), dispone una misura di
sicurezza personale - o reale, diversa dalla conf‌isca ob-
bligatoria - deve integrare «la motivazione sommaria pro-
pria del rito speciale», dando conto della ricorrenza dei
presupposti e della condizioni per la applicazione della
misura di sicurezza e della prognosi di pericolosità (sez.
IV, n. 43943 del 22 settembre 2005 - dep. 02 dicembre 2005,
Orenze Catipon, Rv. 232733 e sez. IV, n. 42317 del 08 giu-
gno 2004 - dep. 29 ottobre 2004, Kola, Rv. 231006).
Sicché il rito della applicazione della pena su richiesta
di per sé non costituisce, in assoluto, alcun ostacolo per la
applicazione della misura di sicurezza personale già nella
fase del giudizio.
4.1.9 -Nel diverso ambito - ed è il caso che rileva nella
sede del presente scrutinio di legittimità - del processo di
sicurezza la questione che si pone non è certamente quel-
la, se nella sentenza (o nelle sentenze) di applicazione
della pena su richiesta a carico del delinquente sia già sta-
ta accertata la sua pericolosità ovvero se già dalla ridetta
sentenza risultino compiutamente tutti gli elementi di
fatto necessari e suff‌icienti per il relativo accertamento.
All’accertamento in parola deve autonomamente prov-
vedere, secondo i parameri indicati nell’articolo 103 c.p.,
il giudice della misura di sicurezza.
La questione di diritto che rileva è invece - giova riba-
dire - se la sentenza di applicazione della pena su richie-
sta concorra, ovvero no, a integrare il presupposto di legge
della pluralità della condanne, richiesto dall’articolo 103
c.p., perchè il giudice possa, quindi, procedere all’accer-
tamento della dedizione al delitto, con i poteri off‌iciosi di
cui agli articoli 678 e 666 c.p.p., «tenuto conto della specie
e della gravità dei reati, del tempo entro il quale sono stati
commessi, della condotta o del genere di vita del colpevole
e della altre circostanze indicate nel capoverso dell’artico-
lo 133» c.p.
E, in proposito, si impone la soluzione positiva.
Il secondo inciso dell’articolo 445, comma l-bis, c.p.p.
(introdotto dalla novella in parola) sancisce che la senten-
za di applicazione della pena su richiesta «è equiparata a
una sentenza di condanna», fatte salve «diverse disposizio-
ni di legge». Tanto comporta che, in mancanza di espressa
e specif‌ica clausola normativa di esclusione, non possa, al-
trimenti, negarsi che la sentenza di patteggiamento rilevi,
a tutti gli effetti, come sentenza di condanna.
Epperò, in difetto di alcuna disposizione derogatoria
contenuta nell’ articolo 103 c.p. (o in altro articolo), ri-
sulta incontestabile - in virtù della ridetta equiparazione
alla sentenza di condanna - la rilevanza della sentenza di
applicazione della pena su richiesta, quale titolo formale,
idoneo a concorrere alla integrazione del requisito di legge
(della pluralità della condanne), richiesto per l’accerta-
mento della abitualità ritenuta dal giudice.
4.2 -Le residue censure del ricorrente sono manife-
stamente infondate.
Non ricorre - alla evidenza - il vizio della violazione di
legge né sotto il prof‌ilo della inosservanza (per non aver
il giudice a quo applicato una determinata disposizione
in relazione all’operata rappresentazione del fatto corri-
spondente alla previsione della norma, ovvero per averla
applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto
diverso da quello contemplato dalla fattispecie).
E neppure palesemente ricorre vizio alcuno della mo-
tivazione.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente come
illustrato nel paragrafo che precede sub l. - delle ragioni
della propria decisione, sorretta da motivazione congrua,
affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente conte-
nuta entro i conf‌ini della plausibile opinabilità di apprez-
zamento e valutazione (v. per tutte: Cass., sez. I, 5 maggio
1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775; Cass., sez. IV,
2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, per-
tanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente
scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le
doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto
la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano
tutti nell’orbita delle censure di merito, sicché, consi-
stendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge
con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’ termini
dell’articolo 606, comma 3, c.p.p.
4.3 -Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
coRte di cassazione penale
sez. i, 14 Maggio 2014, n. 19927
(ud. 9 apRile 2014)
pRes. coRtese – est. vecchio – p.M. canevelli (diff.) – Ric. teti
Armi e munizioni y Armi proprie e armi improprie
y Porto abusivo y Coltello a serramanico dotato di
un sistema di blocco della lama y Classif‌icazione.
. In tema di porto di un coltello a serramanico dotato
di un sistema di blocco della lama, prescindendo dalle
particolari caratteristiche di costruzione del coltello, il
“discrimen” tra arma impropria, cioè di uno strumento
da punta e/o da taglio atto ad offendere, - il cui porto
è punito dall’art. 4 della L. n. 110 del 1975- e arma
propria- il cui porto è, invece, punito dall’art. 699 cod.
pen.- è costituito dalla presenza, solo per queste ultime,
delle caratteristiche tipiche delle armi bianche corte,
cioè la punta acuta e la lama a due tagli. (Mass. Redaz.)
(c.p., art. 699; l. 18 aprile 1975, n. 110, art. 4) (1)
(1) Nello stesso senso si veda Cass. pen., sez. fer., 3 settembre 2012,
n. 33604, in questa Rivista 2013, 1060.
svolgiMento del pRocesso e Motivi della decisione
l. -Con sentenza, deliberata il 24 aprile 2013 e depo-
sitata il 20 giugno 2013, la Corte di appello di Milano, ha
confermato la sentenza del Tribunale ordinario di quella
stessa sede 23 gennaio 2012, di condanna alla pena dell’ar-
resto in mesi otto a carico di Lorenzo Teti, imputato della
contravvenzione di porto di armi, ai sensi dell’articolo
699 c.p. per avere portato fuori della propria abitazione

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