Corte di cassazione penale sez. VI, 3 luglio 2014, n. 28978 (ud. 1 aprile 2014)

Pagine782-785
782
giur
9/2014 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
III, n. 44169 del 22 ottobre 2008, Di Nuzzo, Rv. 241683;
sez. II, n. 13691 del 15 marzo 2005, De Noia Mecenero, Rv.
231129; sez. III, n. 450 del 15 febbraio 1995, Tamborrini,
Rv. 201578). Quest’ultima interpretazione non appare
conforme al testo normativo, inteso a distinguere gli atti
di concorrenza dagli atti di violenza o minaccia, e pone
problemi di violazione del principio di legalità e di tas-
satività, non potendosi eliminare dall’“elemento oggettivo
dell’incriminazione il nucleo fondamentale, cioè, la realiz-
zazione di un atto di concorrenza” (così sez. III, n. 46756
del 3 novembre 2005, Mannone, cit. ). Ne consegue che,
diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impu-
gnata, la previsione di cui all’art. 513 bis c.p. non è appli-
cabile ad atti di violenza e minaccia, in relazione ai quali
la limitazione della concorrenza è solo la mira teleologica
dello agente. Ciò, peraltro, non esclude che tali condotte
rimangano riconducibili ad altre fattispecie di reati pree-
sistenti all’introduzione del suddetto articolo nel testo
del codice, come del resto lo stesso ricorrente ammette,
sostenendo una diversa qualif‌icazione giuridica dei fatti,
che sarebbero riconducibili, a suo avviso, nella fattispecie
della minaccia. La giurisprudenza ha, però, chiarito che la
disposizione di cui all’art. 513 bis c.p., collocata tra i reati
contro l’industria e il commercio, richiede una condotta
tesa a scoraggiare mediante violenza o minaccia l’altrui
concorrenza e ha come scopo la tutela dell’ordine eco-
nomico e, quindi, del normale svolgimento delle attività
produttive a esso inerenti, mentre la norma di cui all’art.
629 c.p., collocata tra i reati contro il patrimonio, tende a
salvaguardare prevalentemente il patrimonio dei singoli;
ne deriva che qualora si realizzino contemporaneamente
gli elementi costitutivi di entrambi i reati è conf‌igurabile il
concorso formale degli stessi, non ricorrendo l’ipotesi del
concorso apparente di norme. Tale possibile concorrenza
di reati rende evidente che, una volta esclusa la conf‌igu-
rabilità del delitto di illecita concorrenza, può comunque
ravvisarsi il delitto di estorsione nella sua forma consuma-
ta o tentata. La corretta qualif‌icazione dei fatti di causa
dipende da una rivalutazione degli stessi alla luce dei
principi di diritto sopra formulati, rivalutazione che non
può essere compiuta in questa sede di legittimità, ma deve
essere rinviata al giudice di merito.
In def‌initiva, la sentenza impugnata deve essere an-
nullata, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello
di Catanzaro, limitatamente al capo 2) (art. 513 bis c.p.),
perchè rivaluti i fatti in applicazione dei suddetti principi
di diritto. (Omissis)
coRte di cassazione penale
sez. vi, 3 luglio 2014, n. 28978
(ud. 1 apRile 2014)
pRes. gaRRibba – est. de aMicis – p.M. policastRo (paRz. diff.) – Ric.
albanesi
Concussione y Induzione indebita a dare o promet-
tere utilità y Modif‌iche introdotte dalla L. n. 190 del
2012 y Condotta costrittiva y Signif‌icato y Distinzio-
ne dall’elemento oggettivo del delitto di indebita
induzione y Individuazione
. In tema di distinzione tra il reato di concussione,
previsto, nella vigente formulazione dell’art. 317 c.p.,
soltanto nella forma costrittiva (tale cioè, da porre la
vittima nella condizione di dover scegliere tra il subire
un ingiusto danno ovvero l’evitarlo soggiacendo alle
indebite pretese del soggetto investito di potestà pub-
blicistiche), e la nuova e meno grave f‌igura di reato
prevista dall’art. 219 quater c.p e denominata “induzio-
ne indebita a dare o promettere utilità”, caratterizzata
dall’impiego, da parte del soggetto attivo, di forme di
pressione morale volte ad ottenere il risultato median-
te persuasione, suggestione o inganno (sempre che
quest’ultimo non si risolva in una induzione in errore),
deve ritenersi la conf‌igurabilità della seconda di tali
fattispecie qualora la condotta del pubblico uff‌iciale
sia consistita soltanto nella ostentazione della funzione
ricoperta, nella consapevolezza che la stessa possa va-
lere ad indurre il soggetto passivo a dare o promettere
danaro o altre utilità (principio affermato, nella specie,
con riguardo ad un caso in cui all’imputato, ispettore di
Polizia, si era addebitato di essersi abitualmente reca-
to in un locale pubblico e di avere ottenuto dal gestore,
mediante l’esibizione del proprio tesserino di ricono-
scimento, la gratuita fruizione di costose consumazioni
e di altre prestazioni). (Mass. Redaz.) (c.p., art. 317;
c.p., art. 319; l. 6 novembre 2012, n. 190, art. 1) (1)
(1) Per una distinzione tra le due f‌igure di reato, si veda, su tutte, la
recente statuizione di Cass. pen., sez. un., 14 marzo 2014, n. 12228,
in questa Rivista 2014, 565 a cui si conforma la pronuncia in com-
mento.
svolgiMento del pRocesso
1. Con sentenza del 19 marzo 2012 la Corte d’appello
di Ancona, in parziale riforma della sentenza di primo
grado, emessa dal Tribunale di Fermo in data 22 giugno
2011, ed in accoglimento dell’appello proposto dal P.M.,
ha condannato Giorgio Albanesi, Ispettore capo del locale
Commissariato di P.S., alla pena di anni due e mesi otto di
reclusione, oltre alla pena accessoria dell’interdizione dai
pubblici uff‌ici per anni cinque ed al risarcimento dei danni
in favore della parte civile, per il reato di concussione con-
tinuata di cui al capo sub A), commesso in Porto S. Elpidio
dal 2005 sino al novembre 2006, per avere, abusando della
propria qualità, ed in particolare esibendo ai dipendenti
del locale il tesserino pubblico in dotazione, costretto,
o comunque indotto, il titolare di un night club, Ennio
Maurizi, a non pretendere il pagamento di beni e servizi
(in particolare, di costose bottiglie di champagne, dell’uso
di un tavolo e della compagnia di dipendenti “f‌iguranti di
sala”) di cui l’imputato, assieme ad altre persone che con
lui si presentavano come clienti del locale, fruivano quali
avventori.
All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale di Fer-
mo aveva assolto l’imputato sia dal delitto di concussione

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT