Corte di cassazione penale sez. II, 4 luglio 2014, n. 29009 (ud. 27 maggio 2014)

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Rivista penale 9/2014
Legittimità
coRte di cassazione penale
sez. ii, 4 luglio 2014, n. 29009
(ud. 27 Maggio 2014)
pRes. casucci – est. fiandese – p.M. Riello (diff.) – Ric. cilibeRti
Concorrenza sleale y Atti di concorrenza y Con
violenza o minaccia y Compimento di atti tipica-
mente concorrenziali y Individuazione y Limiti.
. Ai f‌ini della conf‌igurabilità del reato di cui all’art. 513
bis c.p. (illecita concorrenza con minaccia o violenza)
rilevano soltanto quelle condotte illecite tipicamente
concorrenziali (quali il boicottaggio, lo storno dei
dipendenti, il rif‌iuto di contrattare, etc,) attuate però
con atti di coartazione che inibiscono la normale di-
namica imprenditoriale, mentre restano esclusi dalla
fattispecie astratta gli atti intimidatori che siano f‌ina-
lizzati a contrastare od ostacolare l’altrui libera con-
correnza, relativamente ai quali possono conf‌igurarsi
altre e diverse ipotesi di reato, tra le quali, in partico-
lare, l’estorsione, consumata o tentata. (Nella specie,
in applicazione di tale principio, la Corte ha censurato
la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto
conf‌igurabile il reato di cui all’art. 513 bis c.p. in caso
in cui si addebitava all’imputato di avere compiuto atti
di violenza e minaccia nei confronti del dipendente di
un’impresa che esercitava attività di vigilanza in con-
correnza con quella facente capo all’imputato medesi-
mo). (Mass. Redaz.) (c.p., art. 513 bis) (1)
(1) In argomento gli orientamenti della giurisprudenza sono con-
trastanti. Sostanzialmente negli stessi termini della pronuncia
in epigrafe si veda Cass. pen., sez. III, 9 aprile 2013, n. 16195, in
questa Rivista 2014, 223; in senso conforme inoltre si vedano Cass.
pen., sez. I, 17 febbraio 2012, n. 6541, ivi 2013, 741 e Cass. pen., sez.
II, 26 settembre 2007, n. 35611, ivi 2008, 808. Diversamente, altra
corrente ritiene che ai f‌ini dell’integrazione del reato di illecita con-
correnza con violenza o minaccia, si possa ricomprendere qualsiasi
comportamento intimidatorio idoneo ad impedire al concorrente la
possibilità di autodeterminarsi in ordine all’esercizio della propria
attività commerciale. In tal senso si vedano: Cass. pen., sez. III, 27
novembre 2008, n. 44169, ivi 2009, 1025; Cass. pen., sez. II, 13 aprile
2005, n. 13691, ivi 2006, 353; Cass. pen., sez. III, 24 marzo 1995, n.
450, ivi 1996, 230.
svolgiMento del pRocesso
(Omissis). 3) inosservanza ed erronea applicazione
della legge penale in relazione all’art. 513 bis c.p. (capo
2), nonché mancanza e manifesta illogicità della motiva-
zione.
Con riferimento all’accusa di avere compiuto, nell’eser-
cizio dell’attività di guardiania della Cooperativa Sociale
di Servizi MA.CA.VE, atti di illecita concorrenza nei con-
fronti dell’Istituto di vigilanza I.V.I.C., con violenza e mi-
nacce, consistite nell’aggredire con un coltello un dipen-
dente della ditta IVIC, Liserre Luigi, il ricorrente afferma
che l’imputato ha ammesso di essere ricorso a minacce nei
confronti del Liserre, ma chiarendo che la sua condotta era
stata dettata da un moto di rabbia, perchè aveva scoperto
che una società sua cliente si era rivolta per il servizio di
vigilanza ad una ditta concorrente per la quale il Liserre
prestava servizio; si tratterebbe, pertanto, del reato di
minacce semplici, non essendo applicabile l’art. 513 bis
c.p. ad atti di violenza e minaccia in relazione ai quali la
limitazione della concorrenza è solo la mira teleologica
dell’agente e non venga posto in essere uno specif‌ico atto
di illecita concorrenza. Il ricorrente osserva, inoltre, che
l’art. 513 bis c.p. è stato introdotto dal legislatore per san-
zionare la concorrenza attuata con metodi maf‌iosi, ma gli
stessi giudici di merito hanno ritenuto insussistente l’ag-
gravante del metodo maf‌ioso. (Omissis)
Motivi della decisione
(Omissis). Il ricorso di Ciliberti Giuseppe è fondato,
nei limiti e in applicazione dei principi di diritto di cui
alla presente motivazione, solo con riferimento al motivo
di ricorso concernente il contestato delitto di cui all’art.
513 bis c.p. Sulla interpretazione della espressione “atti di
concorrenza” di cui al citato art. 513 bis, questo collegio
condivide la prevalente e più recente giurisprudenza, la
quale afferma il seguente principio di diritto: l’art. 513-
bis c.p. punisce soltanto quelle condotte illecite tipica-
mente concorrenziali (quali il boicottaggio, lo storno dei
dipendenti, il rif‌iuto di contrattare, etc. ) attuate, però,
con atti di coartazione che inibiscono la normale dinamica
imprenditoriale, non rientrando, invece, nella fattispecie
astratta, gli atti intimidatori che siano f‌inalizzati a contra-
stare o ostacolare l’altrui libera concorrenza (sez. III, n.
16195 del 6 marzo 2013, Fammilume , Rv. 255398; sez. I,
n. 6541 del 2 febbraio 2012, Aquino, Rv. 252435; sez. II, n.
35611 del 27 giugno 2007, Tarantino, Rv. 237801; sez. III,
n. 46756 del 3 novembre 2005, Mannone, Rv. 232650). Non
si ritiene, pertanto, condivisibile il diverso orientamento
giurisprudenziale, secondo il quale, ai f‌ini dell’integrazio-
ne del reato d’illecita concorrenza con violenza o minaccia
qualsiasi comportamento violento o intimidatorio idoneo
ad impedire al concorrente d’autodeterminarsi nell’eserci-
zio della sua attività commerciale, industriale o comunque
produttiva conf‌igura un atto di concorrenza illecita (sez.

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