Corte di Cassazione Civile sez. III, 8 gennaio 2016, n. 128

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giur
5/2016 Arch. giur. circ. e sin. strad.
LEGITTIMITÀ
4. Orbene, la legge n. 120 del 2010 ebbe a stabilire, per l’i-
potesi di cui alla lettera c), del secondo comma, dell’art. 186
del codice della strada - nel cui ambito rientra il fatto com-
messo dalla Santori (avuto riguardo al tasso alcolemico) -
differenti parametri edittali per la pena detentiva (arresto
da sei mesi ad un anno) lasciando immutata la pena pecu-
niaria dell’ammenda da euro 1.500,00 ad euro 6.000,00: al
momento del fatto contestato alla Santori (28 giugno 2009)
erano in vigore la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno
e quella dell’ammenda da euro 1.500,00 ad euro 6.000,00.
Dunque, se ritenuto più favorevole in concreto, il novum
normativo di cui alla novella del 2010 avrebbe dovuto essere
applicato alla Santori nella sua integralità, con conseguente
applicazione del trattamento sanzionatorio stabilito da tale
legge per l’ipotesi di cui alla lettera c) del secondo comma
dell’art. 186 del codice della strada contestata al Crotta,
vale a dire la pena minima detentiva di sei mesi di arresto
come più volte precisato nella giurisprudenza di legittimi-
tà, e, con specif‌ico riferimento proprio alla legge n. 120 del
2010, da questa stessa sezione (cfr. sez. IV, 1 febbraio 2012,
n. 4927, Ambrosi, rv. 251956; sez. IV, n. 11198/2012).
Nel caso in esame è decisivo considerare che con la sen-
tenza di primo grado - confermata da quella d’appello qui
impugnata - la Santori è stata invece condannata alla pena
detentiva di mesi due di arresto ed euro 1000 di ammenda
(con la concessione delle attenuanti generiche), muovendo
dunque da una pena base detentiva di mesi tre di arresto
secondo la più favorevole previsione normativa in vigore al
momento del fatto (mentre, come detto, la legge n. 120 del
2010 ha stabilito la pena dell’arresto da sei mesi ad un anno).
Ebbene, non avendo l’imputata espresso in sede di merito
la volontà della sostituzione, con il lavoro di pubblica utilità,
di una pena commisurata ai nuovi parametri sanzionatori,
deve ritenersi che la stessa intendesse fruire del benef‌icio in
argomento - introdotto con la legge n. 120 del 2010 ed in re-
lazione ad una forbice edittale più severa, quanto alla pena
detentiva, rispetto a quella precedentemente in vigore - in
sostituzione della pena inf‌littale con riferimento alla più fa-
vorevole forbice edittale della pena detentiva previgente: il
che, per le ragioni dianzi esposte, non è consentito.
5. Va poi evidenziato che non è affatto vero - come so-
stenuto in ricorso - che l’applicazione della sanzione so-
stitutiva non sia soggetta a valutazione discrezionale del
giudice.
Questa Corte di legittimità, con principio che il Collegio
condivide e che intende qui riaffermare, ha reiteratamente
affermato che che la sostituzione della pena detentiva e
pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art.
187, comma 8-bis, c.d.s., non consegue automaticamente al
ricorrere dei presupposti legali ma è rimessa alla valutazio-
ne discrezionale del giudice in ordine alla meritevolezza
dell’imputato ad ottenerla (sez. IV, n. 16387 del 23 ottobre
2014 dep. il 20 aprile 2015, Caruso, rv. 263385).
La sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il
lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis,
c.d.s., è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice,
da compiersi secondo i criteri dettati dall’art. 133 c.p. (sez.
IV, n. 15018 del 13 dicembre 2013, Cerenghino, rv. 261560).
6. In ultimo, va rilevato che non può porsi in questa
sede la questione della declaratoria della prescrizione ma-
turata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della
manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti,
più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cas-
sazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non
consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione
e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiara-
re le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p.
(Cass. pen., sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca, rv.
217266: nella specie la prescrizione del reato era maturata
successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso;
conformi, sez. un., 2 marzo 2005, n. 23428, Bracale, rv.
231164, e sez. un., 28 febbraio 2008, n. 19601, Niccoli, rv.
239400; in ultimo Cass. pen. sez. II, n. 28848 deIl’8 maggio
2013, rv. 256463).
7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art.
616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella deter-
minazione della causa di inammissibilità (Corte Cost.
sent. n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna della ri-
corrente al pagamento delle spese del procedimento con-
segue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella
misura indicata in dispositivo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE CIVILE
SEZ. III, 8 GENNAIO 2016, N. 128
PRES. CHIARINI – EST. SESTINI – P.M. PRATIS (DIFF.) – RIC. ANTONELLI (AVV.
FORMICA) C. COOP. ZOOTECNICA CENTRO ITALIA CICZOO S.C.A.R.L. ED ALTRI
Assicurazione obbligatoria y Risarcimento danni
y Fallimento del responsabile civile y Prosecuzio-
ne del giudizio nei confronti dell’assicuratore per
R.C.A. y Ammissibilità y Condizioni.
. Quando sia proposta una domanda di risarcimento del
danno da sinistro stradale nei confronti del proprieta-
rio del veicolo che ha causato il danno e del suo assicu-
ratore della responsabilità civile, il fallimento del pri-
mo comporta l’improseguibilità di qualsiasi domanda
di condanna sia nei suoi confronti, sia nei confronti del
suo assicuratore, con conseguente devoluzione al tribu-
nale fallimentare, mediante istanza di ammissione al
passivo, a meno che il danneggiato, dopo l’interruzione
e la riassunzione del giudizio nei confronti della cura-
tela, non rinunci ad ogni pretesa verso questa, ovvero
dichiari formalmente che la richiesta condanna nei
confronti del fallito debba intendersi eseguibile solo
nell’ipotesi di ritorno "in bonis". (In applicazione di
tale principio, la S.C. ha ritenuto proseguibile sino al
suo naturale epilogo un giudizio nel corso del quale la
domanda risarcitoria, pur originariamente proposta in
via cumulativa nei confronti della società assicurata,
poi sottoposta a procedura concorsuale, e della sua
assicuratrice, era stata validamente limitata alla sola
richiesta di risarcimento verso quest’ultima). (l. 24 di-
cembre 1969, n. 990, art. 18; l. 24 dicembre 1969, n. 990,

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