Corte Costituzionale 21 febbraio 2018, n. 33 (ud. 7 novembre 2017)

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Rivista penale 5/2018
Corte costituzionale
CORTE COSTITUZIONALE
21 FEBBRAIO 2018, N. 33
(UD. 7 NOVEMBRE 2017)
PRES. GROSSI – REL. MODUGNO – RIC. R.V.
Misure di prevenzione y Appartenenti ad asso-
ciazioni maf‌iose y Sequestro e conf‌isca dei beni y
Conf‌isca c.d. allargata y Applicabilità anche in caso
di condanna o patteggiamento della pena per il de-
litto di ricettazione y Art. 12 sexies, comma 1, D.L.
8 giugno 1992, n. 306 y Supposta violazione dell’art.
3 Cost. y Questione infondata di legittimità costi-
tuzionale.
. Non è fondata, in riferimento all’art. 3 della Cost., la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 12-se-
xies, comma 1, del D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (Modif‌i-
che urgenti al nuovo codice di procedura penale e prov-
vedimenti di contrasto alla criminalità maf‌iosa), nella
parte in cui include il delitto di ricettazione tra quelli
per i quali, nel caso di condanna o di applicazione della
pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è sempre disposta la
speciale conf‌isca prevista dal medesimo art. 12-sexies.
(d.l. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con ordinanza del 17 marzo 2015, la Corte d’appel-
lo di Reggio Calabria ha sollevato, in riferimento all’art. 3
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 12-sexies, comma 1, del D.L. 8 giugno 1992, n. 306
(Modif‌iche urgenti al nuovo codice di procedura penale
e provvedimenti di contrasto alla criminalità maf‌iosa),
convertito, con modif‌icazioni, in L. 7 agosto 1992, n. 356,
nella parte in cui include il delitto di ricettazione tra quel-
li per i quali, nel caso di condanna o di applicazione della
pena ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale,
è sempre disposta la speciale conf‌isca prevista dal mede-
simo art. 12-sexies.
La Corte rimettente riferisce che, con ordinanza de-
positata l’11 dicembre 2013, essa Corte d’appello, in veste
di giudice dell’esecuzione, aveva disposto, inaudita altera
parte, la conf‌isca, ai sensi della norma censurata, di vari
cespiti mobiliari (buoni postali, titoli e un libretto posta-
le), intestati a una persona condannata con sentenza irre-
vocabile del 14 luglio 2009 per il delitto di ricettazione e
a due suoi congiunti: cespiti il cui valore (pari, nel com-
plesso, ad oltre 170.000 Euro) appariva, alla luce degli ac-
certamenti svolti dalla polizia giudiziaria, sproporzionato
rispetto alla capacità reddituale del condannato e del suo
nucleo familiare (attestatasi, nel periodo compreso tra il
1990 e il 2011, attorno a una media di 12.000 Euro anni
lordi, ossia a livelli di mera sussistenza).
Avverso il provvedimento avevano proposto opposizio-
ne, a norma degli artt. 667, comma 4, 676 cod. proc. pen.,
il condannato e i terzi interessati, assumendo che i redditi
del nucleo familiare - ricostruiti in modo incompleto dalla
polizia giudiziaria, essendo rappresentati, per una consi-
derevole parte, anche da poste non oggetto di dichiara-
zione f‌iscale - erano, in realtà, del tutto compatibili con la
disponibilità dei beni oggetto di conf‌isca.
Ciò premesso, la Corte rimettente dubita della legitti-
mità costituzionale dell’art. 12-sexies, comma 1, del D.L. n.
306 del 1992, nella parte in cui riconnette la speciale mi-
sura ablativa anche alla condanna (o al "patteggiamento")
per il delitto di ricettazione.
La questione sarebbe rilevante nel giudizio a quo, giac-
ché, anche riconoscendo "valenza implementativa" ad al-
cuni degli apporti f‌inanziari evidenziati dagli opponenti,
non considerati dalla polizia giudiziaria, il provvedimento
opposto dovrebbe essere confermato "pressoché integral-
mente". Le deduzioni difensive risulterebbero, infatti,
inidonee a sovvertire la valutazione di manifesta spropor-
zione tra i f‌lussi reddituali degli interessati e il valore dei
beni conf‌iscati (sostanzialmente, denaro contante): ciò,
tenuto conto anche del fatto che nel medesimo torno di
tempo erano stati operati dagli opponenti consistenti in-
vestimenti immobiliari (non oggetto di conf‌isca), atti ad
erodere ulteriormente la loro capacità di risparmio.
Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza, la Corte
calabrese osserva che, per far luogo alla misura ablativa
in questione, è necessario - ma anche suff‌iciente - che
sussista una sproporzione tra il reddito dichiarato dal
condannato o i proventi della sua attività economica e il
valore dei beni di cui è titolare o ha la disponibilità, anche
per interposta persona, e che non venga, altresì, fornita
una giustif‌icazione credibile in ordine alla provenienza
dei beni stessi. Come chiarito dalle sezioni unite della
Corte di cassazione con la sentenza 17 dicembre 2003 - 19
gennaio 2004, n. 920, dirimendo un pregresso contrasto di
giurisprudenza, non è invece richiesta la dimostrazione
che i beni da conf‌iscare derivino dal singolo reato per cui
la condanna è intervenuta, o da una più ampia attività
criminosa del condannato; né, d’altra parte, il provvedi-
mento ablativo resta escluso dal fatto che i beni siano
stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per
cui si è proceduto, o che il loro valore superi il provento
di quest’ultimo.

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