Contrasti

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@I. CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 31 ottobre 2007, n. 40446 (ud. 25 settembre 2007). Pres. Rotella - Est. Vessichelli - P.M. Monetti (diff.) - Ric. P.G. in proc. Mura.

Recidiva - Reiterata - Obbligatorietà del relativo aumento di pena - Esclusione - Divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti - Condizioni.

La recidiva reiterata di cui all'art. 99, comma quarto, c.p., anche dopo le modifiche apportate dalla L. n. 251 del 2005, deve ritenersi facoltativa; ne consegue che, qualora il giudice non ritenga di applicare il relativo aumento di pena, non opera, nell'ambito del giudizio di bilanciamento tra circostanze, il divieto di far prevalere le attenuanti sulle aggravanti, introdotto all'art. 69, quarto comma, c.p. dalla legge summenzionata. (C.p., art. 69; c.p., art. 99) (1).

@II. CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 11 ottobre 2007, n. 37549 (c.c. 3 luglio 2007). Pres. Ambrosini - Est. Milo - P.M. De Sandro (parz. diff.) - Ric. P.G. in proc. Saponaro.

Recidiva - Reiterata - Giudizio di bilanciamento Operatività - Condizioni.

Il giudice deve procedere al giudizio di bilanciamento, soggetto al regime limitativo di cui all'art. 69, comma quarto, c.p., tra circostanze attenuanti e la contestata recidiva reiterata, soltanto quando ritenga quest'ultima effettivamente idonea ad influire di per sè sul trattamento sanzionatorio del fatto per cui si procede. (C.p., art. 69; c.p., art. 99) (2).

@III. CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 11 maggio 2007, n. 18302 (c.c. 27 febbraio 2007). Pres. Ambrosini - Est. Carcano - P.M. D'Angelo (conf.) - Ric. P.G. in proc. Ben Hadhria.

Recidiva - Reiterata - Divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti - Valutazione giudiziale di non aumento della pena per la recidiva - Applicazione del divieto - Sussistenza - Fattispecie.

Il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata trova applicazione, unitamente alle altre regole sul giudizio di comparazione, pur quando il giudice ritenga, dopo aver accertato la sussistenza della contestata recidiva, di non disporre l'aumento di pena. (La Corte ha annullato con rinvio la sentenza di patteggiamento per il delitto di cui all'art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990, perché il giudice, escluso l'aumento di pena per la recidiva in ragione di una prognosi non negativa in punto di pericolosità, aveva omesso il giudizio di comparazione, da effettuarsi tenendo conto del divieto di prevalenza della circostanza attenuante della lieve entità del fatto con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale contestata). (C.p., art. 69; c.p., art. 99) (3).

    (1, 2, 3) In senso conforme alla prima massima riportata in epigrafe si veda, da ultimo, Cass. pen., sez. IV, 24 ottobre 2007, Mazzitta, in Ius&Lex on-line, sul sito www.latribuna.it. In dottrina, cfr. BOTTALICO FILIPPO, Effetti dell'obbligatorietà nella nuova disciplina della recidiva, in Giur. merito 2007, 6, 1734.

I.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il Procuratore generale della Repubblica di Genova propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del locale tribunale in data 26 settembre 2006 con la quale, nei confronti di Mura Mario è stata irrogata la pena per il reato di furto aggravato, previa concessione delle attenuanti generiche, nonché dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 4 c.p. e della diminuente di cui all'art. 89 c.p. ritenute prevalenti sulle aggravanti compresa la recidiva.

Lamenta il ricorrente che il giudice ha operato nei termini detti il bilanciamento tra le dette attenuanti e le aggravanti includendovi la recidiva contestata ex art. 99 comma 4 c.p.: e ciò, in violazione dell'art. 69 comma 4 che, nella formulazione vigente (a seguito della novella introdotta con L. n. 251 del 2005), sottrae al bilanciamento tal genere di recidiva.

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Occorre premettere che, in linea generale, è da condividere il principio di diritto richiamato dal ricorrente, atteso il tenore del vigente art. 69 comma 4 c.p.p. che estende esplicitamente la possibilità del bilanciamento tra circostanze anche a quelle inerenti la persona del colpevole (compresa dunque la recidiva Page 132 come specificato dall'art. 70 u.c. c.p.) con la eccezione per cui rimane vietato il giudizio di «prevalenza», tra gli altri, nel caso previsto dall'art. 99 comma 4 ossia quello in cui la recidiva reiterata, nelle varie sottospecie ivi previste, concorra con attenuanti.

Tuttavia, il principio così enunciato necessita di alcune precisazioni, decisive ai fini della soluzione del caso di specie, nel quale non risulta, alla luce della motivazione, che il giudice, nell'operare il detto bilanciamento fra le attenuanti concesse e le aggravanti contestate anche ex art. 625 c.p., vi abbia incluso la recidiva: questa, invero, risulta solo contestata ma la sentenza, al riguardo, tace del tutto, non contenendo affermazioni né esplicite né implicite circa il fatto che il giudice l'abbia verificata, ritenuta e calcolata ai fini della pena.

Tale modo di procedere, peraltro, è sicuramente difforme da quanto le norme impongono di fare ma, per quel che si dirà, la omissione del giudice nella specie si risolve in una diversa violazione di legge e in un difetto di motivazione che il ricorrente non ha dedotto, essendosi limitato a eccepire la violazione dell'art. 69 comma 4 c.p.

Invero, deve muoversi dal rilievo che anche a seguito della riforma dell'art. 99 per effetto della L. 5 dicembre 2005, n. 251, l'aumento di pena per effetto della recidiva (facoltativo in modo pacifico nel sistema precedente: rv. 178347; 176963; 176079) è rimasto discrezionale in tutti i casi descritti dall'art. 99 c.p., salvo quello del comma Vº.

Tanto si desume dall'uso del verbo «può» con il quale si definisce la facoltà di aumento di pena rimessa al giudice nei casi del comma 1 e 2 dell'art. 99 e, per quanto concerne il comma che qui interessa, il 4, dalla lettura di esso necessariamente integrata con i commi che precedono.

Tale norma, infatti, gradua l'aumento di pena riferibile al recidivo reiterato a seconda che il nuovo delitto non colposo sia commesso da un recidivo semplice, richiamando il comma 1, o da un recidivo specifico o infraquinquennale (più altri casi), richiamando il comma 2. È logico dunque supporre che la strutturazione dei precetti contenuti nei commi richiamati si ripercuota sul comma che li richiama.

Nel far ciò, il legislatore ha imposto una sola specifica differenza rispetto ai commi che precedono: ha voluto cioè rendere fissa l'entità degli aumenti di pena («l'aumento...è...» della metà nel primo caso e «...è...» dei due terzi nel secondo), ma tale limitazione della discrezionalità del giudice sul quantum non si è estesa all'an, ossia alla valutazione sul se applicare o meno tale aumento.

La decisione su tale punto, proprio per il rinvio al criterio indicato nei commi richiamati, resta discrezionale come si deduce anche dal rilievo che, dove ha voluto esprimere una volontà diversa, il legislatore lo ha fatto espressamente: è quanto accaduto nella formula- zione del comma 5, relativo alla recidiva reiterata determinata dalla commissione di uno dei gravi delitti indicati all'art. 407 comma 2 lett. a) c.p.p., in relazione alla quale il precetto recita: «l'aumento... è obbligatorio...».

E di tale specificazione certo non vi sarebbe stato bisogno alcuno se anche l'aumento indicato nei casi del comma 4 fosse stato obbligatorio.

In conclusione deve ritenersi che tale comma prevede che anche a fronte di contestazione di recidiva reiterata il giudice debba valutare, nella sua discrezionalità, se procedere o meno all'aumento di pena, solo attenendosi al precetto per cui se decide in tale senso, l'entità dell'aumento è predeterminato in misura fissa.

Ne consegue che, come del resto già ritenuto da buona parte della giurisprudenza formatasi nella vigenza del precedente sistema, mentre il giudice potrebbe decidere, anche senza fornire motivazione, di non applicare l'aumento di pena, viceversa, attesa l'assenza di discrezionalità sul riconoscimento della sussistenza della qualità di recidivo, incorre quantomeno nel vizio di motivazione se non argomenta le ragioni per le quali ritiene che essa non ricorra (rv. 161468; 143580).

In presenza dei presupposti di legge egli infatti è tenuto a riconoscerla non essendo facoltativi gli altri effetti penali connessi alla recidiva (rv. 236426; 195128).

Tuttavia, non è stata la mancata pronuncia del giu- dice sulla recidiva, unica violazione di legge ravvisa- bile nella specie, ad avere formato oggetto della censura del P.G.

Ci si è lamentati, invece, di una opzione che, inter- pretata diversamente da come fa il ricorrente, non integra, a parere di questo Collegio, una violazione di legge: e cioè quella dell'avere, il giudice, dichiarato la prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti, pur in presenza di contestazione della recidiva qualificata.

Deve infatti ritenersi che sebbene sia indubbio che dallo status di recidivo reiterato dichiarato con sentenza (rv. 231209; SS.UU. 118018), discendono effetti sottratti al potere discrezionale del giudice (si pensi alla impossibilità di fruire del patteggiamento ai sensi dell'art. 444 comma 1 bis c.p.p. o dell'amnistia ex art. 151 comma 5 c.p.), in tale novero non possa essere ricompreso quel particolare effetto in punto di pena, costituito dal divieto di bilanciamento previsto dall'art. 69 comma 4.

E ciò, in quanto il potere che il legislatore ha rico- nosciuto al giudice di esprimere, attraverso l'applicazione o l'esclusione dell'aumento di pena per il recidivo qualificato, la valutazione di maggiore o minore disvalore del nuovo episodio delittuoso commesso, non può poi rimanere frustrato quando, per la presenza di una o più circostanze attenuanti, la recidiva dovrebbe subire un giudizio di bilanciamento, addirittura nel senso della minusvalenza della recidiva stessa.

Il potere di fissare una pena proporzionata alla entità oggettiva e soggettiva della condotta posta in essere...

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