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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine841-851

Page 841

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 5 giugno 2007, n. 21833 (ud. 22 febbraio 2007). Pres. Battisti - Est. Marasca - P.M. Esposito (conf.)Ric. P.M. in proc. Iordache Codrut.

Indagini preliminari - Chiusura - Avviso all'indagato - Causa interruttiva della prescrizione del reato - Esclusione.

L'avviso di conclusione delle indagini di cuill'articolo 415 bis c.p.p. non costituisce atto interruttivo della prescrizione del reato ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 160 c.p. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 415 bis; c.p., art. 160) (1).

    (1) La presente decisione sana il contrasto giurisprudenziale esistente sul punto. Conformemente alla massima in epigrafe, nel senso di escludere efficacia interruttiva della prescrizione del reato all'avviso di conclusione delle indagini preliminari, attesa l'impossibilità di ampliare, mediante un'interpretazione analogica in malam partem, l'elencazione contenuta nell'art. 160 c.p., si vedano: Cass. pen., sez. IV, 14 giugno 2006, Papaveri, in Arch. nuova proc. pen. 2006, 641; Trib. pen. Pisa, uff. Gip, 17 novembre 2005, Guiggi, ivi 2006, 445; Cass. pen., sez. V, 29 aprile 2005, Della Calce, in questa Rivista 2006, 986 e Trib. pen. Napoli, 9 febbraio 2001, Basile in Arch. nuova proc. pen. 2001, 190. In senso contrario, si veda l'orientamento, ormai superato dalla sentenza in commento, rappresentato da: Cass. pen., sez. II, 10 marzo 2006, Cameli, in questa Rivista 2007, 697; Cass. pen., sez. V, 4 agosto 2005, Vettorato, in Arch. nuova proc. pen. 2006, 38 ed in D&G - Diritto e Giustizia 2005, fasc. 42, 79, con nota di BELTRANI SERGIO, Prescrizioni, lo stop arriva per estensione, e Cass. pen., sez. V, 16 marzo 2005, Marocco, in questa Rivista 2005, 813.


MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. La sentenza impugnata. - Il Tribunale di Belluno, in composizione monocratica, con sentenza emessa in data 10 aprile 2006, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Codrut Iordache, imputato del delitto - commesso il 2 giugno 2000 - di cui all'articolo 495 c.p. per avere, in sede di formazione del cartellino fotosegnaletico, dichiarato falsamente agli agenti della Questura di chiamarsi Cristian Popescu, per estinzione del reato per prescrizione.

Il tribunale, premesso che il reato di cui all'articolo 495 c.p. è sanzionato con la pena della reclusione fino a tre anni e si prescrive, ai sensi dell'articolo 157 c.p., applicabile nel caso di specie nella formulazione antecedente alla modifica introdotta con l'articolo 6 della legge n. 251 del 2005, in cinque anni decorrenti dalla sua consumazione, ha rilevato che il decreto di citazione a giudizio dello Iordache, che costituisce il primo atto interruttivo della prescrizione, è stato emesso il 23 giugno 2000 ed è, quindi, successivo di ventuno giorni allo spirare del termine utile per l'esercizio dell'azione penale.

Ne è, inevitabilmente, conseguita la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.

  1. Il ricorso del Procuratore della Repubblica. - Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Belluno ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza deducendo come unico motivo di impugnazione la violazione dell'articolo 160 c.p. in relazione all'articolo 415 bis c.p.p.

    Ha spiegato il ricorrente che l'avviso di conclusione delle indagini preliminari è un atto interruttivo del termine della prescrizione, ancorché non indicato esplicitamente nell'elenco di cui all'articolo 160 c.p., perché l'avvertimento che l'indagato ha facoltà di essere sottoposto ad interrogatorio, contenuto nell'avviso ex articolo 415 bis c.p.p., altro non è che l'invio a presentarsi al pubblico ministero per rendere interrogatorio - articolo 375 c.p.p. -, atto al quale l'articolo 160 c.p. ricollega l'effetto interruttivo.

    Il ricorrente ha indicato a sostegno della sua tesi due sentenze della Corte di Cassazione, la n. 305 del 17 febbraio 2005 e la n. 1450 del 16 giugno 2005.

    In conclusione, essendo stato emesso l'avviso di conclusione delle indagini all'indagato il 4 aprile 2005, notificato tra il 5 ed il 9 aprile dello stesso anno, il corso della prescrizione si sarebbe interrotto con la conseguenza che al momento della pronuncia della sentenza impugnata il reato addebitato allo Iordache non si sarebbe ancora prescritto, maturando il termine prescrizionale, per effetto dell'interruzione, soltanto il 2 dicembre 2007.

  2. Il contrasto di giurisprudenza e la questione sottoposta al vaglio delle Sezioni unite penali. - Il magistrato addetto allo spoglio presso la V Sezione penale ha rilevato un contrasto di giurisprudenza, peraltro già segnalato in precedenza dall'ufficio del Massimario, sul problema posto con il ricorso ed ha rimesso la questione al Primo Presidente della Suprema Corte, che ha assegnato la causa alle Sezioni unite penali.

    La questione sottoposta al vaglio delle Sezioni unite è, pertanto, se l'avviso all'indagato di conclusione delle indagini preliminari ex articolo 415 bis c.p.p. abbia o meno efficacia interruttiva del corso della prescrizione.

    È necessario rilevare che in tempi recenti è effettivamente sorto un contrasto di giurisprudenza sul punto in discussione.

    Tre sentenze (Cass., Sez. V penale, 11 novembre 2004, Della Calce; Cass., sez. IV penale, 3 maggioPage 842 2006, Papaveri e Cass., sez. IV penale, 29 marzo 2006, Buraschi) hanno, infatti, escluso che l'avviso ex articolo 415 bis c.p.p. potesse essere ritenuto atto interruttivo a causa, essenzialmente, della tassatività dell'elenco degli atti interruttivi della prescrizione contenuto nell'articolo 160 c.p. e del divieto di analogia in malam partem in materia penale.

    In buona sostanza le tre sentenze citate hanno confermato i principi stabiliti dalla sentenza Brembati, emessa dalle Sezioni unite penali in data 11 luglio 2001, che aveva escluso che l'interrogatorio dell'indagato effettuato dalla Polizia Giudiziaria, delegata dal pubblico ministero ex articolo 370 c.p.p. - atto non compreso nell'elenco di cui all'articolo 160 c.p. a differenza dell'interrogatorio effettuato direttamente dal pubblico ministero -, fosse atto idoneo ad interrompere il corso della prescrizione.

    Nonostante la riconosciuta sostanziale equiparabilità dei due atti, infatti, le Sezioni unite penali aveva ritenuto che, per il rispetto dovuto ai principi fondanti del diritto penale di certezza del diritto e di legalità, l'interrogatorio delegato dal pubblico ministero alla

    Polizia Giudiziaria non poteva ritenersi atto interruttivo della prescrizione del reato, costituendo l'elenco di cui all'articolo 160 c.p. un numerus clausus, integrabile dal solo legislatore, e vigendo in materia penale il divieto di interpretazione analogica in malam partem - articolo 14 delle disposizioni della legge in generale.

    Tra le altre sentenze (Cass., sez. V penale del 17 febbraio 2005, Marocco, in contrasto inconsapevole con la sentenza Brembati; Cass., sez. V penale del 16 giugno 2005, Goegan, in contrasto consapevole con la sentenza Brembati e Cass., sez. II del 10 febbraio 2006, Cameli) hanno, invece, ritenuto che l'avviso ex articolo 415 bis c.p.p. interrompesse il corso del termine prescrizionale.

    Le tre sentenze citate hanno, in buona sostanza, spiegato che quella operata non era una interpretazione analogica in malam partem perché si trattava semplicemente di constatare, evidenziare, ritenere che in sostanza l'invito del pubblico ministero a rendere interrogatorio, atto incluso nell'elenco di cui all'articolo 160 c.p., era in effetti contenuto nell'avviso di conclusione delle indagini ex articolo 415 bis notificato all'indagato, nella parte in cui contiene l'avvertimento che «l'indagato ha facoltà... di chiedere di essere interrogato».

    Le tre sentenze citate - pur negando di disattendere i principi espressi dalla sentenza Brembati, e prima ancora dalle sentenze delle Sezioni unite penali P.M. in processo Boschetti (28 ottobre 1998, rv. 211904) e P.M. in processo Munaro (16 marzo 1994, rv. 196575), e di fare, quindi, ricorso ad una interpretazione analogica o al concetto di atto equipollente, hanno comunque proceduto, seppure per via di evidenziazione e di constatazione che l'invito a rendere interrogatorio era contenuto nell'avviso di deposito ex articolo 415 bis c.p.p., ad un aggiornamento del catalogo degli atti interruttivi di cui all'articolo 160 c.p., invocando, in buona sostanza, la necessità di un coordinamento dell'articolo 160 c.p. a seguito di una sopravvenuta modifica normativa del processo penale.

  3. I motivi della decisione. - Per risolvere la questione sottoposta al vaglio delle Sezioni unite è necessario ricordare che, come è stato efficacemente rilevato dalla giurisprudenza (vedi sentenza delle Sezioni unite penali Brembati già citata) e dalla dottrina, l'istituto della prescrizione trova il suo fondamento razionale nell'interesse generale di non più perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venire meno o notevolmente attenuare l'allarme della coscienza comune e con esso ogni istanza di prevenzione generale e speciale.

    In questa ottica la prolungata inerzia dei pubblici poteri rende manifesta la volontà dello Stato di non avere più interesse a perseguire penalmente un determinato fatto-reato, con l'inevitabile conseguenza dell'estinzione del reato sancita dall'articolo 157 c.p.

    Per altro verso le norme sulla prescrizione dei reati costituiscono l'espediente di carattere formale escogitato dal nostro legislatore per realizzare quella finalità di carattere sostanziale, costituita dalla durata ragionevole del processo penale, che è tutelata dall'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo nonché oggi, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge costituzionale 14 marzo 2001 n. 89, anche dall'articolo 111 della Costituzione e che è da tali norme riconosciuta all'imputato, quale suo diritto soggettivo perfetto (così, con riferimento al solo articolo 6 del CEDU Cass. pen., 2 aprile 1986, Colussi, in Cass. pen....

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