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Rivista penale 9/2012
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CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. UN., 5 GIUGNO 2012, N. 21837
(UD. 29 MARZO 2012)
PRES. LUPO – EST. MARASCA – P.G. FEDELI (PARZ. DIFF.) – RIC. ALBERTI ED
ALTRO
Estorsione y Aggravanti y Violenza o minaccia com-
messa da più persone riunite y Presupposti y Simul-
tanea presenza di almeno due persone y Necessità.
. Ai f‌ini dell’integrazione della circostanza aggravan-
te speciale delle “più persone riunite” nel delitto di
estorsione è necessaria la simultanea presenza di non
meno di due persone nel luogo ed al momento in cui si
eserciti la violenza o la minaccia. (Mass. Redaz.) (c.p.,
art. 629) (1)
(1) Le SS.UU. penale, risolvendo il contrasto interpretativo forma-
tosi sul punto bene rappresentato in motivazione, sono giunti all’af-
fermazione di principio di cui alla massima in epigrafe sia in ragione
dell’interpretazione letterale, rispettosa del principio di legalità nel-
la duplice accezione della precisione-determinatezza della condotta
punibile e del divieto di analogia in malam partem, sia per il criterio
logico-sistematico fondato sulla ratio dell’aggravente risiedente nel
maggior effetto intimidatorio della condotta con conseguente mino-
rata possibilità di difesa della vittima.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Le sentenze di primo e secondo grado.
1.1. Daniele Bianchi, che era stato dichiarato fallito
e non poteva emettere assegni, aveva comprato da Gian-
franco Alberti diversi assegni post-datati (alcuni a f‌irma
Bonelli ed altri Gazzola), anche di conti correnti estinti,
per ottenere immediato credito con la negoziazione degli
stessi, con l’impegno di coprire gli importi degli assegni
entro la data di scadenza onde evitarne il protesto.
Un assegno a f‌irma Bonelli veniva protestato per la
mancata tempestiva copertura del Bianchi; Alberti, allora,
avanzava pretese economiche per il danno causato dal
protesto.
Iniziavano a questo punto gravi minaccie - quella di
spaccare le ossa a Bianchi ed ai suoi familiari e di deman-
dare l’incombente a persone ben più pericolose - poste in
essere direttamente da Gianfranco Alberti o tramite Gio-
vanni Chiesa, che costringevano la parte offesa a versare
all’Alberti denaro - circa quindici milioni -, a sottoscrivere
effetti cambiari anche a nome dei f‌igli, a comprare nuovi
assegni ed a consegnare, sempre all’Alberti, un furgone
Fiat Fiorino.
1.2 Per tali fatti, qualif‌icati come violazione degli artt.
110 - in concorso tra loro e con Roberti Rita, separatamen-
te giudicata -, 81 cpv. e 629, commi primo e secondo, cod.
pen., Gianfranco Alberti veniva condannato alla pena di
sette anni di reclusione e tre milioni di multa e Giovanni
Chiesa, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti
alla aggravante contestata, a quella di cinque anni di re-
clusione e due milioni di multa dal Tribunale di Piacenza
con sentenza emessa il 20 aprile 2001.
1.3. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del
16 luglio 2010, rigettava la impugnazione dell’Alberti, che
aveva chiesto la derubricazione del delitto di estorsione in
quello di cui all’art. 393 cod. pen. sul presupposto della in-
sussistenza dell’ingiusto prof‌itto e del danno del Bianchi,
avendo l’Alberti soltanto preteso la restituzione del denaro
necessario per la copertura degli assegni, che il Bianchi si
era impegnato a versare.
Negava, inoltre, la Corte territoriale che fosse ravvisa-
bile un danno per l’Alberti per il protesto degli assegni,
non essendo esso imputato il protestato.
La Corte di merito, poi, nel rigettare il relativo motivo
di gravame, riteneva sussistente l’aggravante - contestata
con il semplice riferimento al comma secondo dell’art. 629
cod. pen. - di cui all’art. 628, comma terzo, n. 1, cod. pen.,
così come richiamata dall’art. 629 dello stesso codice,
aderendo all’orientamento giurisprudenziale affermativo
della conf‌igurabilità dell’aggravante anche in ipotesi di
estorsione esercitata in via mediata, senza necessità della
presenza dei correi sul luogo dell’esecuzione, essendo suf-
f‌iciente la conoscenza, in capo alla persona offesa, della
provenienza della violenza o minaccia da più persone; e
tale era il caso di specie perché il Bianchi si era trovato
di fronte a due diversi soggetti, l’Alberti ed il Chiesa, che
in momenti diversi lo avevano minacciato per il medesimo
f‌ine.
Negata, inf‌ine, l’attenuante prevista dall’art. 62, n. 4,
cod. pen., la Corte felsinea rigettava anche le doglianze
concernenti la eccessività del trattamento sanzionatorio.
1.4. Quanto a Giovanni Chiesa la Corte di merito rigetta-
va i motivi concernenti la pretesa assenza del concorso nel
reato contestato all’Alberti, o la minima partecipazione,
basati sul presupposto della irrilevanza dell’apporto cau-
sale fornito dall’imputato alla determinazione dell’evento.
Rigettava, poi, gli altri motivi di appello di Giovanni
Chiesa, analoghi a quelli proposti da Gianfranco Alberti.
2. I ricorsi.
Avverso la decisione di secondo grado proponevano
ricorso per cassazione Gianfranco Alberti e Giovanni
Chiesa.
2.1. Gianfranco Alberti, tramite il difensore di f‌iducia,
formulava i seguenti motivi.

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