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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1239-1253

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. un., 5 ottobre 2010, N. 35738 (c.c. 27 maggio 2010) Pres. Carbone – Est. Fumu – P.M. (parz. diff.) – Ric. Calibè ed altro

RecidivaContestazioneNatura aggravante di reatoConseguenzeObbligatorietà della contestazioneApplicazione da parte del giudiceNecessitàEsclusione.

RecidivaContestazioneRecidiva reiterataEsclusione o riconoscimento da parte del giudiceEffettiFattispecie.

Applicazione della pena su richiesta delle partiSentenzaCosiddetto “patteggiamento allargato”Preclusione per i recidivi reiteratiOperativitàPregressa dichiarazione di recidivaNecessitàEsclusione.

Cassazione penaleSentenzaAnnullamento senza rinvioGiudizio successivo ad annullamento della Corte di cassazioneConseguenza dell’annullamento senza rinvio della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle partiDefinizione mediante nuovo accordoPossibilitàFattispecie.

La recidiva, operando come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole, va obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero, in ossequio al principio del contraddittorio, ma può non essere ritenuta configurabile dal giudice, a meno che non si tratti dell’ipotesi di recidiva reiterata prevista dall’art. 99, comma quinto, cod. pen., nel qual caso va anche obbligatoriamente applicata. (Nell’enunciare tale principio, la Corte ha precisato che, in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen., è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali). (c.p., art. 70; c.p., art. 99) (1)

Una volta contestata la recidiva nel reato, anche reiterata, purché non ai sensi dell’art. 99, comma quinto, cod. pen., qualora essa sia stata esclusa dal giudice, non solo non ha luogo l’aggravamento della pena, ma non operano neanche gli ulteriori effetti commisurativi della sanzione costituiti dal divieto del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti, di cui all’art. 69, comma quarto, cod. pen., dal limite minimo di aumento della pena per il cumulo formale di cui all’art. 81, comma quarto, stesso codice, dall’inibizione all’accesso al cosiddetto “patteggiamento allargato” e alla relativa riduzione premiale di cui all’art. 444, comma 1 bis, cod. proc. pen.; effetti che si determinano integralmente qualora, invece, la recidiva stessa non sia stata esclusa, per essere stata ritenuta sintomo di maggiore colpevolezza e pericolosità. (Fattispecie relativa ad istanza di cosiddetto “patteggiamento allargato”). (c.p., art. 69; c.p., art. 81; c.p., art. 99; c.p.p., art. 444) (2)

Ai fini dell’interdizione al cosiddetto “patteggiamento allargato” nei confronti di coloro che siano stati dichiarati recidivi ai sensi dell’art. 99, comma quarto, cod. pen., non occorre una pregressa dichiarazione giudiziale della recidiva che, al pari di ogni altra circostanza aggravante, non viene “dichiarata”, ma può solo essere ritenuta e applicata ai reati in relazione ai quali è contestata. (In motivazione, la Corte ha chiarito che la testuale disposizione dall’art. 444, comma 1 bis, cod. proc. pen., la quale fa riferimento a “coloro che siano stati dichiarati recidivi”, è tecnicamente imprecisa ed è stata utilizzata dal legislatore per motivi di uniformità lessicale, in quanto riferita anche ad altre situazioni soggettive che, attributive di specifici “status”, come quelli di delinquente abituale, professionale e per tendenza, richiedono un’apposita dichiarazione espressamente prevista e disciplinata dalla legge). (c.p., art. 99; c.p.p., art. 444) (3)

Nel giudizio che segue ad annullamento senza rinvio della sentenza di patteggiamento determinato dall’illegalità della pena (nella specie conseguente a erronea valutazione di prevalenza di circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, pur ritenuta sussistente), le parti sono rimesse dinanzi al giudice nelle medesime condizioni in cui si trovavano prima dell’accordo annullato e pertanto non è loro preclusa la possibilità di riproporlo, sia pure in termini diversi. (Fattispecie in tema di cosiddetto “patteggiamento allargato”, con riferimento alla quale la Corte ha ritenuto che non potesse comunque desumersi dall’erronea valutazionePage 1240 del giudice in ordine alla dichiarata subvalenza della recidiva qualificata la sua intenzione di escluderne in radice la rilevanza). (c.p.p., art. 444; c.p.p., art. 445; c.p.p., art. 620) (4)

(1) Le S.U. confermano l’orientamento assolutamente maggioritario formatosi in sede di legittimità. Tra le prese di posizioni contrarie, si veda Cass. pen., sez. IV, 11 aprile 2008, Fahir, in questa Rivista 2009, 524.

(2) Si veda Cass. pen., sez. V, 29 gennaio 2009, P.G. in proc. De Rosa, in questa Rivista 2010, 100.

(3) Cfr. Cass. pen., sez. I, 21 ottobre 2009, Costagliola, in Ius&Lex dvd n. 5/10, ed. La Tribuna, e Cass. pen., sez. I, 13 gennaio 2009, P.G. in proc. Manfredi, in questa Rivista 2009, 1444.

(4) Conformi Cass. pen., sez. I, 3 maggio 2010, P.G. in proc. Ndiaye, in Ius&Lex dvd n. 5/10, ed. La Tribuna, e Cass. pen., sez. VI, 21 febbraio 2008, Pepini, in questa Rivista 2008, 1178.

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Con sentenza in data 27 aprile 2009 il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Genova applicava ai sensi dell’art. 444 c.p.p. a Calibè Giovanni ed Esposito Paolo la pena da loro richiesta, con il consenso del pubblico ministero, in relazione alle imputazioni rispettivamente ascritte.

  2. In particolare al primo era contestato il delitto di cui agli artt. 81 cpv. c.p., 73, comma 1 bis, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 per avere, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, detenuto e ceduto a diverse persone quantitativi vari di sostanza stupefacente (eroina), con la recidiva reiterata specifica infraquinquennale; al secondo il delitto di cui all’art. 73, comma 1 bis d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 per avere detenuto alcuni quantitativi di sostanze stupefacenti di tipo diverso (eroina e metadone) destinate alla cessione a terzi, con la recidiva reiterata.

  3. Nell’accogliere le domande degli imputati il G.u.p. osservava, quanto al Calibè, che potevano essere riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche in ragione della giovane età, delle condizioni personali e sociali e del buon comportamento processuale; che la contestata recidiva, la cui applicazione è facoltativa, doveva essere esclusa in considerazione delle condizioni socioeconomiche dell’imputato, del meritevole comportamento processuale, della risalenza del precedente e della diversità dei fatti criminosi; che la pena definitiva, partendo dalla base di otto anni di reclusione e venticinquemila euro di multa, ridotta ex art. 62 bis c.p. a cinque anni e quattro mesi di reclusione e diciassettemila euro di multa, aumentata per la continuazione fino a sei anni di reclusione e diciottomila euro di multa (dunque di sei mesi di reclusione e mille euro di multa), all’esito della riduzione premiale doveva fissarsi in quattro anni di reclusione e dodicimila euro di multa.

    Quanto all’Esposito il G.u.p., ritenuta l’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73 d.p.r. n. 309/90 (“stante le non eccessive quantità di sostanza detenute, anche in relazione alla percentuale di prodotto puro”), valutata detta circostanza attenuante prevalente sulla recidiva, applicava la pena finale di un anno e otto mesi di reclusione e tremila euro di multa così come richiesta dall’imputato, il quale aveva tuttavia compreso nel calcolo anche l’aumento per la continuazione, che in realtà non risulta contestata nell’imputazione, secondo il seguente computo: pena base ex art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309/90, di due anni, tre mesi di reclusione e quattromila euro di multa, aumentata per la continuazione a due anni, sei mesi di reclusione e quattromilacinquecento euro di multa (dunque di tre mesi di reclusione e cinquecento euro di multa), ridotta quindi per il rito nella misura più su indicata.

  4. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati ed il Procuratore generale presso la Corte di appello di Genova.

  5. L’imputato Calibè denuncia, a mezzo del difensore, il vizio della motivazione osservando, testualmente, che “avuto riguardo alla spontanea costituzione la pena avrebbe dovuto essere inflitta in misura congruamente ridotta”.

  6. Anche l’imputato Esposito, con ricorso personale, deduce il vizio motivazionale rilevando come “non siano state esplicitate le ragioni per le quali è stata ritenuta corretta … la prospettazione delle parti in ordine all’entità della pena inflitta”.

  7. Il Procuratore generale denuncia:

    I - vizio della motivazione (“erronea e mancante”); travisamento del fatto e delle condizioni personali del Calibè.

    Deduce il ricorrente, con riferimento alla posizione di quest’ultimo, come non possa condividersi la valutazione favorevole, effettuata dal giudice ai fini dell’esclusione dell’aumento per la recidiva, delle condizioni “socio-economiche” dell’imputato, il quale svolgeva attività illecita foriera di profitto rilevante; del suo comportamento processuale, già premiato dalla legge per la scelta del rito semplificato e reso necessario, quanto alla confessione, dall’arresto in flagranza; nonché dei suoi precedenti penali, erroneamente ritenuti risalenti e di natura diversa; rileva, altresì, come allo stesso modo ingiusto, immotivato e contraddittorio si...

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