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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine839-842

Page 839

@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. un., 30 giugno 2010, n. 24476 (ud. 22 aprile 2010). Pres. Gemelli – Est. Carmenini – P.M. Ciani (diff.) – Ric. Gagliardi

Pena – Pene pecuniarie – Sostituzione della pena detentiva – Condizioni economiche disagiate del condannato – Presunzione di inadempimento – Ammissibilità della sostituzione – Limiti.

La sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria, a norma dell’art. 58 della legge 24 novembre 1981 n. 689, è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la presunzione di inadempimento, ostativa in forza del secondo comma dell’articolo citato, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni (semidetenzione o con la libertà controllata), e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna prescrizione particolare. (Mass. Redaz.) (l. 24 novembre 1981, n. 689, art. 58) (1)

    (1) Le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, dirimono un contrasto giurisprudenziale tra diverse scuole di pensiero. Si rinvia ai precedenti citati in motivazione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10 gennaio 2007, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avellino condannava Antonio Gagliardi alla pena di sei mesi di reclusione, condizionalmente sospesa, ritenendolo colpevole del reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. contestato al capo A) della rubrica (falso materiale relativo ad una carta d’identità e a un tesserino di codice fiscale); lo assolveva dal reato di cui all’art. 468 cod. pen. contestato sempre al capo A) e dai reati contestati al capo B) per insussistenza del fatto.

Sul gravame proposto dalla difesa, la Corte d’appello di Napoli confermava il decisum del primo giudice, con sentenza del 14 novembre 2008, oggetto del presente ricorso per cassazione.

I fatti in contestazione traevano origine dal protesto bancario per un assegno di 2.000,00 euro, emesso all’ordine di Musto Giovanni, agente assicurativo, ed elevato a carico di Gagliardo Antonio, che aveva acceso un conto corrente presso l’agenzia di Baronissi della Banca della Campania, esibendo, all’atto dell’apertura, la carta d’identità ed il codice fiscale di cui all’imputazione, nonché una busta paga attestante l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con un’impresa locale, denominata “Millennium”.

Le indagini svolte avevano evidenziato che tutti i documenti presentati dal sedicente Gagliardo erano falsi e che nessuna persona corrispondente a quel nominativo risultava essere dipendente della citata impresa “Millennium”; avevano, poi, consentito di individuare nell’odierno imputato l’autore dei fatti descritti.

Confermato il giudizio di colpevolezza, la Corte territoriale, così si esprimeva con riferimento al trattamento sanzionatorio: “Appare destituita di fondamento la doglianza finale quanto al contemperamento della pena all’entità del fatto: si osserva invero che la sanzione è stata determinata pressoché nel minimo (ad onta di una condotta di reato grave preordinata alla commissione di altri illeciti, in primis la truffa aggravata) e che comunque è proporzionata all’offesa arrecata al bene giuridico della pubblica fede, riguardando il documento d’identità personale. Non vanno considerate le richieste ulteriori (conversione della pena detentiva in pena pecuniaria) non essendo prevedibile, date le condizioni economiche dell’appellante ammesso al patrocinio gratuito e data anche la modalità di commissione del fatto, che onori puntualmente il pagamento della sanzione convertita”.

Il ricorso per cassazione proposto dal difensore dell’imputato verte soltanto sul diniego di conversione della pena detentiva con la pena pecuniaria della specie corrispondente, con contestuale revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena; non sono, quindi, contestati né il giudizio di colpevolezza, né l’entità della pena inflitta.

L’impugnazione poggia sull’assunto che la Corte d’appello di Napoli, pur non essendo specificato nella motivazione, ha ritenuto di applicare il disposto del terzo comma dell’art. 58 (recte: secondo comma) della L. n. 689 del 1981, il quale espressamente prevede che il giudice non possa sostituire la pena detentiva, quando presume che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato.

Sulla base di questo assunto, il ricorrente articola, sostanzialmente, due motivi: “a) violazione di legge per falsa interpretazione...

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