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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. un., 10 febbraio 2010, n. 5385 (ud. 26 novembre 2009). Pres. Gemelli – Est. Giordano – P.M. Palombarini (conf.) – Ric. D’agostino

Violazione di sigilli - Elemento oggettivo - Sigillo apposto per impedire l’uso illegittimo della cosa - Violazione - Configurabilità del reato - Fondamento

Il reato di violazione di sigilli (art. 349 c.p.) è configurabile anche quando la condotta tipica abbia riguardo a sigilli apposti per impedire l’uso illegittimo della cosa e non solo quando gli stessi siano stati apposti per assicurarne la conservazione o l’identità. (Mass. Redaz.) (C.p., art. 349) (1)

(1) Con la pronuncia in epigrafe le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto ormai decennale sorto in sede di legittimità aderendo alla soluzione data dall’orientamento prevalente. In motivazione vengono rappresentati esaurientemente i due contrapposti indirizzi giurisprudenziali.

@@Svolgimento del processo

Con sentenza in data 31 gennaio 2005 il Tribunale monocratico di Messina ha dichiarato Emma D’Agostino colpevole del reato di cui all’art. 349 cpv. c.p. per avere il 26 febbraio 2003 violato, nella qualità di custode, i sigilli apposti il 13 agosto 2002 per ordine dell’autorità amministrativa (la Sezione annona e polizia amministrativa della locale Polizia municipale) alla macchina del caffè e ad una scaffalatura di esposizione di bevande in un esercizio di ritrovo, sito in Ganzirri, nel quale si effettuava attività di somministrazione di alimenti e bevande senza la prescritta autorizzazione; e l’ha condannata alla pena ritenuta di giustizia.

La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Messina con sentenza in data 14 marzo 2008.

Contro quest’ultima pronuncia la D’Agostino ha proposto ricorso per cassazione con il quale deduce erronea applicazione dell’art. 349 c.p., sull’assunto che non sarebbe configurabile il reato di violazione di sigilli quando questi sono apposti non per assicurare la conservazione o l’identità della cosa, come enunciato dalla norma incriminatrice, bensì per impedire la prosecuzione di un’attività illegittima.

La III Sezione, cui il ricorso era stato assegnato, con ordinanza in data 23 giugno 2009 lo ha rimesso alle Sezioni Unite rilevando l’esistenza di due contrapposte letture interpretative della norma.

Secondo l’orientamento, largamente prevalente, cui i giudici del merito si sono uniformati (Sez. VI 11 dicembre 1969 n. 2401, Del Giudice, rv.114.231; Sez. VI 22 febbraio 1984 n. 4943, Cioce, rv.164.495; Sez. VI 16 aprile 1986 n. 10666, Ventimiglia, rv.173.903; Sez. VI 28 aprile 1993 n.7961, Di Filippo, rv.194.900; Sez. III 10 luglio 2001 n. 36210, Arcieri, rv.220.345; Sez. III 28 gennaio 2003 n. 10267, Buonfiglio Tanzarella, rv.224.348; Sez. III 26 novembre 2003 n. 2600/04, Biondo, rv.227.398; Sez. III 12 gennaio 2007 n. 6417, Battello, rv.236.178; Sez. III 5 luglio 2007 n. 34151, Ascolese, rv.237.370; Sez. III 3 aprile 2008 n.19722, Palomba, rv.240.037) l’oggetto giuridico del delitto di violazione di sigilli va individuato nella tutela della intangibilità della cosa rispetto ad ogni atto di disposizione o di manomissione, dovendosi ricondurre alla finalità di assicurarne la...

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