Considerazioni sulla responsabilità penale del responsabile del servizio di prevenzione
Autore | Elena Del Forno - Roberto Rovero |
Pagine | 668-673 |
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giur
7-8/2015 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
4. In continuità con tale sviluppo legislativo, l’art. 32 del
D.L.vo 9 aprile 2008, n. 81 (la cui rubrica reca “Capacità e
requisiti professionali degli addetti e responsabili dei ser-
vizi di prevenzione e protezione interni ed esterni”) fissa
al comma 2 quali sono gli specifici requisiti necessari “per
lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui
al comma 1”. Risulta così inequivoco quali siano le condi-
zioni soggettive richieste alla persona nominata come re-
sponsabile, condizioni che la legge ritiene necessarie “per
lo svolgimento” delle funzioni oggetto dell’incarico. Con il
chè si può affermare che l’assenza dei requisiti soggettivi
necessari rende la designazione inefficace perché incapa-
ce di offrire la necessaria e richiesta tutela agli interessi
protetti, interessi che coinvolgono il diritto del lavoratore
alla salubrità e sicurezza del lavoro e, in ultima istanza, il
suo diritto alla salute.
5. Venendo alla disciplina sanzionatoria, gli artt. 55 e
seguenti del D.L.vo 9 aprile 2008, n. 81 sostituiscono gli
artt. 89-94 del 626/1994 secondo una struttura di fattispe-
cie che la dottrina non ha esitato a definire “disarticolata
e carente di un ordine preciso”. Nonostante tali limiti, può
osservarsi che il mancato richiamo all’art. 32 nella previ-
sione dell’art. 55, comma 1, lett. b), non lascia dubbi circa
il significato complessivo della fattispecie.
L’art. 55, comma 1, lett. b), infatti, sanziona l’ipotesi
che il datore di lavoro non provveda ai sensi dell’art. 17,
comma 1, lett. b). Tale ultima disposizione prevede la non
delegabilità dell’atto di designazione del responsabile del
servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
6. Si tratta di obbligo il cui rispetto deve essere valutato
in relazione alle definizioni contenute nell’art. 2, comma
1, lett. g) e lett. l) della medesima legge. Se la lett. l) de-
finisce il “servizio di prevenzione e protezione dai rischi”
come “l’insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o
interno all’azienda finalizzati” alla tutela dei lavoratori dai
rischi, la lett. e) chiarisce che l’addetto a tale servizio è
“persona in possesso delle capacità e dei requisiti profes-
sionali di cui all’art. 32”.
7. Dall’insieme di queste disposizioni emerge in modo
inequivoco che l’unico modo per Il datore di lavoro di ri-
spettare l’obbligo ex art. 17, comma 1, lett. b), è quello di
incaricare una persona in possesso dei requisiti previsti
dagli artt. 2 e 32 della medesima legge, con la conseguenza
che la nomina di persona inidonea comporta in radice la
violazione dell’obbligo e deve essere considerata ineffica-
ce. In tali termini la violazione assume rilevanza ai fini
dell’applicazione dell’art. 55 sopra ricordato.
8. Del resto, solo l’interpretazione qui adottata si pre-
senta rispettosa della disciplina contenuta nella Direttiva
citata e dell’interpretazione che del regime comunitario
ha dato, con efficacia vincolante, la Corte di Giustizia nella
sentenza citata. Il chè impone di considerare l’art. 55 del
D.L.vo 9 aprile 2008, n. 81 in continuità con la previsione
degli artt. 4 e 8 bis e dell’art. 89 del 626/1994.
9. Così fissato il principio interpretativo che forma
oggetto del primo, e infondato, motivo di ricorso, la Corte
rileva che la valutazione in ordine alla inadeguatezza dei
requisiti della persona incaricata della sicurezza deve es-
sere particolarmente attenta e non spingersi, in una mate-
ria complessa come quella della formazione e della profes-
sionalità dell’incaricato, fino ad adottare criteri valutativi
opinabili che rendano incerta l’applicazione della legge da
parte dei suoi destinatari.
10. La Corte ritiene che nel caso in esame il giudicante
non sia incorso in violazione dell’obbligo di prudente ap-
prezzamento ora delineato. L’articolata motivazione sul
punto non si palesa né incoerente né palesemente illogica.
Il Tribunale, infatti, ha preso in esame i titoli e i requisiti
della persona incaricata e ne ha valutata con specifici ar-
gomenti la inadeguatezza rispetto alla previsione di legge,
così formulando un giudizio di merito che non può essere
oggetto di censura da parte del giudice di legittimità
11. Alla luce delle considerazioni fin qui esposte il
ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato,
ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del
presente grado di giudizio. (Omissis)
consIderazIonI
sulla responsabIlItà
penale del responsabIle
del servIzIo dI prevenzIone
di Elena Del Forno, Roberto Rovero
La decisione in commento offre lo spunto per ripercor-
rere gli orientamenti giurisprudenziali in tema di respon-
sabilità penale del responsabile del servizio di prevenzione
e protezione e per fare il punto sulle significative modifiche
normative che si sono registrate nell’ultimo decennio.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20682 del
2014, ha affermato che viola il disposto normativo non
solo il datore di lavoro che non nomini il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione ma anche il datore di
lavoro che a tal fine incarichi una persona inidonea, os-
sia non in possesso dei requisiti richiesti dagli art. 2 e 32
D.L.vo 81/08 giacché una nomina di tal genere deve essere
considerata inefficace.
In altre parole, i requisiti professionali del responsabi-
le del servizio di prevenzione e protezione sarebbero una
condizione della sua efficace designazione da parte del
datore di lavoro.
Ripercorriamo brevemente il ragionamento della Corte.
L’interessante punto di partenza è proprio una modifica
normativa, peraltro non recentissima.
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