Considerazioni in merito a Cass. pen. 23 luglio 2013, n. 31950

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giur
Rivista penale 9/2014
LEGITTIMITÀ
gislatore, nel secondo comma dell’art. 253 c.p.p.; per esse,
invero, il rapporto con il reato non è mediato dalla f‌inalità
della prova, ma è immediato, tant’è che in via generale ne
è prevista la conf‌isca.
Può, quindi, affermarsi che “in tema di misure cautelari
reali, costituisce sequestro penale obbligatorio quello del
corpo del reato che mira a sottrarre all’indagato tutte le
cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato com-
messo, nonché le cose che ne costituiscono il prodotto,
il prof‌itto e il prezzo. Sotto tale aspetto, il sequestro del
corpo di reato non ha nulla a che vedere con il sequestro
delle cose pertinenti al reato, che è, invece, facoltativo e
presuppone la tutela delle esigenze probatorie”.
Ciò stabilito, va ancora precisato che “In tema di seque-
stro probatorio di cose costituenti corpo di reato, se è vero
che non è necessario offrire la dimostrazione della neces-
sità del sequestro in funzione dell’accertamento dei fatti,
atteso che la esigenza probatoria del corpus delicti è in
re ipsa, è anche vero che, ai f‌ini della qualif‌icazione come
corpo di reato delle cose in sequestro, il provvedimento
deve dare concretamente conto della relazione di imme-
diatezza descritta nel comma secondo dell’art. 253 c.p.p.
tra la res e l’illecito penale”.
Ne consegue che nel provvedimento di sequestro pro-
batorio del corpo di reato non è suff‌iciente la mera indica-
zione delle norme di legge violate, ma occorre anche che
sia individuato il rapporto diretto tra cosa sequestrata e
delitto ipotizzato, e che, quindi, siano descritti gli estremi
essenziali di tempo, di luogo e di azione del fatto, in modo
che siano specif‌icati gli episodi in relazione ai quali si
ricercano le cose da sequestrare.
Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie ove, nel de-
creto di sequestro probatorio emesso dal P.M., si dispone il
sequestro “in originale” dell’assegno bancario INTESA SAN
PAOLO datato Sassari 30 settembre 2010 di € 21.669,18
avente il n. 8917798500/08 in favore di Demie Agnese,
ovunque esso si trovi in quanto corpo di reato, dopo aver
inserito l’integrale capo d’imputazione e dopo aver così
evidenziato - peraltro in maniera specif‌ica e completa -
la condotta contestata all’imputato dalla quale emergeva
come il delitto di appropriazione indebita fosse stato com-
messo mediante l’assegno in questione.
Sotto questo prof‌ilo la motivazione del decreto di seque-
stro non può considerarsi assente e non erano necessarie
ulteriori specif‌icazioni, f‌inalizzate ad illustrare le succes-
sive indagini che il P.M. intende porre in essere.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento
che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve
essere condannato al pagamento delle spese del procedi-
mento. (Omissis)
consideRazioni in MeRito
a cass. pen. 23 luglio
2013, n. 31950
di S. B.
L’art. 253, comma 1, c.p.p. stabilisce che «L’autorità
giudiziaria dispone con decreto motivato il sequestro del
corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie
per l’accertamento dei fatti». Il comma 2 del medesimo ar-
ticolo precisa che «Sono corpo del reato le cose sulle quali
o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le
cose che ne costituiscono il prodotto, il prezzo, il prof‌itto».
La sentenza in esame, valorizzando la formulazione
letterale dell’art. 253, evidenzia che il requisito della «ne-
cessità per l’accertamento dei fatti» richiesto dalla norma
soltanto per il sequestro delle cose pertinenti al reato, non
anche per il sequestro delle cose che, secondo la def‌inizio-
ne fornita dal comma 2, costituiscono corpo del reato, per
trarne la conseguenza sistematica che quest’ultimo è sem-
pre obbligatorio, anche a prescindere da f‌inalità di prova,
poiché mira a sottrarre all’indagato «le cose sulle quali
o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le
cose che ne costituiscono il prodotto, il prezzo, il prof‌itto»;
diversamente, soltanto il primo postula una valutazione
discrezionale dell’A.G. procedente quanto alla necessità
della res per l’accertamento dei fatti oggetto di indagine.
In considerazione di ciò, si è ritenuto che il sequestro
del corpo del reato non abbia nulla a che vedere con il
sequestro delle cose pertinenti al reato, che è facoltativo e
presuppone la tutela delle esigenze probatorie.
Viene in tal modo riproposto un orientamento diffuso
nei primi anni di applicazione del nuovo codice di rito, ma
successivamente superato.
La communis opinio ritiene che il sequestro previsto
dall’art. 253 c.p.p. (quale che ne sia l’oggetto) soddisf‌i
esigenze di tipo probatorio, e lo distingue dalle altre due
f‌igure di sequestro, previste dall’art. 316 c.p.p. (sequestro
conservativo) e dall’art. 321 c.p.p. (sequestro preventivo),
che hanno natura cautelare. Sia il sequestro probatorio che
quello preventivo possono avere ad oggetto il corpo del rea-
to e cioè cose che, per la stessa def‌inizione datane dal legi-
slatore nell’art. 253, comma 2, c.p.p., sono per loro natura
suscettibili di conf‌isca ai sensi dell’art. 240 c.p. (così Cass.
pen., sez. V, 6 maggio 1992, n. 1170, CED Cass. n. 190827).
Per la distinzione tra sequestro probatorio e sequestro
preventivo cfr. anche Cass. pen., sez. II, sentenza n. 1102
del 15 aprile 1992, CED Cass. n. 190824, per la quale il se-
questro probatorio ed il sequestro preventivo perseguono
scopi diversi, in quanto il primo è diretto all’acquisizione
delle prove, mentre il secondo è diretto ad evitare che le
conseguenze del reato siano aggravate o protratte ovvero

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