Attività sportive e rischio consentito: il caso della condotta illecita durante una partita calcistica amichevole

AutoreRomina Cauteruccia
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@1. La questione

- Con la sentenza in commento, la Cassazione conferma il principio già affermato in dottrina e in giurisprudenza, in base al quale «configura un illecito penale la condotta di un calciatore che, nel corso di una partita a livello dilettantistico, provoca lesioni gravi ad un avversario, commettendo ai suoi danni un fatto volontario di tale durezza da esporlo ad un rischio superiore a quello accettabile dal partecipante a tale genere di competizione, non potendo in tale caso operare l'esimente del consenso dell'avente diritto».

In concreto il fatto riguardava la condotta di un calciatore in una partita di calcio che si teneva in modo amichevole tra compagni di scuola, consistita nello sgambetto involontario, cioè nell'azione di contrasto di gioco nell'atto di recuperare la palla finita fuori campo.

@2. La responsabilità penale sportiva

- La giurisprudenza di legittimità si era già orientata in questo senso, graduando il giudizio di responsabilità in base alla diversificazione tra svolgimento di una gara e di un allenamento, laddove si dovrà pretendere un grado di cautela e cura particolarmente elevato nel secondo e meno elevato nell'ambito della prima.

Tanto più nel caso de quo, considerato che la partita di calcio si svolgeva in ambito amichevole.

Pertanto non è in alcun modo ipotizzabile il gioco pericoloso, consistito nello sgambetto, cioè nell'«azione di chi incrociando il proprio piede con le gambe dell'avversario tenta di farlo cadere per arrestare irregolarmente l'azione».

Le più recenti conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza penale, tendono a ritenere l'evento lecito «in virtù di una presunzione di caso fortuito, ossia di imprevedibilità di esso, data l'osservanza delle regole del gioco»1.

Ora, tale principio non può applicarsi a priori alla pratica sportiva amichevole o amatoriale, nella quale il c.d. «rischio consentito» di subire lesioni gravi, con effetti permanenti, come nel caso de quo, non solo non è preventivato, ma neppure accettato in assenza di una competizione agonistica.

D'altro canto sarebbe un'evidente forzatura presumere il consenso di ogni atleta al rischio di danni fisici derivanti dalla violazione delle regole del gioco.

Non da ultimo, occorre considerare che sul piano fattuale, un procedimento penale si incardinerà con scarse probabilità, per effetto della mancata presentazione della querela da parte della parte lesa (con eccezione dell'ipotesi in cui le lesioni siano dolose o il...

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