Consenso informato e responsabilità penale

AutoreDanilo Riponti
Pagine775-777

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Il delicato tema della responsabilità penale connessa alla violazione del consenso informato, costituisce una delle problematiche di maggiore attualità nell'ambito della responsabilità del medico. In effetti di recente la Suprema Corte di Cassazione, superando pregresse posizioni assolutamente gravose in relazione alla responsabilità del medico, ha elaborato una serie di pronunce di particolare interesse senza tuttavia esprimersi a Sezioni unite e conseguentemente lasciando un notevole ed inquietante dubbio in relazione alla effettiva rilevanza penale in relazione alla violazione del consenso informato del paziente o nel caso in cui il medico presti il proprio operato malgrado l'espresso dissenso del paziente medesimo.

In relazione al tema della nostra analisi, va preliminarmente analizzata la natura giuridica del consenso informato. Trattasi di un diritto personalissimo della persona, che si fonda sugli artt. 2, 13, 32 della Costituzione italiana, per cui «ogni trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il suo consenso libero e informato».

Una tale definizione, estrapolata dall'art. 5 della Convenzione di Orvieto, recepita e ratificata nel nostro ordinamento giuridico con la legge 145 del 2001, si richiama in modo speculare al comma secondo dell'art. 32 della Costituzione italiana, in base al quale «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».

In effetti l'art. 32 della Carta costituzionale appare connotato da due anime, l'una espressa nel comma primo, che esalta l'indisponibilità del bene della vita e la funzione sociale dell'integrità della salute «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»; l'altra, emerge invece nel citato comma secondo, che esalta i diritti individuali e liberistici di autodeterminazione della persona.

Il consenso informato postula un rapporto reale e non solo apparente o cartaceo tra medico e paziente: il medico deve chiarire la natura dell'intervento medico e chirurgico, la sua portata ed estensione, i risultati conseguibili, i rischi e le possibili conseguenze negative, la possibilità di ottenere risultati identici o simili mediante altri tipi di intervento, e i loro rischi connessi. In base e a seguito dello stesso, cioè, il paziente deve poter valutare ogni rischio o alternativa e aderire in modo effettivo e partecipato all'intervento del medico.

Il rapporto che si instaura tra i due, quindi, deve rigettare il c.d. «criterio paternalistico», per cui il medico decide in autonomia, secondo la propria scienza ed etica, le migliori scelte terapeutiche...

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