Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto: la colpevolezza torna a svolgere il suo ruolo primario in tema di responsabilità penale

AutoreVincenzo Musacchio
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L’art. 586 c.p. stabilisce che quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’articolo 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate.

Nella fattispecie in esame può non esservi coincidenza tra il soggetto passivo del delitto voluto e quello del risultato offensivo effettivamente realizzato. Con l’art. 586 c.p. si realizza, in sostanza, un’ipotesi specifica dell’aberratio delicti contemplata e disciplinata dal codice penale all’art. 83. La risposta sanzionatoria è quella prevista per l’omicidio e le lesioni colpose dagli artt. 589 e 590 c.p. con pene aumentate.

Il profilo più problematico della fattispecie incriminatrice de quo è quello della individuazione del criterio d’attribuzione della responsabilità per il risultato offensivo maggiore sotto il profilo psicologico.

Un primo orientamento dottrinale ritiene che il risultato offensivo maggiore sia posto a carico dell’agente sul mero piano della causalità materiale, senza alcuna indagine in ordine al coefficiente psicologico effettivo (salvo indagare se sussista un’accettazione del rischio dell’evento lesivo maggiore con la conseguente imputazione a titolo di dolo eventuale per il fatto di reato più grave). È chiaro che si tratta dell’impostazione teorica che pone i maggiori problemi di compatibilità con i principi costituzionali di responsabilità personale colpevole e del finalismo rieducativo della pena.

Per una seconda impostazione dottrinale, il criterio d’attribuzione della responsabilità sotto il profilo psicologico per l’evento offensivo maggiore, sarebbe quello della colpa, ma la colpa sarebbe presunta ed insita nella violazione della norma penale.

Altra parte della dottrina ritiene, invece, che tale evento ulteriore possa essere posto a carico dell’agente solo laddove sia prevedibile od evitabile e, quindi, gli sia imputabile a titolo di colpa.

La Suprema Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 22676/09 depositata il 29 maggio fornisce finalmente l’interpretazione autentica dell’art. 586.

Abbandonata la teoria della responsabilità oggettiva e della sufficienza del solo nesso causale tra il fatto doloso (cessione di droga) e l’evento non voluto (decesso del tossicodipendente), ora si risponde solo se la morte è in concreto prevedibile. Nel caso di decesso dell’acquirente verificatosi in seguito all’assunzione di droga, la...

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