La confisca nelle misure di prevenzione

AutoreGaspare Jucan Sicignano
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1. Il dibattito sulla confisca

La confisca rappresenta indubbiamente uno degli istituti più discussi del moderno dibattito giuridico.

Ciò, soprattutto, in ragione della variegata natura giuridica con cui può presentarsi, stante il monito della Corte Costituzionale che l’ha ormai definita come “la fattispecie che, pur individuando il suo contenuto nella privazione di beni economici, può essere disposta per diversi motivi ed indirizzata a varie finalità, sì da assumere natura e funzione di pena o di misura di sicurezza ovvero di misura giuridica civile o amministrativa” (cfr. Corte Costituzionale sent. n. 29 del 1961; ex pluris n. 46 del 1969).

Dove, tuttavia, il dibattito sulla confisca ha conosciuto i maggiori punti di criticità è nell’ambito delle misure di prevenzione, “avuto riguardo, in particolare, alla esatta individuazione della natura del provvedimento di confisca ed alla “ratio” sottesa al suo inserimento nell’ambito del preesistente procedimento di prevenzione” (cfr. Cass. pen., sez. un. 17 luglio 1996, n. 18, in Riv. pen. 1996, 947).

2. Le misure di prevenzione patrimoniali

Le misure di prevenzione sono quelle misure social preventive “ante o preater delictum”, applicabili ai soggetti pericolosi prima della commissione di reati o a prescindere dalla avvenuta commissione degli stessi.1

È stato più volte evidenziato, infatti, che il relativo procedimento ha ad oggetto l’accertamento della pericolosità “ante delictum” del soggetto, ovvero quella che si esprime attraverso “comportamenti sintomatici” di varia natura, non definiti tassativamente.

Proprio in ragione di ciò, esse si distinguono dalle misure di sicurezza, che invece presuppongono la necessaria commissione di un reato e l’accertamento di una pericolosità cd. “post delictum”.2 Si parla, quindi, tra gli operatori del diritto, di una “natura - almeno prevalentemente - preventiva dell’istituto in commento, nel senso che la finalità è quella di scoraggiare, o rendere più difficile, la commissione di reati attraverso l’esercizio di controlli di polizia e la espoliazione dei beni di sospetta provenienza illecita”.3 Anche se, secondo parte della dottrina, nelle misure in commento è, altresì, prevalente la funzione sanzionatoria, assumendo il giudizio di prevenzione una doppia funzione: “retrospettiva-retributiva con riferimento alle manifestazioni pregresse di pericolosità e prognosticapreventiva con riferimento alla probabilità, desunta da elementi di fatto, che il soggetto possa commettere reati”.

Nell’ambito di ciò, pertanto, inerisce la problematica riguardante le misure di prevenzione patrimoniali, le quali - secondo quanto più volte evidenziato dalla dottrina e da una certa giurisprudenza - non sono indirizzate “tanto a colpire il soggetto pericoloso che ha illecitamente acquisito beni nel proprio patrimonio, quanto a sottrarre definitivamente i beni di origine illecita dal circuito giuridico e dai traffici economici del soggetto”.4 Esse costituiscono un efficace strumento di contrasto all’arricchimento illecito e all’accumulo di consistenti patrimoni mafiosi da parte di affiliati a organizzazioni criminali.

3. Presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali

È ormai noto che le misure di prevenzione sono disciplinate da regole difformi rispetto a quelle che governano il processo penale, costituendo, nel nostro ordinamento giuridico, un binario parallelo rispetto al più noto sistema processualpenalistico.5

Ciò che caratterizza il sottosistema in esame è il livello probatorio più basso rispetto a quello richiesto per la affermazione di responsabilità in sede penale, sostenendosi unanimemente che, mentre per l’applicazione di una misura di prevenzione è sufficiente la ricorrenza di “indizi”, per l’affermazione di responsabilità penale è necessaria l’acquisizione di “prove”.

Si ritiene, invero, che ciò che costituisce la “forza” delle misure di prevenzione e ne determina la particolare “efficacia” consiste proprio nell’alleggerimento del carico probatorio sulla accusa, sia in relazione al profilo della pericolosità, sia in relazione al rapporto di pertinenzialità al reato del bene.

Di conseguenza, ai fini dell’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale, si rileva doveroso dimostrare l’esistenza, seppur in maniera meramente indiziaria, di una lunga serie di presupposti, sia di natura soggettiva che oggettiva.

Da un punto di vista soggettivo, il giudizio non può che riferirsi alla pericolosità sociale del proposto,6 intendendosi con tale concetto “quel giudizio che involge l’intera personalità del proposto e che si conclude con l’affermazione della probabilità che lo stesso compia nel futuro quelle attività antisociali e ponga in essere quei comportamenti/modi di vita che la legge riconosce idonei all’applicazione della misura, in funzione di prevenzione”.7

Da un punto di vista oggettivo, invece, assume interesse privilegiato il giudizio circa l’origine illecita dei beni del proposto. Si sostiene, invero, che “nel caso della prevenzione, il provvedimento di confisca non colpisce mai beni

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oggettivamente pericolosi, ma che vanno considerati tali per essere, in senso ampio, il frutto di attività illecita”.8

L’art. 2 ter della legge n. 575/65 si limita a disporre che deve essere ordinata la confisca “dei beni sequestrati dei quali la persona, nei cui confronti è istaurato il procedimento, non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica e giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica nonché dei beni che risultano essere frutto di attività illecite o ne costituiscono il reimpiego”.

Sempre in ambito oggettivo, si rileva, altresì, necessario dimostrare la sussistenza di sufficienti indizi in ordine alla disponibilità dei beni da parte del proposto.

4. Le recenti modifiche normative, ad opera del cd...

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