Dalla corte costituzionale una condivisibile (per quanto sofferta) risposta ai dubbi di legittimità sulla disciplina transitoria della legge «ex-cirielli»

AutoreMario De Giorgio
Pagine156-158

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Con la sentenza in commento, la Corte costituzionale affronta il delicatissimo problema dell'impatto della legge n. 251 del 2005 (c.d. ´ex-Cirielliª, dal nome del suo ex primo firmatario) sulla disciplina della prescrizione del reato.

L'attenzione della Consulta, in particolare, si è incentrata sulla disposizione transitoria di cui al terzo comma dell'art. 10 della legge de qua, in base alla quale ´se, per effetto delle nuove disposizioni, i termini di prescrizione risultano più brevi, le stesse si applicano ai procedimenti e ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché dei processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazioneª.

Orbene, a destare immediate perplessità in dottrina 1 era stata soprattutto la scelta del legislatore di individuare nella dichiarazione di apertura del dibattimento il discrimine temporale per l'applicazione - ai procedimenti ed ai processi pendenti in primo grado - dei nuovi e più favorevoli 2) termini prescrizionali.

La giurisprudenza, a sua volta, si era espressa in termini contrastanti sul punto: alcune pronunce, infatti, avevano ritenuto la disciplina transitoria dettata dalla legge ´ex-Cirielliª pienamente compatibile al dettato costituzionale 3; altre (fra cui anche quella del rimettente) 4, viceversa, ne rilevavano la contrarietà della Costituzione sotto vari profili (con conseguente rimessione alla Consulta delle relative questioni di legittimità) 5 6.

La decisione del giudice delle leggi era pertanto quanto mai attesa e non vi è dubbio sul fatto che il suo ´partoª si sia rivelato particolarmente travagliato.

Dopo un primo rinvio dell'udienza camerale del 7 giugno, infatti, la questione è stata affrontata nel corso dell'udienza camerale dell'11 ottobre; il deposito della sentenza in cancelleria è avvenuto solo il 23 novembre, mentre il contenuto della decisione era conosciuto fin dal 23 ottobre, data in cui uno scarno comunicato dell'ufficio stampa della Corte aveva reso noto l'esito della camera di consiglio nonché la richiesta del giudice relatore, il prof. Flick, di essere esentato dalla redazione della sentenza 7.

Ebbene, l'aver fatto precedere il deposito della sentenza da un comunicato stampa è apparsa una scelta piuttosto singolare, poiché ha prodotto come immediata conseguenza quella di collocare in una sorta di ´limboª tutti i processi potenzialmente interessati dalla decisione della Consulta. Ai sensi del primo comma dell'art. 30 della legge n. 87 del 1953 8, infatti, ´la sentenza che dichiara l'illegittimità costitu- Page 157 zionale di una legge... entro due giorni dal suo deposito in cancelleria è trasmessa, di ufficio, al Ministro di grazia e giustizia... affinché si proceda immediatamente e, comunque, non oltre il decimo giorno, alla pubblicazione del dispositivo della decisioneª. Gli effetti della decisione della Corte, pertanto, si producono - come precisa il quarto comma dello stesso art. 30 - dal giorno successivo al deposito delle relative motivazioni in cancelleria ed un mero comunicato stampa (antecedente a tale deposito) non sembra poter determinare effetti giuridici 9. A ciò si aggiunga l'espressa richiesta del giudice relatore di essere esen tato dalla redazione della sentenza, chiaro sintomo di una profonda spaccatura all'interno della Consulta in ordine alla decisione da adottare 10.

Tanto premesso, e senza alcuna pretesa di esaustività (l'argomento, in virtù delle molteplici sfaccettature che lo caratterizzano, necessita infatti di ulteriori approfondimenti), si può ritenere che i punti salienti della sentenza n. 393 del 2006 consistano essenzialmente:

a) nell'affermazione del principio secondo cui la locuzione ´disposizioni più favorevoli al reoª si riferisce a tutte quelle norme che apportano modifiche in melius alla disciplina di una fattispecie criminosa, ivi comprese quelle che incidono sulla prescrizione del reato;

b) nella precisazione che il secondo comma dell'art. 25 Cost. concerne solo il principio di irretroattività delle norme incriminatrici e di quelle sfavorevoli, ma non anche quello di retroattività della lex mitior;

c) nell'ulteriore precisazione che, ad ogni modo, il principio di retroattività della legge più favorevole può essere derogato dalla legge ordinaria solo in presenza di una sufficiente ragione giustificativa, pena la violazione dell'art. 3 Cost.

Il principio enunciato sub a) appare, secondo la Consulta, ´coerente con la natura sostanziale della prescrizioneª 11, giacché il decorso del tempo non si limita ad estinguere l'azione penale, ma determina anche il venir meno dell'interesse stesso dello Stato ad esercitare la pretesa punitiva; tale soluzione trova ampio conforto nella giurisprudenza della stessa Corte costituzionale 12 ed in quella di legittimità 13. Anche la dottrina, sin dal momento dell'entrata in vigore della legge ´ex-Cirielliª, aveva evidenziato come risultasse ´scontata la riconduzione delle previsioni in tema di prescrizione tra quelle per la cui applicazione nel tempo deve essere richiamata la disciplina contenuta nell'art. 2, terzo comma, del codice penaleª 14.

Quanto al principio sub b), la Consulta ha colto l'occasione per ribadire espressamente che l'art. 25, secondo comma, della Costituzione ´concerne soltanto il divieto di applicazione retroattiva della norma incriminatrice, nonché di quella altrimenti più sfavorevole; ne deriva, come naturale corollario [(indicato sub c)], che una legge ordinaria ben può derogare al principio della retroattività della lex mitior, purché, ovviamente, sussista una ´sufficiente ragione giustificativaª. Del resto, come ha avuto modo di osservare la dottrina sul punto 15, tale orientamento si pone in linea con l'insegnamento della Consulta secondo cui ´il legislatore gode di ampia discrezionalità nel regolare nei processi in corso gli effetti temporali di nuovi istituti ovvero delle modificazioni introdotte in istituti già esistenti, e le relative scelte, ove non siano manifestamente irragionevoli, si sottraggono a censure di illegittimità costituzionaleª 16.

Gli elementi di maggiore novità della sentenza in commento si colgono, quindi, nel percorso argomentativo attraveso cui il giudice delle leggi è arrivato a dichiarare l'illegittimità costituzionale di parte del terzo comma dell'art. 10 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (e precisamente dell'inciso ´dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonchéª).

La Corte parte dal presupposto che il principio di retroattività delle norme più favorevoli al reo non è solo stabilito dall'art. 2 c.p., ma è anche sancito a livello internazionale e comunitario. In particolare, viene richiamato l'art. 15 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 (esecutivo in Italia con legge 881/77) 17 e, pur ribadendosi che ´le sue norme non possono essere assunte ´in quanto tali come parametri nel giudizio di costituzionalità delle leggiª (cfr. sent. n. 15 del 1996), ciò ´non impedisce di attribuire a quelle norme grande importanza nella...

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