La colpa nel diritto penale

AutoreMaria Grazia Maglio/Fernando Giannelli
Pagine181-185

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@1. La colpa: generalità.

Nell'art. 45 del codice Zanardelli, l'avverbio "altrimenti" comprendeva anche l'evenienza del reato colposo.

Non figurava, in quel contesto, una definizione della colpa, e neanche - come, invece, è per il nostro codice - una definizione del delitto colposo.

Ma, all'art. 371, nel prevedere l'omicidio colposo, si diceva: "Chiunque, per imprudenza, negligenza, ovvero per imperizia nella propria arte o professione, o per inosservanza di regolamenti, ordini o discipline, cagiona la morte di alcuno ..." Così, all'art. 375, era preveduto il delitto di lesioni personali colpose, usandosi la stessa individuazione, or incontrata, dei caratteri della colpa.

Non deve scandalizzare più di tanto che la definizione della colpa fosse, nel codice Zanardelli, relegata nella parte speciale, sol che si pensi che, nel secolo XVII, il codice veneziano non conosceva una previsione generale di omicidio colposo, ma dei singoli "tipi" di omicidio colposo (es.: investimento con carrozze) (Patalano).

Questi angusti confini sono stati superati, e dovevano esserlo, a causa del sempre crescente sviluppo tecnologico, cui è connessa la esigenza di sempre maggiori cautele, onde tutelare, a fronte di questo sviluppo, una gamma sempre più estesa di beni giuridici.

È sorta, quindi, se così si può dire, una nuova filosofia della colpa, onde garantire, da una parte, gli imputati di sempre nuove violazioni prevedute dal legislatore contro estensioni legislative indesiderabili del concetto, e contro abusi giurisprudenziali di esso, dall'altra, le vittime di sempre nuovi rischi, connessi ad usi - che si richiedeva, chiaramente, fossero il più possibile attenti - di nuovi strumenti di diffusione di benessere e civiltà (si pensi, per porgere l'esempio più banale, alla diffusione delle automobili e degli altri, potenti, mezzi di trasporto).

L'art. 43, 1° comma, 3° alinea, c.p., nel definire il delitto colposo (per la colpa nelle contravvenzioni dispone, per quanto di ragione, l'art. 43, 2° comma, c.p.), stabilisce che "(il delitto) è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente, e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti ordini o discipline".

Gli artt. 371 e 375 del codice cessato non includevano l'inosservanza della legge fra le fonti della colpa, ma, riguardando espressamente, le disposizioni preliminari al codice civile del 1865, solo la legge, e non anche - come è per l'art. 1 delle preleggi al vigente codice civile - i regolamenti e gli usi, l'inosservanza della legge, "fons fontium", era implicita ed assorbente.

Fra le leggi cui fa riferimento l'art. 43 c.p. devono essere incluse anche quelle penali (ROMANO M., MARINI, LUGHINI, FIANDACA, MUSCO, GIUNTA).

All'espressione "contro l'intenzione", giustamente, il PI SAPIA sostituisce quella, più appropriata, "senza l'intenzione". Il "conflitto" con l'intenzione dovrà essere indagato solo per decidere, nei congrui casi, se si tratti di colpa ex art. 61, n. 3, c.p. o di dolo c.d. eventuale (in tema, di recente, CANESTRARI).

Molto si discute circa l'essenza della colpa. Una teoria molto risalente, ma per nulla da ritenere superata (CARRARA, ALIMENA B., MOSCA, SAUVARD, IMPALLOMENI), riallacciandosi alla definizione della "culpa" di PAOLO, ravvisava nella prevedibilità la sostanza pregnante della colpa. Secondo il CARRARA, il reato colposo corrisponde ad un "prevedibile non preveduto" (FLORIAN, BATTAGLINI, BETTIOL).

L'art. 9 del codice russo del 1961, dopo aver disciplinato il caso corrispondente a quello della nostra colpa con previsione, disponeva che ("il reato si considera colposo quando l'autore di esso") "non abbia previsto le conseguenze della propria condotta, pur potendo e dovendo prevederle"; l'art. 18, 3° comma, del codice svizzero detta: "Commette un crimine o un delitto per negligenza colui che, per un'imprevidenza colpevole, non ha scorto le conseguenze della sua azione e non ne ha tenuto conto. L'imprevidenza è colpevole se l'agente non ha usato le precauzioni alle quali era tenuto secondo le circostanze e le sue condizioni personali".

Il nostro codice all'art. 43, 1° comma, 3° alinea, ammette che l'evento possa essere, se non voluto (ché, altrimenti, s'avrebbe dolo), preveduto. Ed in questo argomento di diritto positivo parte della dottrina (MANZINI, ANTOLISEI) ravvisa un elemento per la condanna della tesi della prevedibilità quale essenza della colpa. Ma non è così: dire che la colpa può avere un grado massimo, che è la previsione dell'evento, non vuol dire che il minimo della colpa non sia la prevedibilità. Perciò non è probante la previsione dell'art. 61, n. 3, c.p.

L'argomento decisivo, a noi, appare un altro, indicato da altra parte della dottrina (PANNAIN, e lo stesso ANTOLISEI): l'esistenza della colpa per violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

Molti autori (MARINUCCI, GALLO M., PAGLIARO, CANESTRARI, FORTI, BRICOLA, ALBEGGIANI) asseriscono che la colpa specifica altro non è che una cristallizzazione normativa di regole di prudenza.

Questo, però, appare a noi mero aspetto di politica legislativa, che non permette di ridurre ad effettiva unità le tradizionali categorie (colpa generica e colpa specifica).

In ordine alle forme di colpa di cui alla seconda parte del 3° alinea dell'art. 43, 1° comma, c.p. (c.d. colpa specifica, in contrapposto alle forme della negligenza, imprudenza o imperizia-colpa generica) non avrebbe alcun rilievo la prevedibilità, essendovi già una statuizione legislativa.

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Per salvare il requisito della prevedibilità, qualche autore (BETTIOL) afferma che, nel caso della colpa c.d. specifica, vige una presunzione juris et de jure di prevedibilità.

Ora, la prevedibilità è un fenomeno essenzialmente psicologico, che non può essere vinto da alcuna operazione presuntiva, meno che mai sub specie di presunzione assoluta (PANNAIN).

La Corte Costituzionale, con sentenza 13-31 maggio 1965, n. 42, investita della questione di legittimità dell'art. 116 c.p. in riferimento alla disposizione dell'art. 27, 1° comma, della Carta, affermò la rispondenza della norma denunciata al principio della personalità della responsabilità penale, asserendo che, anche nel caso del c.d. concorso "anomalo", deve comparire il requisito della prevedibilità.

Ma, leggendo la motivazione della sentenza, si desume che la Corte aveva riguardo ad altra accezione della prevedibilità, quella, cioè, di un ragionevole, ordinato, meccanismo causale (BRICOLA).

Ma la causalità non deve affatto essere intrisa di alcunché di soggettivo (FIANDACA): allora, una prevedibilità intesa nel senso assegnatole dalla Corte Costituzionale non può riguardare il momento della colpa.

La prevedibilità può riguardare soltanto le categorie della negligenza, imprudenza ed imperizia: non spiega l'essenza della colpa, nella sua unitarietà concettuale e funzionale.

Il BRUSA ritenne di dover aggiungere al criterio della prevedibilità quello della prevenibilità (NUVOLONE, GALLO M.).

Noi crediamo che il rimedio ipotizzato sia peggiore del male.

Ci pare ovvio che la prevenibilità sarebbe...

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