Collegamento societario e polisemie legislative

AutoreEmiliano Marchisio
Pagine91-109
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rivista di diritto privato Saggi e pareri
1/2012
“Collegamento societario” e polisemie legislative
di Emiliano Marchisio
SOMMARIO: 1. Il tema delle “polisemie legislative” in generale. Polisemia del lemma
“collegamento”. – 2. La nozione bilancistica, tra codice civile e IAS n. 28 – IASB. –
3. Le nozioni vòlte ad evidenziare la direzione unitaria delle società “collegate” o la
loro riconducibilità ad un unico centro di interessi. La disciplina delle “parti correla-
te”. – 4. La nozione giuslavoristica di superamento dell’articolazione (fraudolenta o
solo apparente) di una impresa in una pluralità di centri di imputazione dei rappor-
ti di lavoro. – 5. Considerazioni conclusive: conseguenze applicative delle “polisemie
legislative”.
1. Il tema delle “polisemie legislative” in generale. Polisemia del lemma
“collegamento”
L’ordinamento conosce numerosi casi di polisemia o polivalenza semantica; casi,
in altri termini, in cui una stessa parola viene utilizzata, in diversi contesti, come
referente di signicati dierenti – talvolta profondamente dierenti.
Ciò avviene, a titolo d’esempio, per le parole “impresa”1 ed “azione”2, oltre che
per la parola “controllo”, che presenta un signicato precettivo diverso a seconda che
1 La parola “impresa”, nell’ordinamento vigente, rappresenta l’espressione riassuntiva di almeno tre fattispecie
ben diverse tra loro. Da una parte, infatti, è attestata una nozione di “impresa” codicistica, contenuta in
termini generali nell’art. 2082 cod. civ. e ulteriormente articolata dagli artt. 2083 (piccola impresa), 2135
(impresa agricola), 2195 (impresa commerciale), 2093 (impresa pubblica) cod. civ. Tale nozione è sistema-
ticamente funzionale all’applicazione degli “statuti codicistici dell’impresa” (ed in particolare ad individuare le
condizioni per l’applicazione dello statuto dell’impresa commerciale non piccola). Nella ricostruzione tradi-
zionalmente attestata tale nozione esclude dal suo contenuto i professionisti intellettuali.
D’altra parte è attestata una nozione di “impresa” di provenienza comunitaria, che trova il suo principale
referente normativo negli artt. 81 ss. del Trattato di Roma, funzionale all’obiettivo di impedire l’alterazione
del funzionamento del mercato od a correggerne in senso proconcorrenziale le “disfunzioni”, nozione «che
conferisce rilevanza a tutte le entità che agiscono sul mercato, prescindendo dalla forma giuridica che rivestono»
(AGCM, Provvedimento del 18 novembre 1992, Aici-Fiv).
È attestata, poi, una terza nozione di “impresa”, funzionale all’applicazione della disciplina tributaria. Essa
esclude i professionisti intellettuali (nella disciplina tributaria produttori di “redditi di lavoro autonomo”:
art. 53, co. 1, d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917) ma in talune ipotesi include al suo interno attività di natura
agricola (art. 55, co. 1, d.p.r. 917/1986, cit.), così evidenziando una vistosa dierenziazione rispetto alla
nozione denita dall’art. 2195 cod. civ.
2 Ed infatti “azione” è tanto la frazione del rapporto sociale di cui è titolare il socio (cfr. art.2346 cod. civ.),
tanto l’eventuale documento che incorpora tale frazione (cfr. art. 2354 cod. civ.). Ne sia prova che «la par-
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sia utilizzata – tre sole per tutte – al ne di applicare la disciplina sull’acquisto delle
azioni emesse dalla società controllante3; la disciplina di verica della liceità concor-
renziale delle operazioni di concentrazione4; la disciplina della eterodirezione societa-
ria (c.d. “direzione e coordinamento”)5.
tecipazione sociale è rappresentata da azioni» ma «salvo diversa disposizione di leggi speciali lo statuto può esclu-
dere l’emissione dei relativi titoli …» (art.2346, co. 1, cod. civ.) – il che è a dire che l’“azione” come frazione
del rapporto sociale può ben sussistere indipendentemente dalla sua rappresentazione in una “azione” come
documento rappresentativo di quel rapporto (cartaceo o informatico).
3 Cfr. art. 2359 cod. civ. e le denizioni ivi contenute di controllo interno di diritto, interno di fatto ed ester-
no. Come noto, la nozione di controllo di cui all’art. 2359 cod. civ. si vede attribuita la funzione di equipa-
rare l’acquisto delle azioni della controllante da parte della controllata all’acquisto di azioni proprie; ciò per
farne derivare l’applicazione delle regole limitative delle condizioni di acquisto, da una parte, e della regola
di “sterilizzazione” del diritto di voto della società controllata nelle assemblee della controllante, dall’altra.
Mette conto sottolineare la scelta di far discendere dal ricorrere della medesima fattispecie “controllo”
l’applicazione di due (classi di) discipline vòlte alla tutela di interessi disomogenei: quello di porre rime-
dio ai rischî di “nullicazione” del patrimonio da una parte (Cfr. C. Pasteris, Il controllo nelle società col-
legate e le partecipazioni reciproche, Milano, Giurè, 1957, pp. 140 s.; F. Galgano e R. Genghini, Il nuovo
diritto societario, II ed., in F. Galgano (diretto da), Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico
dell’economia, vol. XXIX, t. I, Padova, Cedam, 2004, p. 140) e quello di impedire distorsioni di ordine
amministrativo nella forma della «acquisizione, da parte degli amministratori, di una posizione di potere
personale» (F. Galgano e R. Genghini, Il nuovo diritto societario, op. cit., pp. 144 s.; A. Pavone La Rosa,
“Le società controllate. I gruppi”, in G.E. Colombo e G.B. Portale (a cura di), Trattato delle società per
azioni, II, 2, Torino, 1991, p. 586).
4 Ad una interpretazione funzionale, la nozione di “controllo” di cui all’art. 7 l. 287/1990 deve considerarsi
rilevante solo ai ni dell’applicazione della disciplina delle concentrazioni, così dovendosi riconoscere una
«pluralità di nozioni di controllo» anche nel contesto della medesima legge antitrust (M. Notari, La nozione
di “controllo” nella disciplina antitrust, Milano, Giurè, 1996, pp. 103 ss., nonché 227 ss.).
È ben vero che tale legge contiene un espresso rinvio all’art. 2359 cod. civ.; esso, tuttavia, deve intendersi
riferito al solo enunciato, non certo alla norma che ne viene desunta in via interpretativa. E infatti la dispo-
sizione civilistica, specicamente destinata alla soluzione dei problemi dell’annacquamento del capitale e
della cooptazione degli amministratori, acquista un contenuto precettivo ben diverso ove richiamata al ne
dell’applicazione della disciplina ora in commento. E infatti, nel primo caso l’inuenza cade sull’organizza-
zione, nel secondo sull’attività: i due aggettivi dell’inuenza (dominante e determinante) sono, oltre che
diversi, in realtà incommensurabili: così L. Schiuma, Controllo, governo, partecipazione al capitale, Padova,
Cedam, 1997, p. 373. Sul riferimento all’attività cfr. l’art. 3, co. 2, Reg. 139/2004.
Anzi: il “controllo” di cui alla l. 287/1990 dierisce, rispetto alla nozione civilistica sopra esaminata, anche
in relazione alle parti coinvolte nella relazione, in particolare dal lato passivo. Infatti, poiché obiettivo della
legge è il mantenimento di un assetto concorrenziale del mercato, nella disciplina delle concentrazioni «as-
sume rilevanza sia il controllo sull’impresa-imprenditore, sia il controllo sull’impresa-azienda» (M. Notari, La
nozione di «controllo», cit., pp. 58 s.).
5 La nozioni di “controllo” di cui all’art. 2497 sexies cod. civ., seppure fondata sul richiamo alla disposizio-
ne di cui all’art. 2359 cod. civ., assolve, in tale contesto, a funzioni ben diverse da questa ultima. A titolo
d’esempio, uno per tutti, può pensarsi alla denizione dei requisiti soggettivi dell’ente “controllante”.
Evidentemente la norma ricavabile dalla lettura dell’art. 2359 cod. civ. nel suo contesto originario non
consente di ritenervi inclusa come società “controllante” una società di persone: è infatti chiaro che la
norma, nel suo contesto originario, è chiamata a scongiurare il rischio di “nullicazione” del capitale so-
ciale e della “insincerità” dell’organizzazione corporativa e perciò presuppone che l’ente controllante sia
esposto a tali rischî: sia, cioè, una società di capitali organizzata secondo il modello “plutocratico”, in cui

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