Ciberspazio e diritto penale: il problema del bene giuridico

AutoreFrancescopaolo Ruggiero
Pagine213-220

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@1. Introduzione.

È indiscutibile che la struttura della società postindustriale sia stata profondamente modificata dall'avvento dell'informatica e dalla successiva diffusione della telematica - favorita dall'applicazione delle telecomunicazioni al computer - con penetranti riflessi sul grado - crescente - di «alfabetizzazione elettronica» dell'individuo medio 1. In tale contesto si inserisce Internet, strumento di comunicazione globale, tecnicamente costituito da un articolato sistema di elaboratori elettronici tra loro connessi mediante reti telematiche: quest'immenso reticolato di computers rappresenta un'inesauribile fonte di informazioni e consente di attivare rapporti interpersonali su scala planetaria. Rispetto agli altri mass-media la peculiare valenza della Rete risiede nella sua natura aperta, decentralizzata e non intrusiva, nella misura in cui gli utenti sono liberi di accedere esclusivamente ai contenuti informatici attivamente richiesti in quel «campo di gioco» virtuale denominato ciberspazio 2.

Un contributo di ricerca orientato all'analisi delle correlazioni tra Internet ed il diritto penale può trovare agevole avvio dalla constatazione secondo cui l'inarrestabile progresso scientifico, supportato dall'informatizzazione di numerosi settori della vita socio-economica, offre ampi spazi di azione ai soggetti che intendano seguire il percorso dell'evoluzione tecnologica in maniera distorta, violando le regole poste dall'ordinamento giuridico pur di acquisire le immense potenzialità della Rete. Né può sottacersi che lo sviluppo dell'ambito delle attività realizzate nel circuito telematico determinerà, da un lato, una tendenziale diminuzione dei crimini convenzionali e, dall'altro, un incremento esponenziale dei reati connessi al ciberspazio, sicché ben pochi comportamenti delittuosi risulteranno esclusi da una concreta possibilità di attuazione nella realtà virtuale.

Peraltro, le implicazioni penalmente rilevanti dell'utilizzazione di Internet ricevono piena conferma non solo dall'accertata lesione di interessi fondamentali, ma anche dalla gravità dei danni arrecati, stimati notevolmente superiori rispetto alle perdite prodotte da fattispecie delittuose di configurazione «classica».

L'attenzione degli studiosi verso le nuove forme della criminalità tecnologica appare ulteriormente alimentata dalle difficoltà di ricostruzione dei reati commessi nei contesti informatizzati nel caso di adozione di meccanismi giustificativi tradizionali 3: a tale proposito, è stato sottolineato sia che la nascita di Internet si pone quale ideale banco di prova per rivisitare criticamente modelli concettuali ed assetti di tutela 4 sia che il successo di questo mezzo di comunicazione ha impresso rinnovato vigore ad un settore del diritto penale - il diritto penale dell'informatica - di recente origine 5.

Proprio in quest'ottica, appare opportuno concentrare ogni sforzo esegetico sul problema dell'inquadramento dogmatico - in chiave classificatoria - della variegata fenomenologia delittuosa legata all'universo informatico e telematico: ciò anche al fine di individuare essenziali momenti di raccordo tra la criminalità del ciberspazio e la già ampiamente studiata categoria dei computer crimes.

@2. Il problema del bene giuridico nei computer crimes: critica alla concezione metodologica ed apertura ad un approccio sociologico-criminologico.

Con specifico riguardo ai computer crimes sembra opportuno valorizzare un approccio esegetico fondato su una tipologia legale di classificazione elaborata in relazione all'oggetto giuridico offeso 6. Gli iniziali spunti di riflessione, per la verità già forniti dalla scienza criminologica 7, devono essere ulteriormente sviluppati sul fronte della ricostruzione degli interessi lesi dai comportamenti che si manifestano in campo informatico 8.

L'utilità di questa impostazione del problema non può essere seriamente messa in discussione dalla considerazione secondo cui il ricorso alla categoria del bene giuridico non consentirebbe, comunque, di giungere a conclusioni univoche, attesa la profonda diversificazione - e la conseguente intrinseca opinabilità - delle svariate ripartizioni dei computer crimes su tale base adottate 9. Quest'insanabile «stratificazione» dipende, infatti, oltre che dall'originale peculiarità del percorso argomentativo seguito da ciascun autore, anche - e soprattutto - dalla molteplicità ed eterogeneità dei valori aggrediti dalla criminalità informatica 10, la cui valenza plurioffensiva costituisce un dato ormai pacificamente acquisito 11.

Un corretto inquadramento del discorso induce ad operare un chiarimento preliminare in chiave definitoria, reso, peraltro, opportuno dalla carenza di solidi indici normativi ai quali fare riferimento: quando parliamo di oggetto della tutela giuridica, il riferimento coinvolge gli interessi giuridicamente rilevanti che entrano in gioco, ovverosia i valori sociali - recepiti dall'ordinamento - attinti dal comportamento offensivo. Il significato dogmatico di tale concetto prescinde dalla nozione di oggetto materiale del reato, inteso come il substrato fisico dell'elemento - dati informatici, software, password, computer - investito dalla condotta illecita 12.

Poste tali premesse, appare utile svolgere alcune osservazioni generali sul concetto e sulla funzione dei beni giuridici, definiti come «i beni socialmente rilevanti considerati, in ragione della loro importanza, meritevoli di protezione giuridico-penale» 13: la formula riportata chiarisce che il benePage 214 giuridico, ancora prima di essere «valutato» dall'ordinamento ed in esso recepito, si manifesta come un interesse concreto emergente dalla vita sociale 14. Trattandosi, dunque, di una realtà preesistente alla norma, non può certamente trovare accoglimento la concezione metodologica del bene giuridico, identificato con la ratio legis e, pertanto, privato di un ruolo centrale nella delineazione della fattispecie incriminatrice, a cui contribuirebbero, invece, in misura determinante altri elementi, come le modalità della condotta delittuosa e la natura dei motivi a delinquere 15. Le ragioni del netto rifiuto di questa prospettiva teorica discendono sia dalla constatazione che essa spoglia il bene giuridico della sua valenza critica, legittimando qualsiasi opzione di tutela seguita - anche arbitrariamente - dal legislatore 16, sia dalla consapevolezza del rischio di tornare su sentieri esegetici che, enfatizzando in chiave criminologica i connotati fenomenici e lo scopo dell'azione criminosa, si rivelano - in subiecta materia - non risolutivi, se non addirittura fuorvianti.

Ricollocato, così, il bene giuridico a fondamento del processo di interpretazione della norma 17, se ne coglie la portata ricostruttiva nelle fattispecie criminose conformemente al principio di offensività, nel senso di orientare la scelta - nel caso in cui il dato letterale avalli una pluralità di soluzioni - evitando di ricondurre al tipo di fatto delineato quei comportamenti insuscettibili di recare offesa all'interesse protetto 18. In tal modo, l'individuazione del bene giuridico consentirà di frapporre ostacoli al dilagante fenomeno della creazione legislativa di «reati senza offesa» 19 - frequenti anche nell'ambito dei computer crimes - che ha determinato il radicale mutamento della struttura dell'illecito e del volto stesso del diritto penale classico 20; mentre, sotto un diverso ordine di idee non va sottaciuto che il corretto svolgimento della funzione di protezione tipica del bene giuridico costituisce un importante elemento di valutazione della razionalità e dell'effettività del precetto penale 21.

La centralità del bene giuridico si consolida ulteriormente laddove, per articolare un adeguato sistema di garanzia penale, risulti imprescindibile pervenire ad un equilibrato bilanciamento di interessi confliggenti. Non è inutile, a tale proposito, ricordare che nel c.d. diritto dell'informatica la contrapposizione ideologica tra opposte istanze, non favorendo la formazione nell'opinione pubblica di un consenso sociale intorno ad un nucleo minimo di valori essenziali all'esistenza stessa della comunità, rende ardua la costruzione di una disciplina legislativa 22. Ancorando, dunque, la soluzione di tale conflitto al paradigma concettuale del bene giuridico, le previsioni incriminatrici potranno essere strutturate in ossequio ai principi di sussidiarietà e di proporzione del diritto penale 23, in modo da farvi ricorso solo ove altre forme di tutela - strumenti di controllo sociale formale di matrice normativa extrapenale, oppure moduli di controllo sociale informale - appaiano inadeguati a salvaguardare beni essenziali per un'ordinata convivenza umana 24. Si aggiunga che l'intervento penale dovrebbe essere limitato ai casi in cui il grado di aggressione al bene giuridico raggiunge una soglia «percepibile», cui poter collegare «inevitabilmente» l'utilizzo della sanzione punitiva; la graduazione di una corrispondente scala sanzionatoria consentirebbe, infine, di non incorrere in eccessi di rigore, rapportando l'entità della risposta repressiva alle differenti modalità offensive ed al reale disvalore del fatto.

L'apertura verso una visione del bene giuridico che non trascuri l'approccio sociologico e criminologico si rivela, dunque, imprescindibile allorquando si deve concretizzare un sistema normativo che predisponga razionai assetti di tutela per interessi di nuova emersione.

In sintesi, attraverso lo studio delle condizioni empiriche della realtà si persegue l'obiettivo di individuare i fattori sociali incidenti sul processo di attribuzione di rilievo penale alla condotta umana, allo scopo di operare scelte normative tendenzialmente in linea con le concezioni socialmente dominanti 25. Quest'impostazione orientata ai fatti e «calata» nel reale - essenziale presupposto del raccordo tra criminologia e diritto penale - potrebbe utilizzare una metodologia sperimentale basata anche...

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