Le cause di giustificazione

AutoreMaria Grazia Maglio/Fernando Giannelli
Pagine583-587

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@1. Critiche alla nomenclatura del codice.

All'art. 59, primo comma, c.p., si parla di circostanze che escludono la pena; all'art. 59, quarto comma, c.p., aggiunto dall'art. 1 L. 7 febbraio 1990, n. 19 (ma la nomenclatura, per la parte che ci riguarda, è stata conservata), si parla di circostanze di esclusione della pena.

Si deve ritenere, pertanto, che l'art. 70 c.p., nel distinguere tra circostanze oggettive e soggettive, abbia riguardo anche alle «circostanze di esclusione della pena». E l'art. 119 c.p. parla di «circostanze di esclusione della pena», distinguendole in soggettive (comma 1) ed oggettive (comma 2) ai fini della estensione ai concorrenti nel fatto. Orbene, circostanza è ciò che circum stat, mentre le cause che escludono la pena (così si ritiene di dover correggere la locuzione legislativa) (PANNAIN, ANTOLISEI, CONTENTO) sono l'antitesi del reato, e mal si concepisce una circostanza che sia la negazione dell'entità cui accede: il cavallo di Troia è la distruzione della gloriosa città, ma, fin quando resta fuori delle mura, Ilio non potrà crollare.

Molto spesso il codice usa l'espressione «non è punibile»; «non sono punibili», il che farebbe pensare alla sussistenza di una causa di giustificazione.

Prendiamo ad esempio l'art. 309 c.p., ove si parla di casi di non punibilità della banda armata; l'art. 376, primo e secondo comma, c.p. dice che «il colpevole non è punibile» in caso di ritrattazione; l'art. 463 c.p. parla di casi di non punibilità in materia di falso nummario, in valori di bollo, documenti di trasporto.

Sennonché, la «confessione» dell'errore legislativo sta nella stessa formulazione delle disposizioni.

L'art. 309, primo comma, c.p. parla di banda armata «formata»; il n. 1 parla di «scioglimento della banda»; al n. 2 si legge «si ritirano dalla banda stessa»; al secondo comma si parla di esecuzione del delitto per cui la banda è stata formata; all'art. 376, primo e secondo comma, c.p., si parla, come si è visto, di colpevole non punibile, di ufficio prestato e di dichiarazioni rese, di ritrattazione del falso e di manifestazione del vero; all'art. 463 si fa riferimento a fatti già commessi, di cui vengono imputate le conseguenze ulteriori tramite una postuma resipiscenza.

In pratica, si tratta, in tutti i casi succitati, di banali cause di estinzione del reato (ANTOLISEI, MANTOVANI, PROSDOCIMI, BRICOLA, conseguenza processuale è la necessità di pronunciare formula di proscioglimento ai sensi dell'art. 531 c.p.p., non di assoluzione ex art. 530 c.p.p.; se non sia necessario procedere a dibattito e vi sia accordo delle parti, il giudice potrà anche riservarsi ai sensi dell'art. 469 c.p.

Il FIORE parla di cause di non punibilità in senso stretto, ammettendo, in pratica, trattarsi di cause estintive del reato.

Che si tratti di cause estintive, e non di cause di giustificazione, emerge, ictu oculi, dal raffronto tra il testo dell'art. 308 c.p.p. e quello dell'art. 307, terzo comma, c.p. (contra: MANZINI, PIOLETTI che quanto alla causa estintiva preveduta dall'art. 387 c.p., parlano di «causa di esenzione da pena»).

All'art. 308 c.p. si parla di casi di non punibilità, in caso di accordo intervenuto o associazione costituita, mentre, all'art. 307 terzo comma, c.p., si dichiara non punibile chi commette il fatto (assistenza ai partecipi di cospirazione o banda armata) in favore di un prossimo congiunto (in analoga prospettiva: art. 3, secondo comma, L. 15 marzo 1991, n. 82) (BRICOLA) (ex parallelo, si confronti il testo dell'art. 308 c.p. con quello dell'art. 418, terzo comma, c.p.).

Pertanto, la questione va così risolta: a prescindere dalla nomenclatura, la non punibilità, la «mancanza del reato», la presentazione di una causa di giustificazione si decide in base alla coevità al fatto. Dopo la commissione del fatto di reato, lo Stato può rinunciare alla pretesa punitiva, e ci si troverà, allora, senza di una causa estintiva del reato, che c'è stato, mentre in presenza di una causa di giustificazione, non si può parlare di reato. Ed, invero, se punibilità e reato coincidono, senza la prima non si dà il secondo.

Non possono esistere cause di non punibilità sopravvenute se non sono prevedute dal nostro codice, e chi ne ammette l'esistenza (PROSDOCIMI) deve negare che sia loro applicabile il quarto comma dell'art. 59 c.p., il che neanche sarebbe possibile.

Quelle di cui sopra abbiamo parlato sono cause estintive, e niente altro.

Il RUGGIERO afferma che, quanto alle cause estintive, viene meno la punibilità concreta. Ma il discorso è pericoloso: quando vi è causa estintiva, viene meno la pretesa punitiva, ma un fatto punibile, e, quindi, un fatto-reato, ergo fatto punibile, v'è stato, e non verrà mai meno. Lo si desume, fra l'altro, dall'art. 198 c.p.

A volta la legge usa la categoria della non punibilità persino quando il fatto non sussiste (sic).

Vediamo: l'art. 530 c.p. recitava: «La punibilità è esclusa se il minore è persona già moralmente corrotta». Ma corrompere una persona già corrotta è come... sfondare una porta aperta.

In questa situazione, il giudice deve assolvere «perché il fatto non sussiste». Eppure la dottrina (MEMBOLA), al riguardo, parlava di esimente.

La presenza dell'opera d'arte, ex art. 529 c.p. dell'opera scientifica (stessa disposizione) non giustifica il carattere osceno, ma lo elide, poiché, in questi casi, l'opera «non si considera oscena» (NUVOLONE, BRICOLA, PICOTTI) salvo il caso della tutela dei minori degli anni diciotto, ipotesi di inapplicabilità della presunzione legislativa (in tema: FIANDACA).

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Lo diceva già BENEDETTO CROCE, vigente il codice Zanardelli (art. 339), senza bisogno di presunzioni quale quella di cui al secondo comma dell'art. 529 c.p.

Questi, e consimili, aspetti negativi della presenza di cause di giustificazione, furono studiati dal NUVOLONE in una mirabile opera sui limiti taciti della norma penale.

L'art. 613, secondo comma, c.p., in materia di «stato di incapacità procurato mediante violenza», recita: «Il consenso dato dalle persone indicate nell'ultimo capoverso dell'art. 579 non esclude la punibilità». Ora, a noi pare che il legislatore sia incorso in un ennesimo errore di nomenclatura in materia di non punibilità: poiché il fatto di cui al primo comma dell'art. 613 c.p. deve essere commesso «senza il consenso di lei» (elemento positivo a contenuto negativo: VILLATA), e poiché il consenso di cui parla il secondo comma dell'art. 613 c.p. è un consenso che rende applicabili le disposizioni sull'omicidio comune, in quanto non bastevole, neanche, a degradare l'ipotesi ex art. 575 c.p. in quella di cui all'art. 579 c.p., e poiché, ancora, ad ogni buon conto, il consenso di cui all'art. 579 c.p. non è quello di cui all'art. 50 c.p., cioè una causa di giustificazione, il secondo comma dell'art. 613 c.p. doveva essere formulato nel senso che «il consenso... non esclude la sussistenza del fatto di cui al comma precedente».

È, invece, a trattarsi di una scriminante (noi crediamo, quella di cui all'art. 51 c.p., sub specie di adempimento del dovere, in relazione all'art. 1372 c.c., nonché agli artt. 2229 e ss. c.c., o in relazione alla disciplina pubblicistica che regola l'attività ospedaliera dei medici, come dei sanitari in genere) (non...

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