La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non si applica ai procedimenti di competenza del giudice di pace

AutoreDomenico Giannelli - Antonio Di Tullio D'Elisiis
Pagine25-33
229
giur
Rivista penale 3/2018
CONTRASTI
Per tale ragione ritengono le Sezioni Unite che gli argo-
menti spesi da parte della giurisprudenza e della dottrina,
correlati alla natura sostanziale del nuovo istituto e ai suoi
peculiari connotati di "legge sostanziale sopravvenuta più
favorevole", non possano dispiegare effetti nello specif‌ico
ambito che qui interessa, ove al dato della impossibilità di
far operare la causa di proscioglimento di cui all’art. 131-
bis c.p. - seppure in relazione a reati di minima gravità qua-
li quelli selezionati per il giudizio dinanzi al giudice di pace
- fanno da contrappeso e da bilanciamento altri valori di
pari dignità. Anche, cioè, nell’ottica del rispetto del valore
costituzionale della uguaglianza di trattamento a fronte di
posizioni equiparabili, deve ritenersi decisivo il rilievo che
si è fatto luogo alla costruzione di un procedimento specia-
le per il quale sono previsti specif‌ici epiloghi decisori, mo-
dulati in termini tali da porre il giudice in una ottica opera-
tiva volta a realizzare la conciliazione delle parti - quando
una persona offesa è individuabile - antecedentemente
alla conclusione del processo (sarebbe questo, peraltro, un
tratto non differenziale essendo, lo stesso intento concilia-
tivo, previsto anche in sede di processo ordinario dinanzi al
giudice monocratico, dall’art. 555 comma 3, c.p.p.).
In più, tale f‌inalità è rafforzata con la previsione (art. 34,
comma 3, D.L.vo n. 274 del 2000) di un potere potestativo
della persona offesa, riferito ai reati perseguibili a querela,
idoneo a precludere la conclusione del processo per minima
offensività del fatto, accompagnato dalla previsione (art.
35) che le condotte riparatorie o risarcitorie dell’imputato
siano atte a determinare l’estinzione del reato. Il tutto, nel-
la prospettiva che al mancato raggiungimento dell’obiettivo
della ricomposizione sociale segua l’affermazione di un di-
ritto penale mite, non soggetto a sospensione di esecuzione
ma caratterizzato dall’abbandono delle pene detentive.
4.3. Nè a diversa conclusione conduce il rilievo che per
effetto del D.L.vo n. 28 del 2015 si è registrata la variazione
di taluni precetti processuali applicabili anche al giudice
di pace (quali l’art. 411 e l’art. 469 c.p.p.), recanti ora
esplicitamente la menzione dell’art. 131-bis c.p..
Non vi è ragione per non ritenere, in coerenza con
quanto sopra evidenziato sulla tendenziale autonomia del
procedimento penale per il giudice di pace, che, ad esem-
pio, il rinvio operato all’art. 411 c.p.p. dall’art. 17, D.L.vo n.
274 del 2000, in tema di archiviazione richiedibile dal pub-
blico ministero presso il giudice di pace, sia di tipo "f‌isso",
e cioè da ricondurre al testo dell’art. 411 c.p.p. in essere al
momento della entrata in vigore del decreto sul giudice di
pace. Tesi, questa, avvalorata dal rilievo che nell’art. 17,
assieme al richiamo dell’art. 411 c.p.p., vi è quello all’art.
34, commi 1 e 2, del decreto stesso, con ciò mostrando il
legislatore che la evocazione dei casi generali di archivia-
zione non avrebbe potuto ulteriormente estendersi su un
terreno già coperto dalla menzione della speciale causa di
non punibilità di cui all’art. 34.
5. In conclusione, va affermato il seguente principio di
diritto:
"La causa di esclusione della punibilità per particolare
tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., non è appli-
cabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del
giudice di pace".
6. La decisione adottata comporta, in accoglimento del
ricorso del Procuratore generale, l’annullamento della
sentenza impugnata che ha disatteso il principio di diritto
qui enunciato, con l’effetto che il Giudice di pace di Vero-
na, in diversa composizione, sarà tenuto alla celebrazione
del giudizio. (Omissis)
LA CAUSA DI ESCLUSIONE
DELLA PUNIBILITÀ
PER PARTICOLARE TENUITÀ
DEL FATTO NON SI APPLICA
AI PROCEDIMENTI
DI COMPETENZA
DEL GIUDICE DI PACE
di Domenico Giannelli, Antonio Di Tullio
D’Elisiis
SOMMARIO
1. Premessa: la questione rimessa alle Sezioni Unite. 2. I
fatti in giudizio. 3. L’oggetto e le ragioni del contrasto e la
soluzione offerta dalle Sezioni Unite. 4. Conclusioni e nostra
posizione.
1. Premessa: la questione rimessa alle Sezioni Unite
La terza sezione penale della Corte di Cassazione (Pres.
Cavallo, giud. estens. Andronio), con ordinanza n. 20245
del 4 aprile del 2017, ha chiesto che intervenissero le Se-
zioni unite al f‌ine di dirimere il seguente contrasto giuri-
sprudenziale: “se l’art. 131-bis c. p. sia applicabile nei pro-
cedimenti che si svolgono davanti al giudice di pace” (1).
Le ragioni, che hanno indotto questa sezione a richie-
dere l’intervento delle Sezioni Unite, vanno ravvisate nel
fatto che, in ordine al suddetto quesito, sono emersi due e
distinti orientamenti ermeneutici.
Secondo il primo orientamento, maggioritario, non è
possibile applicare l’art. 131 bis c.p. in questi procedi-
menti e ciò in ragione del fatto che: a) in considerazione
della specialità del giudizio avanti il Giudice di pace, il
Legislatore ha previsto un istituto processuale - non eser-
cizio dell’azione penale - fondato sulla non opposizione
della parte lesa, mentre l’art. 131 bis c.p. disciplina un
istituto sostanziale - proscioglimento per la presenza di

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