Corte di cassazione penale sez. un., 2 maggio 2013, n. 19054 (ud. 20 dicembre 2012)

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2/2014 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
Sez. VI, n. 5452 del 12 gennaio 2010, Mancin, Rv. 246083;
Sez. I, n. 10756 del 18 febbraio 2009, Pelle, Rv. 242896; Sez.
VI, n. 721/07 del 26 settembre 2006, Nettuno, Rv. 235607).
Di tali regulae iuris il Tribunale di Roma non ha fatto
corretta applicazione: e ciò sia nel momento in cui ha so-
stenuto che il primo Giudice avesse errato nel limitare
il proprio controllo con riferimento al lasso temporale
ricompreso dal 2002 al 2009, cioè al periodo nel quale
erano state effettuate le acquisizioni “sospette”, senza
“verif‌icare la persistenza della sproporzione al momento
dell’applicazione della misura” cautelare reale, vale a dire
alla data del 13 maggio 2013 (v. pag. 4 ord. impugn.), in
quanto l’accertamento della sproporzione del valore dei
beni rispetto al reddito o alle attività economiche del
soggetto va necessariamente compiuto con riferimento al
momento in cui il bene o i beni sono entrati a far parte del
patrimonio dell’interessato, essendo evidentemente inin-
f‌luenti vicende economiche successive, dato che eventuali
entrate lecite posteriori sarebbero state chiaramente
inidonee a rendere ex post lecite le accumulazioni patri-
moniali avvenute illecitamente in precedenza; sia anche
laddove il Tribunale del riesame ha censurato le scelte
operate dal primo Giudice in ordine alle “entrate” e alle
“uscite” da considerare ai f‌ini della verif‌ica di quella spro-
porzione, perché bene aveva fatto il Giudice dell’udienza
preliminare, nell’adempimento del doveroso compito di
rigorosa stima dei “valori economici in gioco”, a tenere
conto tanto delle entrate di cui i f‌igli del Balducci aveva-
no benef‌iciato per la vendita di due appartamenti di cui
erano proprietari a Parigi (con palesi effetti di favore per
gli interessati), quanto dell’acquisizione di un immobile
entrato a far parte del patrimonio personale della moglie
del Balducci solo nel 2002, essendo lo stesso appartenuto
in precedenza ad una s.r.l., società, titolare di un distinto
patrimonio, della quale la predetta era stata socia sia pur
in posizione nettamente maggioritaria.
4.3. Frutto di una palese errata interpretazione delle
norme di diritto penale sostanziale richiamate è stata, al-
tresì, l’affermazione de l Tribunale del riesame di Roma
per la quale il decreto di applicazione della misura cau-
telare doveva essere annullat o anche perché emesso solo
formalmente per consentire una conf‌isca “allargata” ai
sensi dell’art. 12 sexies D.L. cit., avendo avuto, in realtà,
come scopo quello di realizzare le f‌inalità proprie della
conf‌isca per equivalente di cui all’art. 322 ter, comma
2, cod. pen. (sequestro, peraltro, che in questo procedi-
mento era stato pure dispost o ai f‌ini di conf‌isca ex art.
322 ter, c on provvedimento che, secondo quanto riferito
dai difensori dell’indagato nella loro memoria, aveva poi
perso di eff‌icacia).
Pur riconoscendo che le due anzidette forme di conf‌i-
sca hanno presupposti applicativi differenti, potendo per-
sino essere disposte contemporaneamente nei riguardi
di uno stesso imputato, ovviamente in relazione a beni
diversi (come, peraltro, ribadito da Sez. VI, n. 33883 del
2 luglio 2012 , Gabriele, Rv. 253655, secondo la quale il
sequestro preventivo f‌inalizzato a lla conf‌isca ex art. 1 2
sexies non consente di poter ritenere assorbito, per di-
versità di tipol ogia e di presupposti, il sequestro previsto
dall’art. 322 ter cod. pen., che postula l’accertamento di
un collegamento tra il reato e il bene da sequestrare o il
valore equivalente ), il Tribunale ha poi confuso l’a mbito
operativo dei due istituti: per un verso, dando per scon-
tato che, nel caso di specie, il sequestro preventivo fosse
stato disposto per sottrarre agli impu tati i proventi dei
reati loro contestati (v. pag. 5-6 ord. impugn.), circostan-
za che il primo Giudice non aveva affatto indicato, avendo
fatto riferimento, invece, a beni ed altre utilità di cui i
Balducci avevano acquisito la disponibilità in epoca an-
teriore alla commissione dei reati contestati all’imputato;
per altro verso asserendo che, in quanto sequestro per
equivalente, la misura cautelare reale applicata dovesse
necessariamente reputars i adottata a mente dell’a rt. 322
ter cod. pen., laddove non solo è evidente dal la lettera
della legge co me una forma di seques tro per equivalente
sia prevista anche in relazione alla conf‌isca “allargata” di
cui all’art. 12 sexies D.L. n. 306 del 1992, come si evince
agevolmente dal comma 2 ter di tale secondo articolo, ma
soprattutto trascurando come della norma dettata da tale
comma il Giudice dell’udienza preliminare non avesse
fatto per nulla applicazione, trattandosi di disposizione
che presuppone un dato fattu ale, completamente diverso
da quello accertato nella fattispecie, qual è quello della
mancata dimostrazione della sproporzione tra valore
dei beni acquisiti e cap acità redditua li dell’in teressato
che, nei ristretti limiti indicati, consente un’eccezionale
“estensione” del sequestro a f‌ini di conf‌isca ad altri beni,
evidentemente acquisiti le citamente.
Il provvedimento impugnato deve essere, dunque,
annullato con rinvio al Tribunale di Roma che, nel nuovo
esame, si uniformerà ai principi di diritto innanzi richia-
mati. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. UN., 2 MAGGIO 2013, N. 19054 (*)
(UD. 20 DICEMBRE 2012)
PRES. LUPO – EST. CORTESE – P.M. DESTRO (CONF.) – RIC. VATTANI ED ALTRO
Peculato y D’uso y Utilizzo del telefono d’uff‌icio
per f‌ini personali y Conf‌igurabilità.
. In tema di peculato, la condotta del pubblico uff‌iciale
o dell’incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il
telefono d’uff‌icio per f‌ini personali al di fuori dei casi
d’urgenza o di specif‌iche e legittime autorizzazioni,
integra il reato di peculato d’uso se produce un danno
apprezzabile al patrimonio della P.A. o di terzi, ovvero
una lesione concreta alla funzionalità dell’uff‌icio, men-
tre deve ritenersi penalmente irrilevante se non pre-
senta conseguenze economicamente e funzionalmente
signif‌icative. (c.p., art. 314)
(*) La sentenza in epigrafe è già stata pubblicata in questa rivista 2013,
617. Se ne ripubblica solamente la massima con nota di V.M. DONO-
FRIO.

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