Corte di cassazione penale sez. III, 9 dicembre 2013, n. 49328 (ud. 14 novembre 2013)

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2/2014 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
qualif‌icandosi, talvolta, come il legale responsabile della
società stessa, con ciò svolgendo un palese ruolo di coge-
stione della società fallita.
Peraltro l’accertamento degli elementi sintomatici di
tale gestione o cogestione societaria costituisce oggetto
di apprezzamento di fatto che è insindacabile in sede di
legittimità, se sostenuto, come nel caso in esame, da moti-
vazione congrua e logica (cfr. Cass., sez. V, 14 aprile 2003,
n. 22413, Sidoli, rv. 224948; Cass., sez. I, 12 maggio 2006, n.
18464, Ponciroli, rv. 234254).
10 Anche l’ultimo dei motivi di ricorso del Mazzotta
deve ritenersi infondato.
10.1 Come riconosciuto dalla Corte di Cassazione
nella sua espressione più autorevole, in tema di reati di
bancarotta, il giudice penale può disporre la sospensione
del dibattimento a norma dell’art. 479 c.p.p. qualora sia
in corso il procedimento civile per l’accertamento dello
“status” di fallito (cfr. Cass., sez. un., 28 febbraio 2008, n.
19601, N., rv 239399).
Si tratta, come chiarito dalla stessa Suprema Corte,
dell’esercizio di un potere discrezionale, che presuppone,
in aderenza alla previsione dell’art. 479, la particolare
complessità ovvero la serietà della questione sollevata,
nel giudizio instaurato in sede civile o amministrativa (cfr.
Cass., sez. V, 16 dicembre 2011, n. 8607, T., rv. 251950),
che la corte territoriale correttamente ha ritenuto in-
sussistente, in quanto fondata sulla contestata qualità
di amministratore di fatto del Mazzotta, che i giudici di
merito hanno ritenuto invece conf‌igurabile proprio alla
luce della nozione di amministratore di fatto introdotta
dall’art. 2639, c.c., come interpretata dalla costante giuri-
sprudenza di legittimità.
11. Sulla base delle svolte considerazioni i ricorsi di
cui in premessa vanno, dunque, rigettati, con condanna
di ciascuno dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al
pagamento delle spese del procedimento. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 9 DICEMBRE 2013, N. 49328
(UD. 14 NOVEMBRE 2013)
PRES. TERESI – EST. ANDREAZZA – P.M. DELEHAYE (DIFF.) – RIC. D’ERRICO
Navigazione y Demanio marittimo y Arbitraria oc-
cupazione y Effettuata da natante y Illecito ammini-
strativo ex art. 1161, comma 2 c.n. y Individuazione
y Criteri.
. Il disposto di cui all’art. 1161, comma secondo, del
Codice della navigazione, ai sensi del quale costituisce
semplice illecito amministrativo l’occupazione di spazi
del demanio marittimo (normalmente prevista come
reato nel precedente comma primo), quando essa sia
“effettuata con un veicolo”, trova applicazione anche
quando il veicolo sia costituito da un natante, a con-
dizione che l’occupazione non abbia il carattere della
stabilità, quale ravvisabile, ad esempio, nel caso che
l’ormeggio o l’ancoraggio del natante sia accompagnato
dalla presenza di gavitelli, corpi morti o impianti f‌issi.
(Mass. Redaz.) (c.n., art. 1161) (1)
(1) Sostanzialmente nello stesso senso, in quanto esclude che per
la realizzazione dell’illecito occorra il carattere della permanenza e
della stabilità dell’occupazione abusiva, Cass. pen., sez. III, 5 marzo
1999, P.M. in proc. Caricchio, in Ius&Lex dvd n. 1/2014, ed. La Tribu-
na. Si veda, sul concetto di occupazione dei beni demaniali marit-
timi, Cass. pen., sez. III, 11 febbraio 1995, P.M. in proc. Tortorella,
ibidem. Si veda, in quanto prodromica alla pronuncia in commento,
Cass. pen., sez. III, 9 aprile 2003, P.M. in proc. Bolognesi, in questa
Rivista 2004, 129.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza in data 10 gennaio 2011 il G.i.p. presso
il Tribunale di Genova ha dichiarato D’Errico Giancar-
lo colpevole del reato di cui all’art. 1161 c.n., per avere
abusivamente occupato lo spazio demaniale marittimo
ormeggiando la propria imbarcazione, condannandolo alla
pena di euro 334,00 di ammenda.
2. Ha proposto appello il Difensore dell’imputato.
Con un primo motivo contesta la errata valutazione
e/o l’omessa ricostruzione dei fatti emergenti dagli atti
in quanto illegittima ed erronea. Deduce che, mentre per
la giurisprudenza di legittimità, per aversi occupazione
di uno specchio acqueo occorre la presenza di gavitelli,
corpi morti o impianti f‌issi, nella specie questi non sono
stati riscontrati dalla Polizia Municipale né in sede di
sopralluogo né successivamente in sede di rimozione del
natante, caratterizzato per di più da nessun ingombro e da
ridottissime dimensioni (trattavasi infatti di “tender”). La
situazione era infatti perfettamente reversibile in qualsiasi
momento e non era stato in alcun modo pregiudicato l’al-
trui godimento dello spazio acqueo. Con un secondo moti-
vo si duole che il Tribunale non abbia ritenuto applicabile
nella specie il comma 2 dell’art. 1161 c.n. che sanziona in
via amministrativa l’occupazione tramite veicolo (e del re-
sto anche il Regolamento degli specchi acquei portuali del
Comune di Camogli sanziona l’occupazione con natanti
privi di concessione con mera sanzione amministrativa).
Con un terzo motivo lamenta comunque che il Tribunale
non abbia ritenuto insussistente l’elemento psicologico
evidentemente discendente dalle caratteristiche della
condotta posta in essere.
Con ordinanza del 16 maggio 2012 la Corte d’Appello di
Genova ordinava la trasmissione degli atti a questa Corte
sul presupposto della non appellabilità della sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Va anzitutto chiarito che l’appello deve essere conver-
tito in ricorso per cassazione ex art. 568, comma 5, c.p.p.,
stante l’inappellabilità della sentenza impugnata; occorre
infatti al riguardo ricordare l’insegnamento delle Sezioni
unite che, con la sentenza n. 45371 del 2001, Bonaventura,
hanno sostenuto che in tema di impugnazioni, allorché un
provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte
interessata con un mezzo di gravame diverso da quello
legislativamente prescritto, il giudice che riceve l’atto
deve limitarsi, come verif‌icatosi del resto nella specie, a

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