Corte di cassazione penale sez. V, 22 gennaio 2014, n. 2925 (c.c. 3 dicembre 2013)

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giur
Rivista penale 3/2014
LEGITTIMITÀ
esigenze durature alle quali l’ente pubblico deve provvede-
re mediante assunzioni o riqualif‌icando il personale.
2.3 Violazione di norme di regolamento.
Riguardo alla qualif‌ica di norme di regolamento spet-
tante alle disposizioni contenute nello statuto dei consorzi
che gli enti locali costituiscono - a norma dell’art. 31 d.l.vo
n. 156/2000 -”per la gestione associata di uno o più servizi
e per l’esercizio associato di funzioni”, occorre considerare
che l’art. 7 d.l.vo cit., a proposito del potere regolamentare
degli enti locali, specif‌ica che “il comune e la provincia
adottano regolamenti nelle materie di propria competen-
za e in particolare per l’organizzazione e il funzionamento
delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il
funzionamento degli organi e degli uff‌ici e per l’esercizio
delle funzioni”.
La previsione del potere di disciplinare mediante
“regolamenti” “l’organizzazione e il funzionamento degli
organismi di partecipazione” non può non ricomprendere
- per la chiarezza di signif‌icato dell’endiade usata -gli atti
normativi, tradizionalmente denominati statuti, con cui i
consigli degli enti locali, a norma degli artt. 31, commi 2 e
3, e 114, commi 1 e 5, d.l.vo n. 267/2000, dettano le regole
destinate a disciplinare l’ordinamento e il funzionamento
dei consorzi e delle aziende speciali da essi stessi costitui-
ti per l’esercizio di funzioni e per la prestazione di servizi
pubblici di stretta competenza dell’ente territoriale e,
quindi, sottoposti al suo generale potere di regolamenta-
zione, sia che funzioni e servizi siano svolti direttamente
sia nel caso che ciò avvenga tramite organismi partecipati
appositamente costituiti.
Aggiungasi che gli statuti dei consorzi e delle aziende
speciali sono deliberati dal consiglio comunale o provin-
ciale alla stessa stregua dei regolamenti sull’ordinamento
degli uff‌ici e dei servizi propri (v. art. 89 d.l.vo cit.) e che
l’art. 114, comma 5, d.l.vo cit., a sottolineare la continuità
normativa tra statuto delle aziende speciali e regolamento
comunale o provinciale, stabilisce che l’ordinamento e il
funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati
dallo statuto dell’azienda medesima e dai regolamenti
dell’ente locale da cui dipendono.
Non si ravvisano dunque serie ragioni per negare agli
statuti consortili la natura giuridica di “regolamento”. Ne
consegue che, per delibare la sussistenza del reato conte-
stato, il giudice a quo avrebbe dovuto valutare la legittimità
delle delibere di conferimento degli incarichi incriminati
anche sotto il prof‌ilo dell’eventuale violazione delle norme
dello statuto consortile.
La sentenza impugnata, a causa degli errori giuridici e
delle lacune motivazionali f‌in qui evidenziate, deve essere
annullata con rinvio allo stesso tribunale, che rinnoverà il
giudizio attenendosi ai principi di diritto sopra enunciati
e sollecitando il pubblico ministero, con le modalità sug-
gerite dalla giurisprudenza di legittimità (v. sez. un., 20
dicembre 2007 n. 5307, Battistella), a emendare il capo
d’imputazione mediante l’esatta indicazione delle norme di
legge violate e mediante la doverosa precisazione sia della
natura intenzionale del dolo sia dell’azione con cui il coim-
putato Nicolucci sarebbe concorso nel reato. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. V, 22 GENNAIO 2014, N. 2925
(C.C. 3 DICEMBRE 2013)
PRES. LOMBARDI – EST. CAPUTO – P.M. GERACI (PARZ. DIFF.) – RIC.
MONTELEONE
Pena y Pene accessorie y Durata delle pene tem-
poranee y Espressamente f‌issata dalla legge y Ap-
plicazione della regola dettata dall’art. 37 c.p. y
Corrispondenza con la durata della pena principa-
le y Estensione y Alle pene accessorie per le quali
siano previsti un minimo e un massimo edittali y
Fattispecie in tema di commisurazione della pena
accessoria nei reati di bancarotta fraudolenta e
nei reati tributari di occultamento e distruzione di
documenti contabili.
. La regola dettata dall’art. 37 c.p., secondo cui, quando
la durata della pena accessoria non sia “espressamente
determinata” dalla legge, essa dev’essere stabilita in
misura corrispondente alla durata della pena principa-
le inf‌litta, trova applicazione non solo quando la legge
preveda soltanto un limite massimo (come si verif‌ica,
ad es., nel caso di bancarotta semplice, ai sensi del-
l’art. 217 L.F.), ma anche siano previsti un minimo ed
un massimo, come nel caso dei reati tributari, secondo
quanto stabilito dall’art. 12 D.L.vo n. 74/2000. (Mass.
Redaz.) (c.p., art. 37; d.l.vo 10 marzo 2000, n. 74, art.
12; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, art. 4) (1)
(1) In senso contrario si esprime Cass. pen., sez. III, 20 giugno 2008,
Ravara, in questa Rivista 2009, 628, secondo la quale spetta al giudice
stabilire la concreta durata della pena accessoria, seguendo i criteri
di cui all’art. 133 c.p., in tutti in casi in cui vi sia la previsione edittale
di un minimo e di un massimo entro i quali operare. Nel medesimo
senso di quest’ultima massima, si veda anche Cass. pen., sez. III, 18
novembre 2008, P.G. in proc. Di Vincenzo, ivi 2009, 1023. Nello stesso
senso della pronuncia in commento si veda Cass. pen., sez. III, 10
novembre 2008, Azzani ed altro, ivi 2009, 1023. Nello specif‌ico, in
relazione al reato in oggetto, si veda Cass. pen., sez. V, 14 giugno 2012,
Ciampini, ivi 2013, 1076.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 5 marzo 2013, il Tribunale di Tre-
viso ha applicato a Domenico Monteleone la pena dallo
stesso richiesta in accordo con il pubblico ministero. Al-
l’imputato sono stati contestati i reati di cui agli artt. 216,
comma 1, n. 2, e 223 R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (in Treviso,
il 22 luglio 2010: capo A), all’art. 10 d.l.vo 10 marzo 2000, n.
74 (accertato in Treviso il 10 settembre 2012: capo B), agli
artt. 216, comma 1, n. 2, e 223 R.D. 16 marzo 1942, n. 267
(in Treviso, il 8 settembre 2010: capo C) e all’art. 10 d.l.vo
10 marzo 2000, n. 74 (accertato in Treviso il 10 settembre
2012: capo D). Il Tribunale di Treviso ha applicato la pena
di quattro anni di reclusione - determinata ritenendo la
pena di tre anni di reclusione come pena base per quello
più grave, aumentata a cinque anni di reclusione per la
recidiva e a sei anni di reclusione per la continuazione,
con la riduzione per il rito - e ha condannato l’imputato al
pagamento delle spese processuali e di custodia cautela-
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