Corte di cassazione penale sez. V, 24 ottobre 2013, n. 43414 (ud. 25 settembre 2013)

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giur
Rivista penale 12/2013
LEGITTIMITÀ
società predicata dalla Agenzia delle Entrate, è limitata
“ai soli effetti tributari” (v. pg. 40 della circolare), anche a
volere ritenere giuridicamente operante l’estensione, essa
è limitata alle sole operazioni di emersione effettuate dal
“dominus” della società.
Ne consegue che correttamente il giudice di merito, nel
valutare la non congruenza delle somme emerse rispetto a
quelle evase, non ha tenuto conto delle somme scudate da
soggetti non “dominus”, ma meri soci della “Zeus” s.r.l..
Peraltro, a parte la documentazione dello scudo, tali
soggetti non hanno dimostrato la imputazione del rien-
tro di capitali alla società, nè la devoluzione delle som-
me, dopo il rientro, alla società che, è bene ricordarlo, è
persona giuridica distinta dai soci che ne costituiscono la
compagine.
Al rigetto del ricorso per la infondatezza dei motivi,
segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. V, 24 OTTOBRE 2013, N. 43414
(UD. 25 SETTEMBRE 2013)
PRES. PALLA – EST. ZAZA – P.M. IZZO (DIFF.) – RIC. P.G. IN PROC. ZILLE ED ALTRI
Fallimento ed altre procedure concorsuali y Di-
chiarazione di fallimento y Richiesta tardiva y Grave
stato di insolvenza y Imputabilità dell’imprenditore
y Sussistenza y Condizioni.
. Ai f‌ini della conf‌igurabilità del reato di cui all’art. 217,
comma primo, n. 4, L.F. (aggravamento del dissesto per
mancata, tempestiva richiesta, da parte dell’imprendi-
tore, di declaratoria del proprio fallimento), la “colpa
grave”non può essere automaticamente ravvisata sulla
sola base del fatto che, sussistendo lo stato di insolven-
za, l’imprenditore non abbia tempestivamente richie-
sto il proprio fallimento ed abbia in tal modo aggravato
il dissesto, occorrendo invece la dimostrazione, con
adeguata motivazione, che tale condotta sia da consi-
derare come caratterizzata in concreto da colpa grave,
in quanto non riconducibile ad alcuna ragionevole (an-
corchè opinabile) scelta gestionale dell’imprenditore
medesimo . (Mass. Redaz.) (r.d. 16 marzo 1942, n.
267, art. 217) (1)
(1) In argomento, sulla rilevanza della mancata tempestiva richiesta
di fallimento da parte dell’imprenditore, si veda Cass. pen., sez. V, 21
marzo 2013, Viale, in Ius&Lex dvd n. 6/2013, ed. La Tribuna.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della
sentenza del Giudice dell’udienza preliminare presso il
Tribunale di Pordenone del 13 gennaio 2010, veniva con-
fermata l’affermazione di responsabilità di Valentino Zille,
Stefano Zille, Donatella Iride Malavita e Sergio Toffolo
per il reato di cui all’art. 217 r.d. 16 marzo 1942, n. 267,
commesso da Valentino Zille quale presidente del consi-
glio di amministrazione, da Stefano Zille quale consigliere
delegato e dal Toffolo e dalla Malavita quali consiglieri
della ITA s.p.a, dichiarata fallita in Pordenone il 12 marzo
2007, omettendo di richiedere il fallimento f‌ino al 5 marzo
2007 e cosi aggravando il dissesto della società, in stato di
insolvenza dal 31 dicembre 2005. I predetti imputati veni-
vano invece assolti per insussistenza del fatto dall’imputa-
zione del reato di cui agli artt. 2621 c.c. e 223 legge fall.,
loro contestato nell’aver concorso a cagionare il dissesto
della società esponendo fatti non rispondenti al vero nel
bilancio al 2004, in particolare omettendo di svalutare una
partecipazione nella Invest s.r.l., iscritta per €. 210.000 a
fronte di un patrimonio netto della partecipata ridotto ad
€. 78.595, e di conseguenza un credito vantato nei con-
fronti della Invest per €. 1.380.928, ed omettendo altresì di
svalutare crediti iscritti per €. 550.328 nei confronti della
Olcese s.p.a., sottoposta ad amministrazione straordinaria,
e per €. 600.000 della MTP s.r.l., il cui patrimonio netto era
ridotto ad un passivo di €. 982.232. La pena inf‌litta agli
imputati era di conseguenza rideterminata in mesi otto di
reclusione per ciascuno.
Il Procuratore generale e gli imputati ricorrono sui
punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sull’assoluzione dall’imputazione di bancarotta
impropria da reato societario, il Procuratore generale
ricorrente deduce contraddittorietà della motivazione,
nell’esclusione del f‌ine di ingannare i soci o il pubblico
e di conseguire un ingiusto prof‌itto in base al ritenuto
intento degli amministratori di preservare l’assetto pa-
trimoniale della società nelle auspicate prospettive di cre-
scita, censurando la confusione in tal modo ingenerata fra
il movente della speranza nel miglioramento patrimoniale
ed il dolo specif‌ico inevitabilmente derivante dalla con-
sapevolezza delle alterazioni del bilancio. Ulteriore con-
traddittorietà della motivazione è dedotta con riferimento
all’esclusione del rapporto causale fra il reato societario e
l’aggravamento del dissesto alla luce dell’essersi gli impu-
tati attivati nel 2006 per ristrutturare il capitale e ridurre
gli oneri f‌inanziari, lamentando il ricorrente anche a que-
sto proposito la confusione fra il movente che animava gli
imputati e la consapevolezza dell’aggravamento del disse-
sto in conseguenza degli artif‌ici contabili.
2. Sull’affermazione di responsabilità per il reato di
bancarotta semplice, gli imputati ricorrenti deducono vio-
lazione di legge in merito ai presupposti della fattispecie
contestata, che deve ritenersi incriminare il ritardo nella
richiesta di fallimento non in quanto tale, ma rispetto al
momento del conclamato stato di insolvenza. Lamentano
illogicità della motivazione in quanto fondata sulle altret-
tanto illogiche conclusioni del perito contabile, in ordine
alla sussistenza dello stato di insolvenza della fallita al 31
dicembre 2005, tratte all’esito di un ragionamento mera-
mente ipotetico sull’insorgenza della necessità di ricapita-
lizzare o sciogliere la società a quella data ove fosse stata
data un’esatta rappresentazione della situazione f‌inanzia-
ria della stessa, e non su un’analisi reale delle condizioni
effettive della ITA. Denunciano mancanza di motivazione
sull’assenza, alla data indicata, dei dati tipicamente sinto-
matici di uno stato di insolvenza, ossia dell’impossibilità

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