Il caso briscoe e la dottrina dell’ignoranza volontaria. L’insegnamento della suprema corte del Canada

AutoreFederico Piccichè
Pagine359-362

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1. La vicenda

Nel 2005 un fatto di inaudita ferocia sconvolge la città di Edmonton, capitale della provincia canadese dell’Alberta.

Poco dopo la mezzanotte del 3 aprile di quell’anno, due ragazzine N.C. e K.B. venivano fatte salire a bordo di una macchina da un gruppo di cinque persone: due adulti, tali Briscoe e Laboucan, e tre adolescenti. Alle ragazzine era stato falsamente fatto credere che sarebbero state portate ad una festa; in realtà N.C. e K.B. ignoravano che Laboucan quel giorno aveva maturato la malsana e diabolica idea di trovare qualcuno da uccidere. L’idea, infatti, che sembrava non essere stata osteggiata dal resto della balorda compagnia, aveva spinto alcuni dei giovinastri a recarsi all’interno del grande centro commerciale di West Edmond Mall per trovare lì dentro la potenziale vittima, che veniva infine individuata nella povera N.C..

Una volta salite in macchina, le ragazzine venivano condotte in una zona isolata.

In particolare Briscoe accompagnava il gruppo fino ad un campo di golf.

Giunti a destinazione, tutti quanti uscivano dalla vettura, mentre Briscoe apriva il bagagliaio e, su richiesta di Laboucan, gli porgeva delle pinze.

Intanto S.B., una adolescente dello spietato gruppo, nascondeva nella manica una chiave inglese, mentre un altro recuperava un sasso e un martello.

In seguito l’intera compagnia di giovani, ad eccezione di Briscoe, si metteva in marcia, percorrendo un sentiero all’interno del campo, fingendo di cercare la festa per meglio ingannare le infelici ragazzine, che ancora non si erano accorte di essere cadute in una trappola infernale, tragicamente senza ritorno per una delle due.

Ad un tratto S.B., utilizzando la chiave che poco prima aveva celato sotto la manica, colpiva, da dietro, N.C., che cominciava ad urlare e a correre verso Laboucan.

Quest’ultimo sussurrava qualcosa alla sventurata ragazzina che, terrorizzata, si allontanava pregando e implorando Laboucan di non mettere in atto i suoi minacciosi propositi.

Qualche istante dopo, Briscoe raggiungeva il gruppo e, dopo avere afferrato N.C., le urlava di fare silenzio.

Laboucan, poi, raggiungeva la ragazzina e, unitamente ad un altro adolescente M.M.W., iniziava a stuprarla. Dopo la violenza sessuale, N.C. veniva colpita più volte alla testa, a sassate e a martellate, mentre Laboucan la strangolava da dietro.

Laboucan, infine, non riuscendo ancora a contenere i suoi istinti bestiali e sanguinari, ordinava a un’altra adolescente D.T. di tagliare con un coltello la gola della vittima.

D.T. eseguiva l’ordine e affondava il coltello nelle carni, già martoriate, della giovanissima preda del branco. Briscoe non si era mai allontanato dal luogo dello stupro e del brutale omicidio, ma aveva deciso di restarsene, per tutto il tempo, passivo ed inerte.

L’altra ragazzina, tale K.B., amica della sfortunata N.C., aveva assistito solo ad una parte degli orribili eventi sopra descritti e, fortunatamente e miracolosamente, era stata risparmiata dalla furia omicida del branco, uscendo incolume dall’incubo in cui era stata con l’inganno trascinata.

Il corpo di N.C., selvaggiamente brutalizzato, veniva abbandonato sul terreno del campo di golf e scoperto l’indomani.

Questi, in sintesi, i fatti mostruosi che hanno caratterizzato la vicenda, che si è imposta non solo sul piano emotivo, a causa della tragicità dell’evento, che lascia sgomento e inorridito chiunque, ma anche sul piano del diritto, in quanto essa ha consentito di fare luce, con specifico riferimento alla posizione di Briscoe, su alcune regulae juris, tutte attinenti alla teorica della compartecipazione criminosa, che sono state oggetto di interessanti speculazioni giuridiche.1

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2. breve premessa di ordine procedurale

Le cinque persone implicate nella vicenda sono state trascinate in giudizio con le pesanti accuse di sequestro di persona, violenza sessuale e omicidio di primo grado. Briscoe, in particolare, veniva assolto dal giudice del processo in quanto, pur essendo stato accertato l’actus reus della partecipazione, non era stata raggiunta, al di là di ogni ragionevole dubbio, la prova della mens rea, atteso che non era stato con rigore dimostrato che Briscoe avesse avuto effettiva contezza delle reali intenzioni criminose che animavano la mente infernale di Laboucan.

In seguito, la Corte d’appello dell’Alberta annullava la decisione di proscioglimento, ordinando la celebrazione di un nuovo processo, avendo ritenuto che il giudice di prima istanza avesse commesso un errore di diritto omettendo di esaminare la cosiddetta dottrina dell’ignoranza volontaria.

Briscoe ricorreva contro la decisione di seconda istanza davanti alla Corte Suprema che, sulla base delle valutazioni che si andranno ora a sviluppare, rigettava il ricorso, confermando l’ordinanza con la quale si era imposto di tenere un nuovo processo.

3. Le motivazioni del giudice del processo

Nel corso del processo, il pubblico ministero aveva sostenuto che Laboucan fosse la vera mente ispiratrice, avendo elaborato il diabolico piano, scelto la “preda” e comunicato il progetto criminale agli altri componenti della banda, che ruotavano come pedine intorno alla sua figura, dominante e manovratrice, divenendo complici a tutti gli effetti.

Briscoe doveva considerarsi compartecipe del Laboucan perché era stato preventivamente informato del piano, aveva fatto da guida al gruppo, individuando un luogo isolato, e fornito alcuni degli strumenti utilizzati per spezzare la giovane vita della ragazzina, arrivando persino ad avventarsi sulla povera adolescente per impedirle di urlare.

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