Brevi cenni in tema di rifiuto-omissione di atti di ufficio

AutoreEdoardo Righetti
Pagine1017-1018

Page 1017

La sentenza in epigrafe permette di fare il punto dell'indirizzo giurisprudenziale in materia di rifiuto-omissione di atti di ufficio.

Il primo principio espresso in massima si sofferma sulla questione relativa alle modalità con cui l'interessato debba far pervenire la propria richiesta ad un pubblico ufficiale, affinché un diniego non giustificato di quest'ultimo venga ad assumere i contorni del reato preveduto dall'art. 328, comma 2, c.p., come sostituito dall'art. 16 della L. 26 aprile 1990, n. 86, recante modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Su questo tema è opportuno chiarire, come da giurisprudenza uniforme e costante, che la diffida ad adempiere acquista rilevanza solo se sia stata concretamente ricevuta dal funzionario preposto. Ciò che non consentirà al P.M. di limitarsi a dimostrare che la richiesta era conoscibile in astratto, ma dovrà, al contrario, dimostrare che essa è stata conosciuta in concreto. Il principio, contenuto in Cass. pen., sez. VI, 22 settembre 2000, Di Noto, in Riv. giur. polizia 2001, 340, non fa che precisare l'indirizzo già intrapreso, tra le altre, da Cass. pen., sez. VI, 23 dicembre 1998, Lunghi, in questa Rivista 2000, 1034, dove in massima si prende nota del semplice fatto che un dovere di risposta suppone necessariamente l'esistenza di una domanda, non solo conoscibile ma anche perfettamente conosciuta. D'altronde, già Trib. pen. Pistoia 16 aprile 1991, n. 48, Tibo, ivi 1991, 944, prevedeva, per l'integrazione della fattispecie criminosa di cui all'articolo in esame, la specifica richiesta del compimento dell'atto, poiché la condotta omissiva del pubblico ufficiale non si poteva ricondurre alla previsione del reato de quo in presenza del solo formale invito a esporre le ragioni del ritardo. Parimenti, fondamentale rilievo alle modalità di esercizio del diritto di accesso ai documenti amministrativi si riscontrava anche in Trib. pen. Piacenza, uff. Gip, 2 febbraio 1995, Bertuzzi e altri, ivi 1995, 617, nel senso che le non corrette modalità di esercizio di tale diritto conducevano ad escludere la configurabilità di omissione penalmente rilevante ex art. 328 c.p. L'indirizzo in materia seguito dal Tribunale di Piacenza non lasciata adito a dubbi, sotto il profilo penale, se si considera anche la sentenza emessa il 18 dicembre 1993, Francesconi, ivi 1994, 527, dove si stabiliva che il mancato rilascio entro il termine di trenta giorni degli atti...

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