Brevi appunti su alcuni reati elettorali

AutoreLuigi Favino
Pagine17-18

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@1. La distruzione della scheda elettorale nelle sue due configurazioni generiche.

Pur non risultando precedenti in termini specifici sull'argomento, tuttavia il tenore delle rarissime decisioni emesse con riguardo a reati previsti dalla legislazione disciplinante la materia elettorale sembra, comunque, in qualche modo confortare la tesi sostenuta da Cass. pen., sez. III, 12 luglio 2002, Cianca (pubblicata in questa Rivista 2002, 906) secondo cui il comportamento di chi, avendo ricevuto la scheda per esprimere il proprio voto, all'interno del seggio elettorale, strappi la scheda stessa, pronunciando frasi di protesta in ordine alle modalità e termini in cui sia stata indetta la consultazione referendaria, non integra il delitto previsto dall'art. 100, secondo comma, D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, relativo alla distruzione di liste di elettori o candidati, di schede od altri atti destinati alle operazioni elettorali, trattandosi di condotta non idonea a mettere in pericolo il regolare svolgimento delle operazioni elettorali, sanzionata solo in via amministrativa dall'art. 10 del D.P.R. n. 361/1957. Tale tesi è, in particolare, confermata dalla sentenza Cass. pen., sez. III, 10 marzo 1992, Alfonsi (in Mass. Cass. Pen. 1992, fasc. 6, m. 64), nella quale trovasi affermato il principio che la norma di cui all'art. 100 del D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, si riferisce alla fase della preparazione delle elezioni, anteriore all'espressione del voto.

Va premesso che la norma in questione, appare formulata in maniera «infelice», nel terzo comma, come pure spesso lacunosa ed infelicemente formulata, si appalesa l'intera legislazione in materia elettorale 1, con riferimento in particolare al difetto di coordinamento esistente tra le varie norme di cui la medesima si compone, che ci si pregia di definire tacciabile di erroneità, alla luce di un triplice ordine di considerazioni 2.

In primo luogo, non v'è dubbio sulla circostanza che la ratio della norma incriminatrice di cui all'art. 100 D.P.R. n. 361/57, è costituito dall'interesse dello stato di proteggere la regolarità e la genuinità delle operazioni elettorali e dei risultati delle medesime, ed infatti tutte le altre condotte previste e sanzionate dalla norma medesima, si appalesano tali da porre in serio pericolo la regolarità e la genuinità sopra indicata. Appare allora conforme a logica ed al sistema un'interpretazione della locuzione «chiunque distrugge» disancorata dal mero dato letterale: dovrà essere ritenuto colpevole del reato solo colui che, tramite la condotta consistente nella distruzione della scheda, attenti o comunque intenda in qualche maniera attentare alla regolarità delle operazioni di voto 3.

All'uopo, è significativo anche l'esame della norma parallela a quella di cui all'art. 100 D.P.R. 361/57, che trovasi contenuta nell'art. 90 del D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, disciplinante le elezioni dei consigli comunali: le due norme in discorso hanno una struttura pressoché identica, fatta eccezione proprio per quel che riguarda le violazioni aventi ad oggetto le «schede», che sono previste e sanzionate dall'art. 100 della legge e non pure invece dall'art. 90 D.P.R. 570/60, non prevedendo affatto tale norma incriminatrice...

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