In materia di bollino S.I.A.E. gli interessi in gioco sovrastano la lettera della norma

AutoreDavid Terracina
Pagine716-718

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Con la sentenza riportata in epigrafe, le Sezioni unite della Corte di cassazione pongono fine all'incertezza giurisprudenziale relativa all'interpretazione della fattispecie di reato di cui all'art. 171 ter, lett. c), L. 22 aprile 1941, n. 633 (LDA), introdotta dal D.L.vo n. 685 del 1994 (in attuazione della Direttiva CEE n. 92/100), con la quale viene punita la condotta di chi «vende o noleggia videocassette, musicassette od altro supporto contenente fonogrammi o video-grammi di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, non contrassegnati dalla S.I.A.E. ai sensi della presente legge e del regolamento di esecuzione».

Tale pronuncia conferma la tendenza manifestata negli ultimi due anni dalla III sez. penale della medesima Corte, di voler garantire ad ogni costo, nonostante l'incertezza del dato normativo, l'immediata applicabilità, senza un ulteriore intervento del legislatore, della fattispecie di reato in esame 1.

In realtà, a differenza di quest'ultimo, ed apparentemente definitivo, filone interpretativo, i richiami operati dalla norma alla «presente legge» ed al «regolamento di esecuzione» avevano indotto i Giudici di legittimità, almeno in un primo momento, ad un atteggiamento più prudente e ad una riflessione sulla completezza, a livello di descrizione del fatto tipico, della fattispecie di reato de qua.

In particolare, con le sentenze 10 febbraio 1998, n. 451 2 e 12 luglio 1997, n. 209, veniva rilevato come il già richiamato D.L.vo n. 685/94, nulla disponesse in merito alla applicazione dei contrassegni S.I.A.E. sui supporti contemplati dall'art. 171 ter da esso introdotto e come mancasse il relativo regolamento di esecuzione. Si osservava, inoltre, come né la citata legge 633 del 1941, né il suo regolamento, imponessero alcun obbligo di contrassegno per i supporti medesimi. Il che conduceva all'unica conclusione possibile e, cioè, che «non essendo stata ancora emanata la norma necessaria per l'integrazione del reato, che avrebbe dovuto completare la specificazione degli elementi che concorrono alla descrizione dell'illecito penale, l'azione di colui che non applica i contrassegni imposti dalla S.I.A.E. non è tipica nel senso che non corrisponde alla peculiare forma di aggressione del bene tutelato contenuta nel modello legale».

In tali occasioni la Cassazione, pur evitando con atteggiamento piuttosto ambiguo, di pronunciarsi su quali fossero da intendersi la «legge» ed il «regolamento di esecuzione» richiamati dall'art. 171 ter, lett. c), LDA, evidenziava, però, due circostanze ostative alla diretta applicazione di tale figura di reato con le quali ha sentito il dovere di confrontarsi anche il mutato indirizzo giurisprudenziale culminato nella sentenza indicata in epigrafe:

1) in primo luogo il D.L.vo 685/94 non disporrebbe nulla in merito all'applicazione dei contrassegni S.I.A.E, e, comunque, manca il relativo regolamento di esecuzione;

2) in secondo luogo neanche la LDA ed il suo regolamento di esecuzione sembrerebbero imporre alcun obbligo di contrassegno in relazione al tipo di supporti tutelati dall'art. 171 ter.

Entrambe le perplessità sono state, però, superate. Secondo il più recente orientamento della Suprema Corte, infatti, «il D.L.vo n. 685/94 ha inteso riaffermare il valore centrale della legge 633 del 1941, tanto che il legislatore ha operato la scelta di aggiornare il corpo normativo originario attraverso l'interpolazione» 3. Il ricorso a tale tecnica paleserebbe, dunque, la volontà del legislatore di inserire le nuove previsioni penali quali parte integrante della legge fondamentale sul diritto d'autore, «sicché il regolamento di esecuzione richiamato dall'art. 171 ter altro non è che quello approvato con R.D. 18 maggio 1942, n. 1369».

La norma di riferimento diverrebbe, allora, l'art. 12 di detto regolamento con il quale viene previsto, al primo comma, l'obbligo per l'editore di far contrassegnare gli esemplari dell'opera, a norma dell'art. 123 LDA. Sebbene i Giudici di legittimità riconoscessero che, in altre occasioni, «da questa formula si è desunto che la disposizione si riferirebbe soltanto ai contratti di edizione, poiché l'art. 123 da ultimo menzionato è inserito nel titolo III «Disposizioni comuni», capo II «Trasmissione dei diritti di utilizzazione», sezione III «Contratto di edizione», ciò non sarebbe, però, sufficiente ad escludere l'estensione della disciplina anche alle altre opere dell'ingegno. Una simile conclusione sarebbe motivata dal fatto che «il terzo comma del citato art. 12 recita: Le categorie di opere che devono essere oggetto del contrassegno in applicazione delle disposizioni della legge (LDA, n.d.r.) e in ispecie...

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