Il bene giuridico protetto dal reato di furto: una questione anche di 'possesso'

AutoreArcangela Maria Tamburro
Pagine551-554
551
Rivista penale 6/2014
Dottrina
IL BENE GIURIDICO PROTETTO
DAL REATO DI FURTO:
UNA QUESTIONE
ANCHE DI “POSSESSO”
di Arcangela Maria Tamburro
SOMMARIO
1. Premessa. 2. Oggetto giuridico e soggetto passivo del reato di
furto: un binomio giuridico indissolubile ma intricato. 3. “Pos-
sesso” e “detenzione”: concetti civilistici ma non troppo. 4. La
posizione delle Sezioni Unite sulla vicenda: battesimo della
nozione di “possesso penalistico”. 5. Osservazioni conclusive.
1. Premessa
Quando si parla di oggetto giuridico del reato ci si rife-
risce al bene o interesse protetto dalla norma penale che
risulta leso o messo in pericolo, in via diretta e immediata,
dalla condotta del soggetto attivo. Esso non va confuso con
la ratio della norma penale e assolve una duplice funzione:
adiuva l’ermeneuta nell’interpretazione della fattispecie in-
criminatrice, in caso di dubbi sul suo senso letterale ed i suoi
limiti, ma soprattutto funge da criterio di individuazione del
soggetto passivo del reato o persona offesa. Insomma, esso
è il criterio per distinguere la persona offesa dalla f‌igura
del danneggiato del reato, il quale, invece, non è soggetto
titolare del diritto di querela (art. 120 c.p.) come il soggetto
passivo del reato, ma soltanto colui che subisce dal reato un
danno patrimoniale o non patrimoniale (art. 185 c.p.).
La connotazione del bene giuridico protetto da un rea-
to non sempre è agevole e, perciò, molto spesso si creano
annose diatribe in seno alla dottrina e alla giurisprudenza
in merito proprio all’individuazione della persona offesa
titolare del diritto di querela per il reato richiedente tale
condizione di procedibilità. È quanto accaduto, ad esem-
pio, in materia di reato di furto.
2. Oggetto giuridico e soggetto passivo del reato di fur-
to: un binomio giuridico indissolubile ma intricato
Sin dall’entrata in vigore del codice Rocco, il bene
giuridico del reato di furto previsto dall’art. 624 c.p. è
stato campo di “battaglie esegetiche” tra varie “fazioni”
dottrinali, in cui la Suprema Corte non aveva mai assunto
una ferma posizione interpretativa. In modo particolare,
da quando l’art. 12 della L. 25 giugno 1999, n. 205, aggiunse
il comma 3 nell’art. 624 c.p., che prevede la punibilità del
reato in questione a querela della persona offesa.
Una parte della dottrina, facendo leva sul senso letterale
della norma, che parla di “detenzione”, ha individuato il bene
giuridico del reato di furto nel possesso o nella detenzione,
ossia nella relazione di fatto di disponibilità della cosa,
che prescinde dall’esistenza di un titolo giuridico o dalla
sua liceità, con la conseguenza che anche il furto a danno
del ladro è punibile. Altra parte della dottrina, invece, ha
individuato il bene giuridico in esame nella proprietà e nei
diritti reali di godimento, quindi, in un ambito giuridico più
limitato, facendo leva, in primis, sulla diff‌icoltà di ritenere
punibile la sottrazione della cosa da parte del proprietario
messa in atto ai danni del detentore. In tal caso si è fatto
presa sul concetto di “altruità”, che sembra escludere dal-
l’elenco dei soggetti attivi del reato proprio il proprietario
della cosa mobile. In secondo luogo, i sostenitori della tesi
de qua hanno fatto perno sull’art. 627 c.p., il quale, a loro
dire, stabilendo una pena più leggera per la sottrazione di
cosa in parte propria ed in parte altrui, rende contraria al
principio di proporzionalità la punibilità con pena più grave
prevista dall’art. 624 c.p. la fattispecie di furto da parte del
proprietario di cosa pienamente propria.
Per anni, la giurisprudenza di legittimità ha oscillato
tra queste due posizioni ermeneutiche, anche se in misura
prevalente verso la prima (Cass. pen., sez. V, 23 maggio
2003 n. 22860; Cass. pen., sez. II, 9 dicembre 2008; Cass.
pen., sez. V, 18 marzo 2009 n. 26220; Cass. pen., sez. V, 16
giugno 2010 n. 34009; Cass. pen., sez. IV, 8 settembre 2010
n. 37932; Cass. pen., sez. IV, 26 ottobre 2010 n. 37932; Cass.
pen., sez. IV, 16 novembre 2010 n. 41592; Cass. pen., sez.
VI, 15 giugno 2012 n. 1037; seconda opzione interpretativa
condivisa, invece, da: Cass. pen., sez. IV, 15 febbraio 2005;
Cass. pen., sez. II, 19 ottobre 2006 n. 37214; Cass. pen., sez.
IV, 27 ottobre 2010 n. 44842).
Pertanto, f‌ino all’anno 2012 la persona offesa, titolare del
diritto di querela, veniva diversamente individuata a seconda
della scelta di una delle suddette concezioni interpretative,
determinando così una situazione di incertezza giuridica,
che inf‌iciava, in via occulta, i principi cardini dell’ordina-
mento penale, ovvero quello di legalità e tassatività.
Certamente aderente al senso letterale della norma in-
criminatrice e alla ratio legis deve ritenersi, a mio avviso,
la prima opzione interpretativa in virtù delle seguenti
argomentazioni.

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