Bancarotta fraudolenta: individuazione della competenza territoriale

AutoreRaffaella Monaldi
Pagine665-667
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giur
Rivista penale 7-8/2015
LEGITTIMITÀ
sollevare conf‌litto - di fatto adempie all’onere spettante al
Tribunale di Roma: cosicché il conf‌litto deve essere deciso
da questa Corte senza ulteriori passaggi, anche per rispon-
dere all’esigenza di ragionevole durata del processo.
La motivazione della sentenza di incompetenza del
Tribunale di Roma dimostra l’erroneità della decisione as-
sunta da quell’Uff‌icio.
Benché nella pratica il Tribunale che dichiara il falli-
mento e che, quindi, gestisce la procedura fallimentare sia
lo stesso che, in sede penale, giudica dei reati fallimentari,
non vi è dubbio che i criteri di determinazione della com-
petenza sono diversi: in sede civile, la competenza terri-
toriale per la dichiarazione di fallimento spetta al tribu-
nale del luogo in cui l’imprenditore ha la sede principale
dell’impresa, che si identif‌ica con quello in cui vengono
individuate e decise le scelte strategiche cui dare seguito,
e coincide, di regola, con la sede legale, salvo che non
emergano prove univoche tali da smentire la presunzione
suddetta (Cass. civ., sez. un., sentenza n. 15872 del 25 giu-
gno 2013, Rv. 626755); in sede penale la competenza per
territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato
consumato (art. 8, comma 1, c.p.p.).
Di conseguenza, la questione della sede - effettiva
o f‌ittizia - della società fallita non rileva in sede penale;
né la statuita competenza civile del Tribunale di Velletri,
affermata da questa Corte in sede civile, determina lo spo-
stamento di competenza in sede penale, in una sorta di
connessione non prevista dalla legge.
Poiché la dichiarazione di fallimento è un elemento
costitutivo del reato e non una condizione oggettiva di pu-
nibilità del reato di bancarotta, esso si perfeziona in tutti i
suoi elementi costitutivi quando il soggetto, che abbia com-
messo anche in precedenza attività di sottrazione dei beni
aziendali, sia dichiarato fallito (Sez. I, n. 1825 del 6 no-
vembre 2006 - dep. 22 gennaio 2007, Iacobucci, Rv. 235793;
Sez. I, n. 4356 del 16 novembre 2000 - dep. 1 febbraio 2001,
Agostini e altro, Rv. 218250; Sez. V, n. 1935 del 19 ottobre
1999 - dep. 21 febbraio 2000, Auriemma, Rv. 216433).
I reati contestati si sono, pertanto, consumati con la
prima dichiarazione di fallimento, pronunciata dal Tri-
bunale di Roma. Si deve rimarcare che la risoluzione del
conf‌litto positivo di competenza (territoriale) tra due tri-
bunali fallimentari e la conseguente individuazione, quale
giudice competente, di un tribunale diverso da quello che
per primo ha dichiarato il fallimento, non comporta la
cassazione della relativa sentenza e la caducazione degli
effetti sostanziali della prima dichiarazione di fallimento,
ma solo la prosecuzione del procedimento avanti il tri-
bunale ritenuto competente presso il quale la procedura
prosegue con le sole modif‌iche necessarie, avuto riguardo
al principio dell’unitarietà del procedimento fallimentare
a far tempo dalla pronuncia del giudice incompetente,
enunciato dall’art. 9-bis della L. fall., (introdotto dal D.L.vo
n. 5 del 2006, art. 8), ma desumibile anche dal sistema e
dai principi informatori della legge fallimentare, nel testo
anteriormente vigente (Cass. civ., sez. I, ord. n. 13316 del
31 maggio 2010, Rv. 613613). (Omissis)
bancarotta fraudolenta:
IndIvIduazIone della
coMpetenza terrItorIale
di Raffaella Monaldi
La sentenza annotata si segnala oltre che per la chia-
rezza del contributo offerto in tema di “tempus et locus” di
consumazione del reato di bancarotta anche per il puntua-
le richiamo ai principi enunciati in materia sia nella giuri-
sprudenza civile che in quella penale. La Corte, chiamata
a risolvere un conf‌litto negativo di competenza, enuncia
i criteri di determinazione della competenza territoriale
nella procedura concorsuale civile ed in quella penale di
bancarotta, tratteggiando la diversità degli stessi.
Per comprendere la portata della pronuncia in com-
mento è bene ripercorrere brevemente gli aspetti salienti
della vicenda processuale in uno con le argomentazioni di
diritto spese dai Giudici di merito in conf‌litto, entrambi
ritenutisi incompetenti.
Con sentenza del 13 dicembre 2010 il Tribunale di
Roma, dichiarava il fallimento della società X. Pochi giorni
dopo, il 27 dicembre 2010, anche il Tribunale di Velletri
dichiarava il fallimento della medesima società.
Ne seguiva un regolamento di competenza civile, risol-
to dalla Suprema Corte di Cassazione con l’individuazione
della competenza territoriale del Tribunale di Velletri.
Alla decisione adottata in quella sede dalla Suprema
Corte si giungeva attraverso il ricorso al principio, conso-
lidato nella giurisprudenza fallimentare, che il fallimento
della società debba essere dichiarato dal Tribunale del
luogo in cui la società ha la sede principale dell’impresa,
luogo che coincide con quello in cui vengono svolte le più
importanti attività della stessa e compiute le scelte stra-
tegiche , a nulla rilevando eventuali trasferimenti succes-
sivi e di comodo della sede legale, magari in prossimità del
fallimento.
Veniva quindi incardinato presso la Procura di Velletri
procedimento penale per bancarotta fraudolenta. Agli atti
venivano acquisite entrambe le sentenze dichiarative di
fallimento oltre che il regolamento che ne era seguito.
All’udienza preliminare, il Gup di Velletri, in accogli-
mento dell’eccezione di incompetenza territoriale solleva-
ta dalla difesa di uno degli imputati, pronunciava sentenza
di incompetenza territoriale.

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