Astensione degli avvocati e decorso delle prescrizioni

AutoreAntonio Giannelli
Pagine698-700

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La sentenza che si annota proviene da una Corte che ha sempre affermato il proprio pensiero anche al di là delle tendenze della Suprema Corte. La questione, benvero, non si pone per la prima volta ed impinge nel disagio creato dal contrasto, peraltro strutturale, tra diritto degli avvocati alla astensione delle udienze e decorrenza dei termini processuali tali da determinare la prescrizione dei processi penali. Si tratta di una vicenda che nessun Governo della Repubblica italiana ha avuto il coraggio di affrontare e che nessun nostro Parlamento ha mai esaminato compiutamente. Si trattava, appare evidente, di astenersi dal maneggiare una patata bollente trovandosi, così, in un campo di contrasti tra i diritti o le pretese dell'Avvocatura e le necessità del processo penale.

Di certo c'è che la legge prevede oggi un decorso temporale e degli effetti che discendono dal bisogno di fare scorrere i processi, bisogno che è stato sempre sentito: come tutti gli atti umani i processi vanno risolti in tempi ragionevoli, ad evitare anche che i mutati atteggiamenti sociali rispetto ai fatti contestati e qualificati come reato vedano nel tempo una diversa collocazione.

Basti pensare allo squallore di processi che, in mancanza di previsioni prescritte, vengono intentati dopo cinquanta, sessanta anni per affermare dei principi che nessuno contesta e che non fanno altro che creare turbamento sociale.

Ma ciò è dei massimi sistemi e non è di ciò che dobbiamo parlare; nel caso di specie si tratta di vicende leviores che si verificano con frequenza nelle nostre corti e che hanno indotto molti giudici a forzare le correnti norme di garanzie, in nome di principi che non ci sentiamo di condividere e che si esternano con la ricorrente espressione che bisogna salvare i processi quando, piuttosto, l'imperativo che si debbono porre i giudici è di salvare la giustizia!

La questione è la seguente: l'astensione degli avvocati regolarmente deliberata sospende il corso delle prescrizioni e, se sì, di quanto? Il secondo interrogativo neppure è posto a caso in quanto va pur considerato che un'astensione è di un giorno o, al massimo di tre, quattro giorni ma gli effetti che ne derivano consistono in rinvii nei tempi medi delle nostre corti di mesi, un anno, anche qualcosa di più; come si può coordinare ciò con il bisogno di celerità dei processi?

Il probelma, come anticipavamo, è del legislatore e la cosa più grave che possa commettere un giudice onesto è quello di...

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