Ancora Sulla Vexata Quaestio Delle Domande Nuove Introdotte In Seguito Ad Opposizione Allo Sfratto

AutoreRoberto Masoni
Pagine690-692
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giur
6/2017 Arch. loc. cond. e imm.
LEGITTIMITÀ
5.1. Il motivo è inammissibile. La censura muove dal
presupposto di fatto che con riferimento alla locazione
in questione il locatore abbia manifestato espressamen-
te l’opzione per l’imposizione ai sensi dell’art. 10, comma
1, n. 8, D.P.R. n. 633 del 1972, che contempla l’esenzione
dall’imposta salva l’opzione del locatore. Tale presupposto
di fatto non risulta accertato dal giudice di merito.
6. Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 437 - 447 bis c.p.c., ai sensi del-
l’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c.. Osserva il ricorrente che
la domanda di restituzione della somma di Euro 2.160,00
versata a titolo di cauzione era inammissibile in quanto
proposta per la prima volta in appello.
6.1. Il motivo è inammissibile. Nel giudizio di legitti-
mità, il ricorrente che censuri la violazione o falsa appli-
cazione di norme di diritto, quali quelle processuali, deve
specif‌icare, ai f‌ini del rispetto del principio di autosuff‌i-
cienza, gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli
ambiti di operatività della violazione (Cass. 13 maggio
2016, n. 9888). L’esercizio del potere di diretto esame de-
gli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di
legittimità ove sia denunciato un error in procedendo,
presuppone che la parte, nel rispetto del principio di auto-
suff‌icienza, riporti, nel ricorso stesso, gli elementi ed i ri-
ferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non
genericamente, il vizio processuale, onde consentire alla
Corte di effettuare, senza compiere generali verif‌iche de-
gli atti, il controllo del corretto svolgersi dell’iter proces-
suale (Cass. 30 settembre 2015, n. 19410). Con riferimento
alla domanda di primo grado, rispetto alla quale deve valu-
tarsi la novità dell’istanza proposta in appello, il ricorrente
si è limitato alla generica indicazione di domanda di con-
danna al risarcimento del danno, omettendone la relativa
trascrizione o quanto meno l’esatta descrizione. L’onere di
autosuff‌icienza del ricorso non risulta quindi rispettato.
(Omissis)
ANCORA SULLA VEXATA
QUAESTIO DELLE DOMANDE
NUOVE INTRODOTTE
IN SEGUITO AD OPPOSIZIONE
ALLO SFRATTO
di Roberto Masoni
I. La pronunzia in annotamento ripropone all’attenzio-
ne dell’interprete una tematica processuale divenuta or-
mai classica, su cui in più di un’occasione la nomof‌ilachia
si espressa, senza peraltro pervenire ad esiti univoci ed a
soluzioni ermeneutiche risolutive.
La quaestio iuris che la decisione pone è quella dei po-
teri riconoscibili all’attore intimante nel procedimento per
convalida di sfratto a seguito di opposizione dell’intimato;
problema interpretativo emergente a seguito della novella
del 1990, che ebbe ad innovare il testo normativo aff‌idato
all’art. 667 c.p.c., con richiamo alla facoltà concessa alle
parti di integrazione degli atti introduttivi del procedi-
mento, mediante deposito di memorie ex art. 426 c.p.c.
Ebbene, oltre dieci anni or sono, evidenziavamo uno
strisciante contrasto che pervadeva la nomof‌ilachia; un
contrasto mai formalmente risolto e che, come un f‌iume
carsico, ciclicamente riemerge, come testimonia l’arresto
in commento.
Per riassumere la complessa tematica e le reiterate in-
certezze in materia va chiarito che, a tutt’oggi si fronteggia-
no due antitetiche concezioni ricostruttive riguardanti la
struttura del procedimento per convalida in seguito a mu-
tamento del rito, con rampollanti e connesse conseguenze
processuali riverberantesi sulle connesse facoltà delle parti.
Da un canto, si colloca l’orientamento, fatto proprio
dalla pronunzia in rassegna, che predica la facoltà per l’at-
tore-intimante di veicolare domande nuove in memoria in-
tegrativa autorizzata ex art. 426 c.p.c., memoria che, come
precisa la Corte, “costituisce l’atto in cui si cristallizzano
le posizioni delle parti”. Presupposto di questo ragionare
è la tradizionale affermazione secondo cui l’opposizione
dell’intimato determina “la conclusione del procedimento
a carattere sommario e l’instaurazione di uno, nuovo ed
autonomo a cognizione piena” (1).
Dall’altra, quello, seguito da ulteriori (per vero, menzio-
nati in modo incompleto dalla pronunzia in epigrafe) e mol-
teplici arresti (2), i quali, tutti, recisamente, escludono l’am-
missibilità di domande nuove da parte dell’attore intimante,
a fronte delle rigide preclusioni caratterizzanti il processo
a plena cognitio retto dal rito speciale locatizio-laboristico,
che insorgono a seguito di opposizione del convenuto. Cosic-
ché in quest’ambito si ammette unicamente la possibilità di
“modif‌icare o precisare le domande già proposte” (3).
Tale marcato contrasto, foriero di assai gravide conse-
guenze tanto sul piano pratico che su quello processuale,
come testimonia la cassazione con rinvio della pronunzia
di merito gravata che si era uniformata a quest’ultimo
orientamento, avrebbe meritato un risolutivo intervento
delle Sezioni Unite che, invece, neppure la pronuncia in
esame ha sollecitato.
II. Se quello testè riferito nel precedente paragrafo è
lo stato della giurisprudenza di Cassazione in materia, ben
diversa è l’interpretazione (che la pronunzia omettere di
ricordare) che viene fornita abitualmente.
Mentre i giudici di merito sono compattamente con-
trari ad ammettere l’introduzione di domande nuove nel

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