Ancora sul fok: non è un rifiuto

AutoreElio Belfiore
Pagine1144-1146

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La sentenza della Corte di appello di Caltanissetta, che qui si annota, va doverosamente segnalata come un esempio estremamente significativo di attuazione del diritto positivo, sia sotto il profilo del rispetto dei canoni ermeneutici che devono guidare l'attività dell'interprete che sotto quello del contenuto.

L'oggetto del giudizio concerneva, invero, la qualificazione giuridica di una sostanza, denominata fok (acronimo per Fuel Oil da Craking) prodotta nel processo di steam cracking insieme ad altre sei sostanze (etilene, propilene, mix C 4, benzina pirolitica, metano, idrogeno), in quantità anche variabile, e venduta ad altre aziende per usi commerciali differenti, tra i quali l'utilizzazione come nero fumo o olio combustibile. Si trattava di stabilire se si fosse in presenza di un rifiuto di un processo di trasformazione del petrolio overo di un normale prodotto (o sottoprodotto) lecitamente utilizzabile e negoziabile. La rilevanza penalistica della vicenda era anche assai significativa a causa dei precedenti giudiziari che l'avevano connotata. Ed invero, sulla qualificazione giuridica di questa sostanza - pacificamente considerata in tutti i Paesi occidentali un prodotto tout court - si era formato un acuto contrasto di giudicati: il giudice monocratico del Tribunale di Gela, che aveva deciso il processo in primo grado, aveva considerato il fok un rifiuto, mentre ad opposta soluzione era giunto il Gup del Tribunale di Siracusa che su conforme richiesta del pubblico ministero aveva archiviato il procedimento penale avente lo stesso oggetto.

I termini del contrasto sono accuratamente e chiaramente riassunti in questa rivista nel fascicolo di settembre del 2006, con una rigorosa nota critica che solleva una questione di grave momento nell'attuale momento storico, riassumibile nei termini con cui è stata formulata nella nota predetta; e cioè «non è certo la prima volta che nella giurisprudenza si scontrano opinioni discordanti su una materia specifica: ma nel caso del fok si può parlare di una vera aporia giurisprudenziale per l'arbitrarietà del percorso interpretativo seguito dal Giudice di Gela, frutto di una ingiustificata e ingiustificabile pretesa di discrezionalità in materia non consentita».

Ebbene: è proprio sotto questo profilo, quello dei poteri del giudice nella risoluzione di una controversia (rectius: nell'applicazione del diritto) che la decisione della Corte d'appello di Caltanissetta sopra riportata merita un incondizionato plauso per l'impeccabile rispetto dei limiti che, in materia, l'ordinamento gli impone nell'esercizio dei poteri «interpretativi». La nozione di «rifiuto», infatti, nel nostro ordinamento è frutto del recepimento delle direttive comunitarie n. 75/442/CEE e 8/319 CEE, così come modificate dalla direttiva 91/156 CEE; ed invero il D.L. 5 febbraio 1997 n. 22 - è quello che qui interessa direttamente - recepisce la nozione «comunitaria» statuendo che è rifiuto «qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi». Ed è noto che l'allegato A riprende l'elenco delle categorie di rifiuti contenuto nell'allegato I della direttiva 75/ 442/CEE.

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