Ampliamento dei casi di rimessione del processo al legittimo sospetto e legge cirami

AutoreErmenegildo Costabile
Pagine1039-1042

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Con una recente e nota legge, n. 248 promulgata il 7 novembre 2002 dal Presidente della Repubblica ed entrata in vigore il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (non, come ordinariamente accade, il 15º giorno successivo), il legislatore ha inteso colmare una lacuna legislativa dell'art. 45 del codice di procedura penale, che disciplina i casi di rimessione del processo, laddove non era previsto il cosiddetto «legittimo sospetto» sull'imparzialità del giudice.

La legge in parola, andata ben oltre la modifica dell'art. 45 c.p.p., ha avuto un iter parlamentare che, pur nell'eccezionale celerità che lo ha caratterizzato, è stato molto travagliato, soprattutto a causa di dubbi profili di legittimità costituzionale.

Proprio per tali problemi, anche a seguito delle pressioni del Quirinale (il Presidente della Repubblica è organo che deve garantire il rispetto della Costituzione), è stato modificato il testo originariamente presentato e si è giunti, tramite una serie di «taglia e cuci», ad un articolato che non può certo dirsi frutto di un'alta tecnica legislativa, sia sotto il profilo formale sia sotto quello sostanziale.

I punti più critici: la formulazione dell'art. 45, con riferimento al caso di rimessione per legittimo sospetto; il meccanismo della sospensione del processo in corso, in attesa della decisione della Cassazione sulla domanda di trasferimento della sede processuale; la disciplina sulla validità degli atti già compiuti nel procedimento, in caso d'accoglimento della domanda di rimessione.

Per quel che concerne l'effetto sospensivo legato alla domanda di rimessione, mi limito a richiamare un articolo che ho scritto prima della presentazione del disegno di legge Cirami, pubblicato su questa Rivista n. 9 del 2002 (pagg. 735 e ss.), con cui, dopo una compiuta analisi della problematica, si proponeva l'unica disciplina capace di conciliare i principi di efficienza della giustizia e di ragionevole durata del processo con la garanzia d'imparzialità del giudice, affidando ad una specifica valutazione della Corte di Cassazione e anche, disgiuntamente, al giudice di merito (che nel primo caso di rimessione previsto non è iudex suspectus) la decisione sull'eventuale sospensione del processo in corso. Il meccanismo previsto dal vigente art. 47 c.p.p. è, invece, gravemente infunzionale e la sua incostituzionalità non tarderà ad essere sollevata.

La disciplina degli atti già compiuti, in caso di accoglimento della domanda di rimessione, presenta i medesimi profili d'incostituzionalità, in particolar modo con riferimento alla ragionevole durata del processo, essendo rimessa alla decisione delle parti la ripetizione degli atti compiuti dal giudice prima della rimessione. Né il regime introdotto è stato coperto sotto il paravento del principio di oralità (sistematicamente disatteso nel nostro ordinamento) che, comunque, nel caso specifico, sarebbe correttamente derogabile per la tutela di altre esigenze più meritevoli.

In questo breve scritto, però, ci si vuole soffermare più compiutamente sull'art. 45 c.p.p., in quanto il testo definitivo della nuova legge, per recuperare il rispetto dei principi costituzionali, ha fortemente limitato quell'effetto ampliativo dei casi di trasferimento del processo che era nelle originarie intenzioni di chi ha promosso o sponsorizzato quest'intervento legislativo.

Secondo una corretta interpretazione, la portata della norma, di poco diversa dalla precedente, non attribuisce alcun valore alle mere valutazioni ipotetiche proprie del concetto di legittima suspicione, richiedendo, viceversa, l'accertamento di una condizione processuale concreta di turbativa del processo.

L'analisi della tematica deve muovere dai suoi termini iniziali: garanzia per l'imputato di essere giudicato da un giudice terzo ed imparziale (espressamente sancita all'art. 111 comma 2 della Costituzione), rispetto del principio del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 comma 1 Costituzione).

Alla luce delle polemiche che hanno accompagnato l'iter parlamentare della legge Cirami, bisogna innanzitutto chiarire che questi due principi non sono in contrasto tra loro, bensì intimamente connessi: condizione principale per realizzare la garanzia d'imparzialità del giudice è la sua precostituzione per legge, vale a dire, l'individuazione chiara e precisa di un giudice naturale competente ad accertare il reato e dal quale non si può «sfuggire» attraverso strumenti processuali che consentono ampi margini di discrezionalità applicativa e che finiscono, quindi, per alimentare tanto ingiustificate quanto pericolose convinzioni che si possa in tal modo alterare il corso della giustizia. Tutto ciò, al di là del pregiudizio per l'efficienza della giustizia nel caso concreto, sarebbe a grave detrimento dell'indipendenza e imparzialità della magistratura.

Ciò premesso, la garanzia d'imparzialità del giudice, oltre che attraverso il rispetto dell'art. 25...

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