Sentenza nº 255 da Constitutional Court (Italy), 05 Dicembre 2019

RelatoreFranco Modugno
Data di Resoluzione05 Dicembre 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 255

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito della delibera del Consiglio dei ministri del 7 dicembre 2018, promosso dalla Regione Molise con ricorso notificato il 5-8 febbraio 2019, depositato in cancelleria il 6 febbraio 2019, iscritto al n. 2 del registro conflitti tra enti 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2019 il Giudice relatore Franco Modugno;

udito l’avvocato Massimo Luciani per la Regione Molise e gli avvocati dello Stato Leonello Mariani e Diana Ranucci per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – La Regione Molise ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, lamentando che non sarebbe spettata a quest’ultimo e, per esso, al Consiglio dei ministri, l’adozione della delibera del 7 dicembre 2018, recante la nomina del dott. Angelo Giustini a commissario ad acta e della dott.ssa Ida Grossi a sub-commissario per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario della Regione Molise, e chiedendo, di conseguenza, il suo annullamento.

    La ricorrente ritiene, infatti, che la delibera censurata sarebbe stata adottata in violazione degli artt. 3, 81, 97, 117, terzo comma, 118 e 120 della Costituzione e dei principi di leale collaborazione e legittimo affidamento e, pertanto, sarebbe lesiva, per una pluralità di motivi, delle proprie attribuzioni costituzionali.

    In subordine, chiede a questa Corte di dichiarare, «previa eventuale rimessione della questione di legittimità costituzionale innanzi a se stessa, […] l’illegittimità costituzionale degli artt. 1, comma 395, della l. n. 232 del 2016 e 2, comma 84-bis, della l. n. 191 del 2009, nella formulazione vigente ratione temporis».

    1.1.– La ricorrente sottolinea come per le Regioni commissariate ai sensi dell’art. 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 29 novembre 2007, n. 222, quali, da oltre un decennio, la Regione Molise, vigeva un regime per il quale: per un verso, il Consiglio dei ministri dovesse nominare commissario ad acta il Presidente della Regione; per l’altro, solo in caso di dimissioni o di impedimento del Presidente della Giunta, il Consiglio dei ministri avrebbe potuto nominare un altro Commissario ad acta fino all’insediamento del nuovo Presidente della Regione o alla cessazione della causa di impedimento. Inoltre, parte ricorrente sottolinea come la normativa sul commissariamento abbia una struttura tendenzialmente duale, nella quale il sub-commissario «rappresenta la componente squisitamente tecnica, mentre il commissario – da individuarsi nella persona del Presidente della Regione interessata – costituisce l’elemento di raccordo politico-decisionale con l’istituzione regionale».

    La Regione ricorda le modifiche normative che si sono succedute in materia e rileva come la regola della nomina automatica del Presidente della Regione a commissario ad acta, sancita dall’art. 2, commi 79, 83, 84 e 84-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», sia stata in un primo tempo superata dall’art. 1, comma 569, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)». Con l’intervento del 2014, il legislatore ha introdotto infatti la regola dell’incompatibilità tra la nomina a commissario ad acta e l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione commissariata e, di conseguenza, ha modificato i commi 79, 83, 84 e 84-bis, in sostanza eliminando il riferimento al Presidente della Regione in essi contenuto.

    Successivamente, tuttavia, il legislatore è intervenuto novamente con l’art. 1, comma 395, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), superando la regola dell’incompatibilità introdotta pochi anni prima, e ha statuito che alle Regioni commissariate ai sensi dell’art. 4, comma 2, del d.l. n. 159 del 2007 non si applicassero le disposizioni cui all’art. 1, comma 569, della legge n. 190 del 2014.

    1.2.– Alla luce di tali premesse, la Regione Molise ritiene che la delibera censurata sarebbe lesiva delle proprie attribuzioni costituzionali, in quanto il Consiglio dei ministri avrebbe esercitato un potere radicalmente diverso da quello attribuito dalla legge «così integrando un’ipotesi di palese “carenza di potere in concreto”». Secondo la Regione, poi, il tono costituzionale del conflitto non verrebbe meno in ragione del fatto che l’atto sia viziato anche per violazione di legge, fatta valere dinnanzi al competente giudice amministrativo. Tale conclusione, a parere della ricorrente, troverebbe conforto nella stessa giurisprudenza costituzionale (si richiama la sentenza n. 10 del 2017), la quale distingue i casi in cui la lesione derivi da un atto meramente illegittimo da quelli in cui l’atto sia viziato anche per contrasto con le norme attributive di competenza costituzionale, non avendo rilievo alcuno, in tale caso, che l’atto sia impugnato anche in sede giurisdizionale.

    1.3.– Nel primo motivo di ricorso, la Regione Molise preliminarmente chiarisce che ad essere censurata non è tanto la violazione di legge, quanto la omessa valutazione in concreto di una «pluralità di elementi coessenziali al corretto esercizio dei poteri sostitutivi demandati dal Governo nei confronti delle Regioni in piano di rientro».

    La ricorrente, nello specifico, lamenta che la delibera oggetto del conflitto, in assenza di un’attenta valutazione sullo stato di avanzamento del piano di rientro, avrebbe determinato, senza valide ragioni costituzionali e in violazione del principio di ragionevolezza e del buon andamento dell’amministrazione, nonché degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., una compressione delle competenze sia legislative sia amministrative della Regione nelle materie «tutela della salute» e «coordinamento della finanza pubblica»; la stessa delibera avrebbe altresì soppresso, peraltro senza perseguire alcun interesse meritevole di tutela, il collegamento istituzionale tra la struttura commissariale e l’amministrazione regionale.

    La delibera avrebbe omesso, infatti, una concreta valutazione di una serie di profili ritenuti rilevanti (l’opportunità di conferire l’incarico ad un soggetto che permettesse un confronto con l’amministrazione regionale grazie alla coincidenza di incarichi in capo alla stessa persona, fatto questo supportato anche dal parere della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, contenuto nella nota 2018/104/SRFS/C7; lo stato di avanzamento del piano di rientro dal deficit sanitario, evidenziando come per il 2017 il punteggio della griglia dei livelli essenziali di assistenza – pari a 167 – si colloca di sopra dalla soglia di adempienza, dato che il livello di sufficienza è «pari al valore di >160»; gli effetti che il grave ritardo accumulato dal Governo nella nomina del commissario ad acta avrebbe sul sistema sanitario regionale), al punto da risultare irragionevolmente punitiva nei confronti della Regione, poiché avrebbe compromesso ulteriormente l’autonomia regionale senza prendere in considerazione l’opzione migliore per la Regione Molise.

    Alla luce di dette ragioni, la delibera oggetto del conflitto risulterebbe in tal modo palesemente irragionevole, poiché rallenterebbe il percorso di risanamento, e si porrebbe in contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione. Ciò avrebbe dirette ripercussioni sulle competenze legislative e amministrative costituzionalmente riconosciute alla Regione dagli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., poiché il commissariamento impedirebbe di esercitarle.

    1.4.– Nel secondo motivo di ricorso, la Regione lamenta la menomazione delle proprie attribuzioni costituzionali, determinata dalla violazione della disciplina costituzionale dell’esercizio dei poteri sostitutivi e del principio di leale collaborazione in cui la delibera sarebbe incorsa.

    Richiamando alcuni precedenti di questa Corte (sentenze n. 171 del 2015 e n. 56 del 2018), in forza dei quali il potere sostitutivo deve attivarsi solo in caso di accertata inerzia delle Regioni e nel rispetto dei principi di leale collaborazione e di sussidiarietà, viene denunciata la compressione dello spazio di autonomia regionale nel procedimento di rientro dal deficit sanitario. Compressione che, peraltro, sarebbe avvenuta senza verificare né se la misura fosse proporzionata e necessaria, né se vi fosse un’inerzia nel dare attuazione al piano di rientro. Si mette in evidenza, poi, come la delibera sia stata adottata senza «neppure richiedere o acquisire il parere» della Regione, che sarebbe invece imposto dall’art. 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009.

    La ricorrente afferma, inoltre, che il mancato rispetto della disciplina costituzionale in materia di poteri sostitutivi si rifletterebbe sulle attribuzioni conferite alla Regione dagli artt. 117, terzo comma, in riferimento alla tutela della salute, e 118 Cost., al punto che la Regione non avrebbe alcun ruolo nella struttura commissariale, mentre il principio di leale collaborazione e l’art. 120 Cost...

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