Ordinanza nº 66 da Constitutional Court (Italy), 24 Febbraio 2010

RelatoreGaetano Silvestri
Data di Resoluzione24 Febbraio 2010
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 66

ANNO 2010

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo DE SIERVO Presidente

- Alfio FINOCCHIARO Giudice

- Alfonso QUARANTA ”

- Franco GALLO ”

- Luigi MAZZELLA ”

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Maria Rita SAULLE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 61, numero 11-bis, del codice penale, come introdotto dall’art. 1, lettera f), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), o nel testo risultante dalle modifiche apportate, in sede di conversione, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), promossi dal Tribunale ordinario di Livorno con ordinanza del 3 novembre 2008, dal Tribunale ordinario di Agrigento con ordinanza dell’8 luglio 2008, dal Tribunale ordinario di Trieste con due ordinanze del 4 marzo 2009 e dal Tribunale ordinario di Agrigento con ordinanza del 19 maggio 2009, rispettivamente iscritte ai nn. 80, 103, 133, 134 e 251 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 12, 15, 19 e 41, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 2010 il Giudice relatore Gaetano Silvestri.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Livorno, in composizione monocratica, con ordinanza del 3 novembre 2008 (r.o. n. 80 del 2009), ha sollevato – in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’art. 61, numero 11-bis, del codice penale, come introdotto dall’art. 1, lettera f), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica);

che nel giudizio a quo si procede, nei confronti di un cittadino straniero, per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), contestato con l’aggravante dell’avere l’imputato commesso il fatto «trovandosi illegalmente sul territorio nazionale»;

che il rimettente, il quale pure ha promosso l’incidente di costituzionalità dopo l’approvazione della legge 24 luglio 2008, n. 125 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), censura la previsione aggravante nella versione introdotta con il provvedimento d’urgenza, e non in quella adottata in sede di conversione;

che la disposizione censurata, secondo il giudice a quo, si fonda su una presunzione – la maggior pericolosità implicata dalla situazione di «clandestinità» del reo – che non trova fondamento in tutti i casi cui si riferisce, dato che la norma comprende ogni situazione di presenza irregolare (ad esempio quella dello straniero munito di permesso di soggiorno scaduto), e dunque prescinde dall’effettiva «clandestinità» dell’interessato e dalla stessa illegalità delle circostanze culminate con il suo ingresso nel territorio nazionale;

che proprio la parificazione indiscriminata tra le situazioni descritte e quelle di pericolosità effettiva comporta, a parere del Tribunale, una violazione dell’art. 3 Cost.;

che la norma censurata, d’altra parte, non sarebbe assimilabile alle previsioni di cui ai numeri 9 e 11 dell’art. 61 cod. pen. (ove è sanzionato l’abuso della posizione di comando, di protezione o di rapporto fiduciario), né alle fattispecie fondate sulla condizione di latitanza e di recidiva del reo (ove l’aggravamento della pena riguarda soggetti dei quali è già stata accertata una responsabilità penale, o che sono stati raggiunti da un provvedimento giudiziale che ne presuppone la pericolosità);

che, infatti, un’analoga determinazione criminale non potrebbe essere attribuita a persone le quali si trovano, talvolta per il solo effetto di circostanze contingenti o di difficoltà burocratiche, a violare una prescrizione di carattere amministrativo;

che la norma censurata contrasterebbe, secondo il giudice a quo, anche con il principio di personalità della responsabilità penale, dato che connette un aumento di pena al «tipo d’autore», e non già alla pericolosità concretamente manifestata dal reo;

che il difetto di proporzione nel trattamento punitivo, d’altra parte, priverebbe la pena della sua funzione rieducativa, non potendo l’interessato percepirla come strumento per un suo reinserimento nel tessuto sociale, ma solo ed appunto come una punizione eccedente la sua responsabilità;

che infine, in punto di rilevanza, il rimettente osserva come l’astratta possibilità di neutralizzare gli effetti della circostanza attraverso il giudizio di comparazione regolato dall’art. 69 cod. pen. non valga a superare i denunciati profili di illegittimità, perché proprio la ricorrenza dell’aggravante impone il bilanciamento con eventuali attenuanti ed influisce, dunque, sul procedimento di computo della sanzione, indipendentemente dall’esito del procedimento stesso;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio con atto depositato il 7 aprile 2009, chiedendo che la questione sollevata sia dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza;

che la difesa erariale ricorda, in proposito, come la prima parte dell’art. 61 cod. pen. subordini l’applicazione delle aggravanti «comuni» alla condizione che non consistano di elementi già compresi nella figura del reato cui la circostanza, nel caso concreto, dovrebbe accedere;

che, nella specie, la contestazione dell’aggravante è stata operata con riguardo ad un delitto concernente proprio la violazione delle regole in materia di immigrazione, e dovrebbe quindi prodursi – al fine di evitare un bis in idem sostanziale nella determinazione del trattamento punitivo – un fenomeno di «assorbimento» (è richiamato l’art. 15 cod. pen.), con la necessaria esclusione dell’aggravante, e con la conseguente irrilevanza della questione sollevata;

che il Tribunale ordinario di Agrigento, in composizione monocratica, con ordinanza dell’8 luglio 2008 (r.o. n. 103 del 2009), ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 27, primo e terzo comma, Cost. – questione di legittimità costituzionale dell’art. 61, numero 11-bis, cod. pen., come introdotto dall’art. 1, lettera f), del decreto-legge n. 92 del 2008;

che il rimettente procede, con rito abbreviato, nei confronti di un cittadino non comunitario, imputato dei reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 cod. pen.), lesioni personali aggravate (artt. 582, 585, 61, n. 2, cod. pen.) e «indebito trattenimento» nel territorio dello Stato (art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998), con l’aggravante, per i primi due tra i delitti elencati, prevista dall’art. 61, numero 11-bis, cod. pen.;

che i fatti contestati, secondo il giudice a quo, sono stati posti in essere quando l’imputato si trovava nel territorio nazionale in condizione di soggiorno illegale, cosicché la previsione aggravante dovrebbe essere effettivamente applicata;

che detta previsione, tuttavia, contrasterebbe con il principio di necessaria offensività del fatto penalmente rilevante (principio desumibile dagli artt. 25 e 27 Cost.);

che la connotazione di offensività, riferita agli elementi accidentali del reato, deriverebbe da una relazione qualificata tra la fattispecie aggravante e la condotta illecita cui la stessa dovrebbe accedere, fondata sull’incremento del danno o del pericolo di lesione dell’interesse tutelato;

che la violazione delle regole sul soggiorno, al contrario, costituirebbe un mero antecedente cronologico del reato commesso dallo straniero, e non avrebbe con esso alcuna relazione, né sotto il profilo d’una eventuale affinità tra i beni pregiudicati dalle rispettive violazioni, né con...

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