N. 335 SENTENZA 14 - 18 dicembre 2009

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Maria Rita SAULLE,

Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,

Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 537, terzo comma, del codice civile, promosso dal Tribunale ordinario di Cosenza, nel procedimento vertente tra A.B. e D.T.A. ed altri, con ordinanza del 12 giugno 2008, iscritta al n. 68 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, 1ª serie speciale, dell'anno 2009.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2009 il giudice relatore Paolo Grossi.

Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di una controversia civile - promossa dall'attrice contro gli eredi del de cuius (deceduto ab intestato), per ottenere il riconoscimento della paternita' del medesimo e l'accertamento del proprio diritto alla eredita' con la conseguente divisione -, il Tribunale ordinario di Cosenza, con ordinanza emessa il 12 giugno 2008, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 537, terzo comma, del codice civile, il quale stabilisce che 'I figli legittimi possono soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano. Nel caso di opposizione decide il giudice, valutate le circostanze personali e patrimoniali'.

Il rimettente premette in fatto che - passata in giudicato la sentenza parziale con la quale e' stata accertata la paternita' - i convenuti figli legittimi, in ordine alla domanda di divisione dell'eredita', hanno richiesto di liquidare in denaro la porzione spettante alla condividente coerede figlia naturale, la quale tuttavia si e' opposta a tale istanza, domandando di sollevare la questione di costituzionalita' della norma. In punto di rilevanza, il Tribunale afferma che - in ragione dell'opposizione dell'attrice 'dovrebbe decidere valutando le condizioni patrimoniali e personali', mentre, in assenza di tale norma, 'di fronte al dissenso del figlio naturale il giudice non potrebbe in alcun caso consentire la commutazione in denaro della quota, trattandosi di eredita' composta da diversi beni immobili'.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente osserva come la norma impugnata sia stata introdotta dalla legge 19 maggio 1975, n. 151 (Riforma del diritto di famiglia), che ha abrogato - per adeguarsi al dettato dell'art. 30, terzo comma, della Costituzione la vecchia disposizione dell'art. 574 cod. civ., in base alla quale i figli legittimi avevano il diritto potestativo di sciogliere la comunione ereditaria con i figli naturali, commutando la quota ereditaria in una somma di denaro, senza possibilita' di opposizione da parte del figlio naturale e di valutazione giudiziale delle circostanze del caso concreto.

Tuttavia, secondo il giudice a quo, la posizione del figlio naturale e' cambiata nel corso degli anni, proprio in seguito alla introduzione della legge sul diritto di famiglia, e successivamente delle leggi sulla separazione e sul divorzio, sicche' e' divenuta anacronistica la ratio sottesa alla norma in esame, consistente nella necessita' di rendere compatibile la tutela dei figli naturali con i diritti dei membri della famiglia legittima, seppure attraverso il correttivo della possibilita' di opposizione con deferimento della decisione al giudice. Attualmente, infatti, 'la figura del figlio naturale, oltre a non destare alcun tipo di sensazione di ''estraneita'' dalla famiglia, e' alquanto diffusa', in quanto 'il numero delle separazioni e' molto alto e, nella maggior parte dei casi...

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