Sentenza nº 102 da Constitutional Court (Italy), 17 Maggio 2018

RelatoreFranco Modugno
Data di Resoluzione17 Maggio 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 102

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

-- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

- Francesco VIGANÒ ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 639, primo e secondo comma, del codice penale, promossi dai Tribunali ordinari di Milano e di Aosta, con ordinanze del 26 aprile 2016 e del 1° febbraio 2017, iscritte rispettivamente al n. 120 del registro ordinanze 2016 e al n. 85 del registro ordinanze 2017 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2016, e n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti l’atto di costituzione di Trenitalia spa, nonché gli atti di intervento del Comune di Milano e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 20 marzo e nella camera di consiglio del 21 marzo 2018 il Giudice relatore Franco Modugno;

uditi gli avvocati Giulio Enea Vigevani per Trenitalia spa, Maria Rosa Sala per il Comune di Milano e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 26 aprile 2016 (r.o. n. 120 del 2016), il Tribunale ordinario di Milano ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 639, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui prevede che per il deturpamento o l’imbrattamento di beni immobili o di mezzi di trasporto pubblici o privati si applica − anche quando il fatto non è commesso con violenza alla persona o con minaccia, né in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall’art. 331 cod. pen. − la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro trecento a euro mille, anziché la sanzione pecuniaria civile da euro cento a euro ottomila.

    1.1.– Il giudice a quo riferisce di essere investito del processo penale nei confronti di una persona imputata: a) del delitto di deturpamento e imbrattamento continuato di cose altrui (artt. 81 e 639, secondo comma, cod. pen.), per aver apposto, con vernice non biodegradabile, una scritta su nove immobili siti in varie zone della città di Milano; b) del delitto di danneggiamento aggravato continuato (artt. 81 e 635, commi primo e secondo, numero 3, in relazione all’art. 625, numero 7, cod. pen.), per aver deteriorato tre vetture ferroviarie apponendovi una scritta parimente indelebile, con l’aggravante di aver commesso il fatto su beni esposti per necessità e consuetudine alla pubblica fede e destinati, comunque sia, a pubblico servizio o a pubblica utilità.

    Il rimettente rileva che la responsabilità dell’imputato per i fatti ascrittigli deve ritenersi provata, all’esito dell’istruzione dibattimentale. Da questa sarebbe, peraltro, anche emerso che i fatti sono stati commessi senza violenza alla persona o minaccia, fuori da manifestazioni pubbliche e senza dar luogo a interruzione di servizi pubblici o di pubblica necessità.

    Ciò premesso, il giudice a quo reputa che il fatto oggetto del secondo capo di imputazione, relativo all’apposizione della scritta sulle vetture ferroviarie, debba essere riqualificato anch’esso come imbrattamento di cose altrui, punibile ai sensi dell’art. 639, secondo comma, cod. pen. Pertanto, con riguardo a tutti i fatti per cui si procede, il Tribunale rimettente sarebbe chiamato a irrogare le sanzioni penali previste dalla disposizione censurata.

    Non potrebbe essere, infatti, recepita la tesi del difensore dell’imputato, secondo la quale la parziale abrogazione del reato di cui all’art. 635 cod. pen., operata dal decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7 (Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, a norma dell’articolo 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67), avrebbe determinato l’abrogazione tacita della figura criminosa prevista dall’art. 639 cod. pen., in quanto speciale rispetto alla prima. A prescindere dal rilievo che tra le due disposizioni intercorrerebbe un rapporto, non di specialità, ma di sussidiarietà espressa, non sussisterebbero, comunque sia, i presupposti del ventilato fenomeno di abrogazione tacita, ossia l’incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o l’introduzione di una nuova legge che regoli l’intiera materia disciplinata dalla legge anteriore.

    Di qui, dunque, la rilevanza della questione.

    Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza, il rimettente osserva come l’art. 2, comma 1, lettera l), del d.lgs. n. 7 del 2016, sostituendo l’art. 635 cod. pen., abbia operato una parziale depenalizzazione della fattispecie criminosa, finitima e più grave, del danneggiamento. A seguito della novella, la condotta di chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui manterrebbe – secondo il rimettente – rilievo penale nei soli casi in cui il fatto sia commesso «con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall’articolo 331».

    Fuori da tali ipotesi, le condotte di danneggiamento resterebbero soggette a una semplice sanzione pecuniaria civile. Infatti, l’art. 3 del d.lgs. n. 7 del 2016 stabilisce che «[i] fatti previsti dall’articolo seguente, se dolosi, obbligano, oltre che alle restituzioni e al risarcimento del danno secondo le leggi civili, anche al pagamento della sanzione pecuniaria civile ivi stabilita». A propria volta, l’art. 4, comma 1, lettera c), del medesimo decreto legislativo sottopone alla sanzione pecuniaria civile da euro cento a euro ottomila «chi distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui, al di fuori dei casi di cui agli articoli 635, 635-bis, 635-ter, 635-quater e 635-quinquies del codice penale».

    Di contro, il censurato art. 639, secondo comma, cod. pen. – rimasto invariato – continua a punire indistintamente chi deturpa o imbratta beni immobili o mezzi di trasporto, pubblici o privati, con la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro trecento a euro mille.

    Ad avviso del giudice a quo, un simile assetto sanzionatorio si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost.

    Come attesta la clausola di riserva con cui l’art. 639 cod. pen. esordisce («fuori dei casi preveduti dall’articolo 635»), il reato di deturpamento e imbrattamento ha carattere sussidiario rispetto a quello di danneggiamento, punendo una forma di offesa meno intensa del medesimo bene giuridico. Il danneggiamento, infatti, richiede – secondo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità – che l’agente abbia diminuito in modo apprezzabile il valore della cosa altrui, o ne abbia impedito l’uso, mentre il deturpamento o imbrattamento si configura in presenza di una alterazione temporanea o superficiale della cosa, il cui aspetto originario è, comunque sia, facilmente reintegrabile.

    Per effetto della riforma operata dal d.lgs. n. 7 del 2016, si sarebbe quindi prodotto un risultato palesemente irragionevole, quanto ai fatti commessi senza violenza alla persona o minaccia, fuori da manifestazioni pubbliche e senza determinare un’interruzione di servizio pubblico o di pubblica necessità. Chi realizza la forma di offesa più intensa dell’interesse protetto – il danneggiamento – soggiace alla sanzione pecuniaria civile da euro cento a euro ottomila; chi realizza quella meno intensa – il deturpamento o l’imbrattamento – è invece punito con la reclusione da uno a sei mesi o con la multa da euro trecento a euro mille, e dunque in modo più severo.

    L’intervento attuabile, in sede di sindacato di legittimità costituzionale, onde ripristinare la razionalità del sistema, sarebbe quello di sottoporre il deturpamento e l’imbrattamento di beni immobili o di mezzi di trasporto, pubblici o privati, alla sanzione pecuniaria civile attualmente prevista per i fatti di danneggiamento non costituenti reato. Rimarrebbe, poi, compito del giudice far emergere il diverso disvalore delle condotte in sede di commisurazione in concreto della sanzione tra il minimo e il massimo edittale. Tale soluzione, se pure non conforme all’assetto delineato originariamente dal legislatore – caratterizzato da risposte sanzionatorie “scaglionate” per i fatti in questione – consentirebbe, comunque sia, di rimuovere l’attuale, arbitraria sperequazione sanzionatoria, senza implicare una libera rimodulazione della sanzione per la violazione meno grave, non consentita alla Corte costituzionale, in quanto invasiva della discrezionalità legislativa. La Corte potrebbe, infatti, «intervenire secondo lo schema delle “rime obbligate”», utilizzando come tertium comparationis la previsione dell’art. 4, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 7 del 2016.

    1.2.– Si è costituita Trenitalia spa, parte civile nel giudizio a quo, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.

    Secondo la parte costituita, la mancata depenalizzazione del reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui sarebbe frutto, non di mera dimenticanza, ma di consapevole scelta legislativa: scelta che si sottrarrebbe al sindacato della Corte costituzionale, costituendo esercizio non manifestamente irragionevole o arbitrario dell’ampia discrezionalità spettante al legislatore nella determinazione del trattamento sanzionatorio degli illeciti.

    Il d.lgs. n. 7 del 2016 si è limitato, infatti, a depenalizzare il solo danneggiamento semplice, contemplato dal previgente art. 635, primo comma, cod. pen. Resta invece punito con la reclusione da sei mesi a tre anni non soltanto il danneggiamento attuato con le modalità cui fa...

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