Ordinanza nº 38 da Constitutional Court (Italy), 15 Febbraio 2017

RelatoreAldo Carosi
Data di Resoluzione15 Febbraio 2017
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 38

ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Giorgio LATTANZI Giudice

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), inserito dall’art. 39, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, nel procedimento vertente tra G.G. e l’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale II di Milano, con ordinanza del 29 luglio 2014, iscritta al n. 114 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2017 il Giudice relatore Aldo Carosi.

Ritenuto che con ordinanza pronunciata il 3 giugno 2013 e depositata il 29 luglio 2014 (reg. ord. n. 114 del 2016), la Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), inserito dall’art. 39, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111;

che il rimettente riferisce di essere investito del giudizio avverso due avvisi di accertamento, emessi dall’Agenzia delle entrate e notificati il 25 luglio 2012, con i quali si chiede al ricorrente di versare le maggiori imposte accertate in relazione alle annualità 2007-2008, oltre all’importo dovuto a titolo di sanzioni;

che l’amministrazione finanziaria si è costituita in giudizio eccependo, pregiudizialmente, l’inammissibilità del ricorso per non avere il ricorrente preliminarmente presentato, in violazione dell’art. 17-bis del d.lgs. n. 546 del 1992, il reclamo che tale disposizione obbligatoriamente impone a chi intenda proporre ricorso avverso un atto emesso dall’Agenzia delle entrate con il quale sia richiesto il pagamento di un importo inferiore a ventimila euro, notificato successivamente al 1° aprile 2012;

che il ricorrente ha sollevato eccezione di illegittimità costituzionale del menzionato art. 17-bis per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost.;

che il rimettente ritiene, innanzitutto, le questioni rilevanti, in quanto alla disposizione censurata occorre riferirsi per verificare l’ammissibilità dei ricorsi;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, dopo aver premesso il contenuto della disposizione censurata, che disciplina il reclamo e la mediazione tributaria, il giudice rimettente afferma la natura amministrativa del primo, come si evincerebbe sia dalla collocazione della disposizione censurata all’interno del Titolo I, Capo II, del d.lgs. n. 546 del 1992, sia dalla formulazione letterale del comma 2 dello stesso art. 17-bis, che indica il reclamo quale condizione di ammissibilità dell’azione, e del successivo comma 9, il quale specifica che, in caso di mancata conclusione del procedimento entro novanta giorni, esso si trasforma in atto introduttivo del giudizio;

che la disposizione impugnata lederebbe, innanzitutto, l’art. 3 Cost., sotto il profilo della disparità di trattamento, dal momento che essa si riferisce ingiustificatamente ai soli tributi di competenza dell’Agenzia delle entrate e nel limite dei ventimila euro;

che, in particolare, la soglia dei ventimila euro discriminerebbe, in assenza di idonea giustificazione, la situazione dei contribuenti in ragione di un mero dato quantitativo che non troverebbe riscontro in altri istituti del diritto tributario;

che la violazione del menzionato parametro risulterebbe anche dal fatto che il contribuente potrebbe invocare la tutela cautelare solo a seguito della proposizione del ricorso giurisdizionale, dal momento che l’art. 47 del d.lgs. n. 546...

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