Sentenza nº 204 da Constitutional Court (Italy), 21 Luglio 2016

RelatoreGiorgio Lattanzi
Data di Resoluzione21 Luglio 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 204

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Alessandro CRISCUOLO Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicol򠠠 ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 35-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), inserito dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92 (Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell’articolo 3 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all’ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all’ordinamento penitenziario, anche minorile), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 117, promosso dal Magistrato di sorveglianza di Padova, con ordinanza del 20 aprile 2015 sul reclamo proposto da C.G., iscritta al n. 176 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di costituzione di C.G., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 14 giugno 2016 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;

uditi l’avvocato Giovanni Gentilini e l’avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Magistrato di sorveglianza di Padova, con ordinanza del 20 aprile 2015 (r.o. n. 176 del 2015), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 35-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui «non prevede, nel caso di condannati alla pena dell’ergastolo che abbiano già scontato una frazione di pena che renda ammissibile la liberazione condizionale, il ristoro economico previsto dal comma 2 dell’art. 35-ter o.p. e, in ogni caso, nella parte in cui non prevede un effettivo rimedio compensativo nei confronti del condannato alla pena dell’ergastolo».

    Il giudice a quo premette di essere investito del reclamo ai sensi dell’art. 35-ter della legge n. 354 del 1975, «per la violazione» dell’art. 3 della CEDU, da parte di un detenuto che asseriva «di aver subito, dalla data della sua detenzione in vari istituti italiani, una restrizione dello spazio disponibile nella cella al di sotto dei 3 mq, essendo stato costretto a condividere la cella con altri detenuti». Il detenuto, in ragione della violazione complessiva dei diritti subita durante la detenzione e a titolo di risarcimento del danno, aveva chiesto «una riduzione della pena di un giorno per ogni 10 di pregiudizio sofferto in relazione al periodo detentivo». La pena in espiazione riguardava vari periodi di detenzione «a partire dalla data dell’arresto» (1° giugno 1986) relativo a un omicidio, per il quale il reclamante era stato condannato alla pena dell’ergastolo con sentenza del 1° dicembre 1988 della Corte d’appello di Catania.

    Il giudice rimettente ha accertato che il detenuto aveva subito un trattamento disumano e degradante, alla stregua dei criteri indicati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (d’ora in avanti «Corte EDU»), per il periodo complessivo di 404 giorni, con conseguente diritto a «una ipotetica riduzione di pena» pari a 40 giorni, in applicazione del criterio proporzionale di cui al citato art. 35-ter, comma 1. Ciò posto, il giudice ha dichiarato di aderire all’orientamento, giurisprudenziale e dottrinale, secondo cui davanti al magistrato di sorveglianza può agire chiunque sia ancora detenuto, indipendentemente dall’attualità delle condizioni «“inumane”» di carcerazione, dato che il testo normativo «in più punti», si riferisce a «coloro che hanno subìto il pregiudizio», e non invece a coloro che «attualmente» lo subiscono.

    Questa interpretazione sarebbe coerente con la ratio legislativa, che tende a individuare nella riduzione di pena il rimedio naturale, ravvisando nell’indennità pecuniaria lo strumento riparativo residuale, da accordare solo se, per fattori oggettivi, non sia più possibile la detrazione della pena detentiva.

    Nel caso in questione però il Magistrato di sorveglianza si troverebbe nell’impossibilità di accordare, sia una riduzione di pena, trattandosi di pena perpetua, sia un ristoro economico, dato che questo sarebbe previsto solo in via aggiuntiva, per la parte di riduzione della pena detentiva che risulta inapplicabile, mentre nel caso in esame non potrebbe operare alcuna riduzione. Questa infatti non potrebbe riferirsi alle persone condannate all’ergastolo, che, essendo una pena perpetua, per sua natura non ammette riduzioni.

    Sarebbe teoricamente possibile diminuire proporzionalmente i limiti di pena previsti dalla legge per l’accesso dei condannati all’ergastolo ai benefici penitenziari, ma una simile operazione richiederebbe un’espressa previsione normativa, che nella specie manca. Occorrerebbe infatti una disposizione come quella dell’art. 54, quarto comma, della legge n. 354 del 1975, che consente di considerare come pena scontata i giorni maturati a titolo di liberazione anticipata, da detrarre «[a]gli effetti del computo della misura di pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT