Sentenza nº 242 da Constitutional Court (Italy), 24 Luglio 2009

RelatoreGiuseppe Frigo
Data di Resoluzione24 Luglio 2009
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 242

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA "

- Alfio FINOCCHIARO "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Maria Rita SAULLE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 428 del codice di procedura penale come sostituito dall’art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), promossi dalla Corte d’appello di Brescia con ordinanza del 25 marzo 2008, dalla Corte militare d’appello, sezione distaccata di Verona, con ordinanza del 21 maggio 2008, dalla Corte d’appello di Brescia, con ordinanza del 9 aprile 2008 e dalla Corte militare d’appello, sezione distaccata di Verona, con due ordinanze del 21 maggio 2008, ordinanze rispettivamente iscritte ai nn. 187, 274 e 375 del registro ordinanze 2008 e ai nn. 32 e 33 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 26, 39 e 49, prima serie speciale, dell’anno 2008 e n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’8 luglio 2009 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Ritenuto in fatto

1.1. – Con ordinanza emessa il 25 marzo 2008 (r.o. n. 187 del 2008), la Corte d’appello di Brescia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 428 del codice di procedura penale, come sostituito dall’art. 4 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui non consente l’appello del pubblico ministero avverso le sentenze di non luogo a procedere.

La Corte rimettente riferisce di essere investita dell’appello proposto dal Procuratore generale della Repubblica avverso la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia che aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di una persona imputata di tentata concussione, trattandosi di ipotesi di reato impossibile. Con l’atto di appello, il pubblico ministero aveva contestato la correttezza della decisione impugnata alla luce della giurisprudenza della Corte di cassazione in ordine al concetto di «inidoneità dell’azione», eccependo, in via preliminare, l’illegittimità costituzionale dell’art. 428 cod. proc. pen., come novellato dalla legge n. 46 del 2006, nella parte in cui preclude alla pubblica accusa l’appello contro le sentenze di non luogo a procedere.

Ad avviso del giudice a quo, la questione deve ritenersi rilevante, in quanto dal suo accoglimento o meno dipende la prosecuzione del giudizio di appello, ovvero la sua cessazione per inammissibilità dell’impugnazione.

Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza, il rimettente richiama le sentenze della Corte costituzionale n. 26 e n. 320 del 2007, con le quali è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, rispettivamente, degli artt. 593 e 443, comma 1, cod. proc. pen., come modificati dalla legge n. 46 del 2006, per contrasto con il principio di parità delle parti nel processo (art. 111, secondo comma, Cost.): e ciò – prosegue il giudice a quo – sul rilievo che l’esclusione della facoltà del pubblico ministero di appellare le sentenze «di assoluzione e di proscioglimento», disposta da dette norme, genera una dissimmetria tra le parti processuali non sorretta da una ratio giustificatrice connessa ad esigenze di funzionale e corretta esplicazione della giustizia penale, ed esorbita dai limiti della ragionevolezza.

Analogo contrasto con l’art. 111, secondo comma, Cost. sarebbe ravvisabile – a parere del rimettente – anche in rapporto all’art. 428 cod. proc. pen., che nell’attuale formulazione impedisce al pubblico ministero di appellare le sentenze di non luogo a procedere pronunciate dal giudice dell’udienza preliminare: sentenze non assimilabili – secondo la giurisprudenza di legittimità – alle sentenze di assoluzione e di proscioglimento, e sulle quali la Corte costituzionale non si è ancora pronunciata.

La norma denunciata violerebbe, inoltre, l’art. 3 Cost. sotto il profilo dell’irragionevolezza, non essendo ravvisabili, anche nell’ipotesi in esame, motivi atti a giustificare la soppressione della facoltà di appello del pubblico ministero: e ciò specie ove si consideri che il novellato art. 428 cod. proc. pen. esclude il potere di appello in situazione nella quale la parte pubblica è totalmente soccombente, quando invece la medesima parte è ammessa ad appellare in situazioni di soccombenza parziale, come quella indicata dall’art. 443, comma 3, cod. proc. pen.

1.2. – Nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.

Ad avviso della difesa erariale, non potrebbero essere utilmente invocate, a sostegno delle censure, le sentenze n. 26 e n. 320 del 2007, trattandosi di declaratorie di incostituzionalità che investono disposizioni regolative dell’appello contro sentenze – quali quelle di proscioglimento pronunciate a seguito del dibattimento e del giudizio abbreviato – che implicano un compiuto esame nel merito dell’ipotesi accusatoria.

Di contro, la sentenza di non luogo a procedere, emessa a conclusione dell’udienza preliminare, avrebbe natura di pronuncia processuale, basata esclusivamente sull’evidenza probatoria. Essa, inoltre, a differenza della sentenza di assoluzione emessa a seguito di giudizio, non è destinata a divenire definitiva, essendo suscettibile di revoca, ai sensi dell’art. 434 cod. proc. pen., qualora sopravvengano o si scoprano nuove fonti di prova atte a determinare – da sole, o unitamente a quelle già acquisite – il rinvio a giudizio.

Priva di consistenza risulterebbe altresì la censura di violazione dell’art. 3 Cost., formulata dal giudice a quo allegando, quale tertium comparationis, l’art. 443, comma 3, cod. proc. pen., a norma del quale il pubblico ministero può appellare la sentenza di condanna emessa all’esito del giudizio abbreviato solo qualora essa abbia modificato il titolo del reato: e ciò, stante l’evidenziata, peculiare natura della sentenza di non luogo a procedere.

2. – La medesima questione di costituzionalità è sollevata, in riferimento agli artt. 3, 111 e 112 Cost., dalla Corte d’appello di Brescia con ordinanza del 9 aprile 2008 (r.o. n. 375 del 2008), nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto gli appelli riuniti proposti dal pubblico ministero avverso le sentenze di non luogo a procedere emesse il 26 gennaio e il 9 ottobre 2006 nei confronti di persone imputate di associazione per delinquere.

La questione – secondo il giudice a quo – sarebbe rilevante, giacché dalla sua risoluzione dipenderebbe l’ammissibilità o meno del gravame contro la sentenza del 9 ottobre 2006, proposto dopo l’entrata in vigore della legge n. 46 del 2006.

Quanto alla non manifesta infondatezza, la Corte rimettente formula, in riferimento agli artt. 3 e 111 Cost., censure del tutto analoghe a quelle svolte con l’ordinanza r.o. n. 187 del 2008.

Il giudice a quo ritiene leso, altresì, l’art. 112 Cost., sul rilievo che la norma censurata comprimerebbe ingiustificatamente «la funzione inerente alla titolarità dell’azione penale», garantita dalla citata norma costituzionale.

3.1. – Con tre ordinanze di analogo tenore, emesse nell’ambito di distinti processi il 21 maggio 2008 (r.o. n. 274 del 2008, n. 32 e n. 33 del 2009), la Corte militare d’appello, sezione distaccata di Verona, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 111, secondo comma, e 112 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 428 cod. proc. pen., come sostituito dall’art. 4 della legge n. 46 del 2006, nella parte in cui ha soppresso la facoltà del pubblico ministero di proporre appello avverso la sentenza di non luogo a procedere.

La Corte rimettente riferisce di essere investita di appelli proposti dal pubblico ministero, in date successive all’entrata in vigore della legge n. 46 del 2006, avverso sentenze di non luogo a procedere per insussistenza del fatto, emesse da giudici dell’udienza preliminare di tribunali militari nei confronti di persone imputate, a seconda dei casi, di diserzione aggravata e di truffa militare pluriaggravata. Con l’atto di impugnazione, l’appellante...

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