Ordinanza nº 425 da Constitutional Court (Italy), 17 Dicembre 2008

Date17 Dicembre 2008
IssuerConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 425

ANNO 2008

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giovanni Maria FLICK Presidente

- Francesco AMIRANTE Giudice

- Ugo DE SIERVO ”

- Paolo MADDALENA ”

- Alfio FINOCCHIARO ”

- Alfonso QUARANTA ”

- Franco GALLO ”

- Luigi MAZZELLA ”

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Maria Rita SAULLE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Milano, Sezione IV penale, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione alle note protocolli USG/2.SP/556/50/347 e USG/2.SP/557/50/347, entrambe del 15 novembre 2008, ed alla nota protocollo N.6000.1/42025/GAB del 6 ottobre 2008, conflitto proposto con ricorso depositato in cancelleria il 3 dicembre 2008 ed iscritto al n. 20 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2008, fase di ammissibilità.

Udito nella camera di consiglio del 17 dicembre 2008 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Milano, Sezione IV penale, in composizione monocratica ha proposto conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato «in relazione alle due lettere del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 novembre 2008 (USG/2.SP/556/50/347 e USG/2.SP/557/50/347), con cui è stato confermato il segreto di Stato opposto dai testimoni Sig.ri Giuseppe Scandone e Lorenzo Murgolo nel corso delle udienze dibattimentali rispettivamente del 15 e del 29 ottobre 2008, relative al processo a carico di Adler Monica Courteney ed altri pendente dinanzi la IV Sezione penale del Tribunale di Milano con n. R.G. 5335/07, nonché, ove occorra, alla lettera del Presidente del Consiglio datata 6 ottobre 2008 (N. 6000.1/42025/GAB)»;

che il ricorrente premette, in punto di fatto, di essere «titolare del processo a carico di Adler Monica Courteney ed altri relativo ai reati di sequestro di persona aggravato e di favoreggiamento personale, meglio conosciuto come relativo al sequestro “Abu Omar”»;

che egli rammenta, inoltre, come in relazione a detto procedimento risultino pendenti innanzi alla Corte costituzionale già «cinque ricorsi per conflitto di attribuzione», l’ultimo dei quali, in ordine di tempo, è stato promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri proprio nei confronti dell’odierno ricorrente, in relazione alla sua decisione «di riaprire il processo» – precedentemente sospeso, ai sensi 479 del codice di procedura penale, in attesa di una decisione della Corte in ordine ai quattro precedenti ricorsi – nonché «di ammettere le testimonianze di alcuni appartenenti o ex appartenenti ai Servizi di informazione e sicurezza», come da richiesta formulata dal pubblico ministero;

che il ricorrente, nel promuovere il presente conflitto, evidenzia, in via preliminare, che proprio l’ulteriore svolgimento del processo – in relazione al quale è insorta la necessità di adire nuovamente la Corte costituzionale, a norma dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 – avrebbe confermato che «l’ammissione delle suddette testimonianze non poteva, di per sé stessa, cagionare un disvelamento di notizie secretate, restando fermo il dovere dei testimoni, penalmente sanzionato (art. 261 c.p.), di astenersi dal rivelare tali informazioni e di attivare, ove necessario, il meccanismo legale di tutela del segreto di Stato, fondato sull’opposizione e sulla successiva conferma del Presidente del Consiglio (art. 202 c.p.p.)»;

che risulterebbe, così, «definitivamente provato» – a dire del ricorrente – «che la mera ammissione dei testimoni non avrebbe potuto cagionare alcun pregiudizio all’interesse alla segretezza», diversamente da quanto ipotizzato dal Presidente del Consiglio dei ministri nel ricorso iscritto al n. 14 del registro per i conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato dell’anno 2008;

che, ciò premesso, il ricorrente – passando ad illustrare il contenuto dell’odierno conflitto – evidenzia come la difesa di uno degli imputati, all’udienza del 15 ottobre 2008, abbia depositato una lettera del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 ottobre 2008 (N. 6000.1/42025/GAB), «inoltrata a tutti gli appartenenti o ex appartenenti ai Servizi chiamati a testimoniare» nel giudizio, documento con il quale – si legge ancora nel ricorso – «veniva ricordato che sul fatto del sequestro Abu Omar non esiste segreto di Stato, mentre rimane coperto da segreto “ogni e qualsiasi rapporto fra Servizi italiani e Servizi stranieri nel quadro della tutela delle relazioni internazionali”, con conseguente dovere per i suddetti testimoni di opporre il segreto di Stato in relazione a “qualsiasi rapporto fra i Servizi italiani e stranieri ancorché in qualche modo collegato o collegabile con il fatto storico meglio noto come sequestro Abu Omar”»;

che – riferisce ancora il ricorrente – sempre nel corso di quella stessa udienza del 15 ottobre il teste Giuseppe Scandone, «richiamandosi alla citata lettera/direttiva», opponeva il segreto di Stato nel rispondere ad una domanda relativa ad eventuali ordini o direttive, impartiti da uno degli imputati, volti «a vietare ai propri sottoposti il ricorso a mezzi illeciti di contrasto del terrorismo internazionale e, in particolare, le cd. extraordinary renditions»;

che richiesto, pertanto, dalla difesa del predetto imputato di «attivare la procedura d’interpello» di cui all’art. 202 del codice di procedura penale, l’odierno ricorrente, disattendendo l’istanza del pubblico ministero di dichiarare la «eversività dell’ordinamento costituzionale» dei reati contestati (decisione adottata dal giudice sul presupposto che, anche per esplicita affermazione del Presidente del Consiglio dei ministri, «sulla vicenda relativa al sequestro Abu Omar non risulta essere stato apposto ed opposto alcun segreto di Stato», sicché «l’eventuale declaratoria di eversività dell’ordinamento costituzionale del reato contestato» nulla «toglierebbe o aggiungerebbe alla possibilità di perseguimento del reato in questione»), si rivolgeva al Presidente del Consiglio dei ministri perché confermasse l’esistenza del segreto «su direttive e ordini impartiti dal Generale Nicolò Pollari» del tipo sopra meglio individuato;

che, analogamente, avendo anche il teste Lorenzo Murgolo, nel corso dell’udienza dibattimentale del 6 ottobre 2008, opposto il segreto – anch’egli richiamandosi alla già citata lettera/direttiva del 6 ottobre 2008 – in relazione alla richiesta del pubblico ministero «di ripetere quanto già riferito nel corso...

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