N. 108 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 novembre 2008

IL TRIBUNALE Esaminata la richiesta del pubblico ministero/sezione D.D.A. sede di inoltro alla Camera dei deputati della richiesta di autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni telefoniche nei confronti del parlamentare, on. Mario Landolfi nato a Mondragone (Caserta) il 6 giugno 1959 ed elett.te dom.to ivi alla via Fiume n. 18 imputato in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 319, 321 c.p., 640 cpv., 378 c.p. e 7 legge n. 203/1991;

Premesso che in data 5 marzo 2008 veniva esercitata l'azione penale nei confronti del Landolfi Mario e di altri 37 imputati a mezzo del deposito della richiesta di rinvio a giudizio;

nell'udienza preliminare il p.m. depositava intercettazioni telefoniche aventi ad oggetto la posizione del Landolfi e ne chiedeva, - previa trascrizione -, l'autorizzazione all'utilizzo a mezzo dell'inoltro dell'apposita autorizzazione ex art. 6 legge n.

140/2003 alla Camera dei deputati;

in relazione a tale richiesta l'estensore dava formale incarico peritale per la trascrizione delle intercettazioni e quest'ultima veniva depositata, entro il termine concesso, presso la cancelleria di quest'ag, deposito di cui si dava formale avviso alle Parti;

nell'udienza del 24 ottobre 2008, fissata nel rispetto del canone di cui all'art. 6, comma 2, della legge 20 giugno 2003, n. 140 e nelle forme di cui all'art. 127 c.p.p., il p.m. depositava ulteriore documentazione e quest'ag. concedeva termine alla difesa sino al 15 novembre 2008 per controdedurre, riservandosi all'esito la decisione - (In tale udienza il p.m. chiedeva, altresi', di essere autorizzato al deposito presso la cancelleria di quest'ag. di un'ulteriore memoria illustrativa, richiesta che veniva accolta dall'estensore il quale concedeva alla difesa termine per controdedurre sino al 15 novembre 2008 a quest'ultima data il pubblico ministero non depositava la suddetta memoria facultando l'estensore alla decisione qui di seguito esposta).

La riserva da ultimo menzionata viene sciolta nei sensi qui appresso indicati nel dettaglio;

Rilevanza.

In relazione al presupposto di cui alla rubrica, - indispensabile al fine della rimessione della questione di costituzionalita' -, occorre osservare che esso trova in questa sede peculiare coincidenza con il requisito della 'necessarieta' previsto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 140/2003 ('Qualora ... il giudice ... ritenga necessario utilizzare le intercettazioni ...'.

S'intende con tale constatazione evidenziare che, mentre per una qualsiasi altra disposizione normativa il giudice, prima di sottoporla al vaglio di costituzionalita', deve motivare anche in ordine alla 'rilevanza' della questione rispetto alla propria decisione, nel caso di specie tale requisito trova gia' nel presupposto di applicazione della norma in questione una sua ineludibile valutazione in fatto.

Il primo comma dell'art. 6 della legge n. 140/2003 prevede, difatti, che il giudice, eventualmente anche d'ufficio, possa soprassedere ad ogni richiesta di inoltro alla Camera di appartenenza delle conversazioni indirette del parlamentare laddove le ritenga 'irrilevanti ... ai fini del procedimento'.

Nel caso di specie, l'utilizzazione delle conversazioni trascritte appare 'necessaria' (=rilevante) ai fini dell'approfondimento probatorio in ordine alle condotte contestate al Landolfi in presunto concorso con gli altri coimputati, in quanto le medesime non solo attengono ai fatti in contestazione ma rappresentano anche un elemento concreto dei collegamenti esistenti tra i coimputati.

Senza qui poter ovviamente dare alcuna valutazione di merito circa il significato accusatorio ovvero difensivo dei contenuti delle comunicazioni sopra menzionate le stesse, inserite nel piu' ampio contesto degli altri elementi acquisiti in atti, non solo non sono prive di rilevanza ma si contraddistinguono per la loro utilita' probatoria al fine delle adozioni delle pronunce alternative di cui all'art. 424 c.p.p.

La lettura delle singole conversazioni rende palese la 'necessarieta' che le stesse possano trovare utilizzazione nel processo, attesa la loro pertinenza fattuale rispetto alle singole imputazioni formulate nei confronti del Landolfi, dovendo poi solo successivamente questo giudice valutare, nel merito, il loro significato concludente ovvero escludente in ordine al concorso del medesimo nelle condotte contestate.

L'utilizzazione delle intercettazioni sopra descritte riveste allo stesso tempo, ad avviso questo Giudice, carattere di 'necessarieta' e 'rilevanza' ai fini delle successive valutazioni di merito probatorio, fossero quest'ultime finalizzate all'esito dell'udienza preliminare (ex art. 425 c.p.p. o ex art. 429 c.p.p.) ovvero ad una delle opzioni alternative connesse a tale fase processuale per come attivabili dall'imputato.

Legittimazione.

Occorre, in primo luogo, sgombrare il campo da eventuali equivoci circa la legittimazione di quest'ag., nelle sue funzioni di giudice dell'udienza preliminare, a sollevare (d'ufficio) la questione di legittimita' costituzionale.

Se, invero, il dato letterale di cui all'art. 6 della legge n.

140/2003 - ('... Fuori dalle ipotesi previste dall'art. 4, ...

qualora, su istanza di una parte processuale, sentite le altre parti, ... ritenga necessario utilizzare le intercettazioni o i tabulati di cui al comma 1, il giudice per le indagini preliminari ...

richiede...') - individua precipuamente il 'giudice per le indagini preliminari' come il soggetto giurisdizionale legittimato alla richiesta di autorizzazione al Parlamento - e conseguenzialmente a sollevare la questione di costituzionalita' - e' altrettanto vero che lo stesso dato testuale va letto alla luce della sistematica logico processuale.

In altri termini, questo giudicante ritiene che la norma di cui all'art. 6 della legge n. 140 del 2003, se interpretata in maniera razionale, sistematica e analogica, non puo' che trovare applicazione anche nei procedimenti penali pendenti in fase di udienza preliminare.

Una diversa lettura esegetica, fondata sul mero tenore letterale della norma, che non ritenga applicabile la stessa in fase di udienza preliminare e attribuisca quindi al g.u.p. il potere di by-passare l'applicazione (=disapplicare) dell'art. 6 della legge n. 140/2003, non puo' trovare spazio in questa sede, in quanto la stessa condurrebbe alla paradossale conclusione che il pubblico ministero, scegliendo il momento del deposito delle intercettazioni e facendolo cadere in un momento successivo a quello dell'esercizio dell'azione penale (come, del resto, e' accaduto nel caso di specie), potrebbe legittimamente aggirare il meccanismo autorizzatorio previsto dalla legge.

In altri termini, la possibilita' di utilizzo di una prova gia' legittimamente formatasi all'interno del procedimento penale sarebbe rimessa ad una scelta di tempistica da parte della pubblica accusa.

Proprio la lettura sistematica della norma di riferimento, e la ratio posta a presidio della stessa, induce, dunque, a ritenere che la menzione del giudice per le indagini preliminari - affermata nel primo comma e ribadita nel secondo comma dell'art. 6 cit. - vada interpretata in senso non meramente letterale investendo a seconda della fase processuale in cui la domanda del p.m. viene a cadere il 'giudice che procede', sia esso - nella fase delle indagini preliminari - il g.i.p. ovvero sia esso - in quella dell'udienza preliminare, com'e' nel caso di specie - il g.u.p.

Il principio generale del 'giudice che procede' svolge nella sistematica del codice di procedura penale un ruolo rilevante tant'e' che l'art. 279 c.p.p. lo delinea con una netta demarcazione proprio a proposito del passaggio dalla fase (procedimentale) del giudice per le indagini preliminari a quella giurisdizionale.

Del resto, alcuna rilevanza le risultanze delle intercettazioni potrebbero piu' svolgere in merito alle competenze funzionali del giudice per le indagini preliminari, le quali sono codicisticamente perimetrate nell'ambito di una fase procedimentale che ha gia' trovato termine con l'esercizio dell'azione penale apparirebbe, quantomeno, incongruo che una valutazione sull'uso di un mezzo di ricerca della prova venga rimessa ad un organo giurisdizionale che ha gia' esaurito la propria competenza, con diretta incidenza su una fase processuale che oramai non gli 'appartiene' piu'.

Si potrebbe ipoteticamente obiettare, pero', che siffatta interpretazione dell'art. 6 cit., sebbene affetta da evidenti vizi di irrazionalita' ed incoerenza sistematica, consentirebbe al giudice che procede, diverso dal 'giudice per le indagini preliminari' (e quindi, anche a questo giudice dell'udienza preliminare), di non applicare una norma che si ritiene essere in forte odore di incostituzionalita'; anzi, il conseguimento di tale risultato, potrebbe non solo consentire ma addirittura imporre la suddetta opzione interpretativa, nell'ottica dell'onere di interpretazione adeguatrice secundum constitutionem incombente sui giudici.

Invero, questo giudice rimettente non disconosce l'insegnamento dei Giudici delle leggi secondo cui si impone all'interprete un onere di lettura costituzionalmente orientata delle norme 'sospettate' di illegittimita' costituzionale, sicche' l'eventualita' della rimessione della questione alla Consulta debba configurarsi come extrema ratio, ma e' anche consapevole del fatto che tale onere possa e debba spingersi fino al...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT